Nino Bertocchi

Nino Bertocchi. Paesaggio. Tecnica: Olio su tela
Paesaggio. Tecnica: Olio su tela

Biografia

Nino Bertocchi (Bologna, 1900 – Monzuno, 1956), dopo una formazione canonica e una laurea in ingegneria civile presa nel 1923 all’Università di Bologna, decide di cambiare radicalmente strada per dedicarsi alla pittura. Già nei primi anni Venti, il giovane aveva realizzato i primi paesaggi dalla rara sensibilità cromatica e luministica.

Non appartenendo a nessuna scuola o corrente, ma facendosi interprete di una pittura dagli accenti spiccatamente personali, Nino Bertocchi si dedica ad un naturalismo delicato ed autentico, venato da accenti lirici che lo portano ad esporre alle principali rassegne italiane.

Un lirismo appassionato

A partire dal 1930, infatti, partecipa alla Biennale di Venezia, mentre dall’anno successivo è alla Quadriennale di Roma e nel frattempo, prende parte regolarmente alle Sindacali della sua regione, l’Emilia Romagna e a diverse esposizioni italiane all’estero, come quella di Barcellona de 1929.

Il paesaggio di Monzuno, località dell’Appennino bolognese, diviene una delle sue principali fonti d’ispirazione, ma diverse sono anche le nature morte, i ritratti e intime scene d’interno. Il lirismo e la delicatezza dell’approccio cromatico richiamano la poetica del pittore bolognese Luigi Bertelli (1833-1916), ispirato dal naturalismo emozionante della Scuola di Barbizon.

Il merito di Nino Bertocchi è stato quello di aver tradotto nel linguaggio novecentesco questo appassionato approccio elegiaco, mediando la pittura analitica di Cézanne attraverso un orientamento personale e una grande sensibilità nei confronti della luce, trattata attraverso una pennellata rada e un sintetismo tonale di grande effetto.

L’attività critica

La figura di Nino Bertocchi non è soltanto ricordata per la sua attività pittorica, ma anche per l’impegno critico. È uno dei più grandi animatori dell’ambiente artistico che nasce attorno alla rivista “L’Orto”, periodico Bolognese, punto di riferimento per il rinnovamento culturale della città negli anni Trenta.

Su Luigi Bertelli scrive un’importante monografica pubblicata nel 1946, ma dedica anche diversi saggi a Giacomo Manzù (1908-1991) e a Gianni Vagnetti (1897-1956). Come critico d’arte, scrive regolarmente sul “Resto del Carlino” e su “Vita Nova”. Diversi sono i saggi che dedica alla Scuola Romana ed in particolare a Mario Mafai (1902-1965).

Muore molto giovane a Bologna nel 1956, ma diverse sono le mostre postume che gli vengono dedicate, come quella alla Permanente di Milano del 1957, con introduzione di Giulio Carlo Argan e quella alla Biennale di Venezia del 1958.

Nino Bertocchi: lirismo e naturalismo nel sintetico paesaggio bolognese del Novecento

L’approccio poetico delle opere di Nino Bertocchi si legge sin dai delicati Paesaggi di Montese, brani giovanili, che risalgono ai primi anni Venti. Con Sera, prende invece parte alla sua prima Biennale di Venezia del 1930, mentre a quella del 1932 invia Massi, Alveo, Ragazzo d’officina e Natura morta.

Il suo è un naturalismo fatto di accenti sintetici in cui il colore è trattato come una diretta espressione del sentire dell’autore, come ben si nota dalle tele esposte alla I Quadriennale di Roma del 1931 Acque blu e Natura morta.

Alla Quadriennale del 1935, Nino Bertocchi presenta alcuni disegni e diversi oli: Ritratto, La strada, Toscana e Figura. Alla Sindacale torinese del 1940 invia Quercianella e Mattino d’estate e alla sua ultima Quadriennale del 1943 Le terre bianche, La Valletta e Mattino.

Risale al 1948 l’ottenimento del Premio Feltrinelli per la pittura, dopo aver esposto alla Permanente di Milano. Tra le opere più significative del pittore, realizzate tra gli anni Trenta e Quaranta, vi sono Olivi a Carmignano, Ca’ di Iannello, Paesaggio toscano e Ampio orizzonte, tutte tele contraddistinte da un naturalismo intenso e partecipato e da un colore steso con parsimonia e sintesi.

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