Nino Bertoletti

Nino Bertoletti. Giorgio che dorme, Castiglioncello, 1939. Tecnica: Olio su tela, 97 x 146 cm
Giorgio che dorme, Castiglioncello, 1939. Tecnica: Olio su tela

Biografia

Nino Bertoletti (Roma, 1889 – 1971) inizia a dipingere sin da piccolo, ma decide di dedicarsi completamente alla pittura solo dopo aver preso il diploma in ragioneria nei primi anni del Novecento. Il primissimo linguaggio stilistico del pittore risente sicuramente dell’influsso divisionista, anche se con il passare degli anni, il cromatismo diventa più indisciplinato, sfociando in un personale espressionismo.

Nino Bertoletti si può definire un pittore solitario, molto riflessivo, certamente antiaccademico, sin dai primi anni. Grande disegnatore ed illustratore, intorno al 1910 collabora alla rivista d’arredamento “La Casa”, insieme ad artisti come Duilio Cambellotti (1876-1960).

Il suo esordio avviene presso la Mostra Nazionale di Rimini 1909, per poi partecipare, due anni dopo, all’Esposizione Internazionale di Roma. Sono gli anni in cui si avvicina agli stilemi e al linguaggio simbolista, trovando particolare interesse nei dipinti di Giulio Aristide Sartorio (1860-1932) e nella Secessione nordica.

Nino Bertoletti e Pasquarosa

Nel 1913 e nel 1915 partecipa a due edizioni della Secessione romana. In questi stessi anni cruciali per la vita e per la carriera di Nino Bertoletti, conosce la modella e pittrice anticolana Pasquarosa (1896-1973), di cui si innamora quasi immediatamente e che sposerà nel 1927.

Condivide con lei lo studio in via San Nicola da Tolentino a partire dal 1912 e poi quello di Villa Strohl-Fern dal 1913. È un periodo estremamente fecondo per il pittore: nei tre anni passati a Villa Strohl-Fern fino allo scoppio della guerra, si identifica con una pittura a metà tra il simbolismo e il fauvisme, caratterizzata da toni luminosi ed accesi e da una pennellata sintetica e viva.

La Prima guerra mondiale, che costituisce un periodo di pausa, è anche un vero e proprio spartiacque nella poetica di Nino Bertoletti. Dal vivido Espressionismo passa infatti ad una pittura decisamente più equilibrata, in totale accordo con il ritorno all’ordine promulgato, a partire già dal 1918 dalla rivista romana “Valori Plastici”.

Tra le due guerre

Il suo linguaggio pittorico muta dunque in senso classicista, come si nota dalle figure e dai nudi, costruiti da una pennellata obliqua ed incessante e da un cromatismo tenue e ricco di chiaroscuri e morbide sfumature che danno volumetria ai corpi inseriti in silenziosi interni.

Negli anni Venti inizia a frequentare la “Terza Saletta” del caffè Aragno in via del Corso, entrando in contatto con i maggiori rappresentati della letteratura e della pittura del tempo. Intorno al 1923, Nino Bertoletti e Pasquarosa conoscono Giorgio De Chirico (1888-1978), con cui intraprendono una fitta corrispondenza epistolare.

Gli anni Venti e Trenta sono particolarmente ricchi di esposizioni per il pittore romano. Partecipa nel 1926 alla prima mostra di Novecento, poi è presente in diverse edizioni della Biennale di Venezia e a quelle della Quadriennale romana.

In questi anni, la sua pittura risulta costruita da equilibri delicatissimi che rimandano alla tradizione compositiva dei grandi maestri del Cinquecento e del Seicento. Nel corso degli anni, il carattere schivo di Nino Bertoletti si accentua ancora di più: lavora appartato ed in solitudine tra lo studio romano di Via Condotti ed Anticoli Corrado, dove la moglie ed i figli risiedono per un lungo periodo.

Negli anni Cinquanta, la pennellata del pittore diventa più libera e ricorsiva, spesso materica e cromaticamente accesa, di nuovo espressionista. Continua a dipingere fino agli anni Sessanta, ormai lontano dalla vita pubblica. Muore a Roma nel 1971 ad ottantadue anni.

Nino Bertoletti: dall’Espressionismo al ritorno all’ordine

L’esordio di Nino Bertoletti, in età giovanile, avviene all’Esposizione di Rimini del 1909, dove presenta Primo Verde, un paesaggio dai toni intensi ed estremamente espressivi. In questi primi anni, come accennato, la poetica del pittore romano è a metà tra intento simbolista e pennellata fauve, così come si riscontra nella Gondola, presentata all’Internazionale di Roma del 1911.

La vicinanza agli stilemi della Secessione viennese e tedesca lo conduce ad un’elaborazione molto personale del simbolismo, di cui vediamo l’espressione alle Secessioni romane del 1913 e del 1915, in cui espone Ritratto ed una serie di disegni.

Dopo la guerra, già alla Biennale romana del 1923 si percepisce una netta svolta nella sua pittura. Il ritorno all’ordine permea le composizioni degli anni Venti, tutte denotate da un sobrio cromatismo, ma soprattutto da una rielaborazione della pittura dei maestri del Cinquecento.

Ciò risulta evidente dalle opere presentate alla Biennale di Venezia del 1928, Bagnanti presso il mar Tirreno e Ritratto di signora che tra chiaroscuri e panneggi ben equilibrati fanno di Nino Bertoletti uno dei maggiori rappresentanti romani delle istanze di Valori Plastici.

Accanto a questo approfondito e appassionato studio dell’antico, il pittore inserisce una pennellata costruttiva, sul modello di quella di Cézanne, dando vita ad un linguaggio del tutto personale. Presso la Sindacale romana del 1930, tiene una personale con undici opere, tra cui Ritratto di Telesio Interlandi, Pagliaio, Nudo, Sera, Spieggia di Pesaro.

È presente alla Biennale di Venezia dello stesso anno con un Ritratto di Giorgio De Chirico e con Sergio Tofano nella parte di Bonaventura. Alla Quadriennale romana del 1935 presenta nove opere, tra cui Saltimbanchi, Nudo, Figura ed una serie di Ritratti di notevole equilibrio formale.

Un’altra Figura femminile, ritratto della moglie Pasquarosa, compare alla Quadriennale del 1939, insieme ad Acrobati. Signora che legge, Natura morta, Un angelo sono esposti alla Quadriennale del 1943, in una delle ultime apparizioni pubbliche del pittore.

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