Paolo De Matteis

Paolo De Matteis . Allegoria della pace di Utrecht e della pace di Rastadt. Tecnica: Olio su Tela
Allegoria della pace di Utrecht e della pace di Rastadt. Tecnica: Olio su Tela

Biografia

Paolo De Matteis (Piano del Cilento, 1662 – Napoli, 1728) negli anni Ottanta del Seicento inizia la sua formazione nello studio napoletano di Luca Giordano (1634-1705), cogliendo elementi di classicismo di stampo marattesco. Con il soggiorno romano di poco successivo, il giovane entra nello studio del pittore di nature morte Gianmaria Morandi (1622-1717), che lo fa avvicinare ulteriormente all’ambiente di Carlo Maratta (1625-1713) e dell’Accademia di San Luca.

In questa primissima fase già si nota una spiccata sensibilità di Paolo De Matteis verso una materia cromatica luminosa e un’atmosfera rocaille. Dal punto di vista tematico mostra una adesione al gusto arcadico che riesce a trasportare nell’ambiente napoletano.

Il successo a Napoli

Rientrato a Napoli al seguito del marchese del Carpio, famoso collezionista e viceré spagnolo al governo del Mezzogiorno, inizia la sua attività nel campo della committenza ufficiale sacra e profana, ottenendo un immediato successo presso l’aristocrazia e il clero di area partenopea.

Ciò che contraddistingue sin da subito l’operato di Paolo De Matteis è un fare pittorico estremamente vivace e brioso, con una naturale propensione alla narrazione sciolta, a metà tra soluzione arcadiche e più spiccatamente Rococò.

Ciò si verifica nelle composizioni affollate come in quelle più posate, da cui emerge sempre una stesura cromatica brillante e festosa che, comunque, riesce anche ad esaltare la raffinatezza compositiva, che risulta leggera ed ariosa e che contrasta con le istanze più specificamente accademiche di freddezza e compostezza formale.

Il soggiorno parigino

L’innata capacità di Paolo De Matteis di lavorare sulla vaporosità e sulla leggerezza della scena, anche nel caso di una committenza sacra, coniugando con eleganza disegno e colore, gli fa ottenere l’ammirazione da parte del Conte d’Estrées che lo chiama a Parigi nel 1702.

Il pittore vi rimane fino al 1705, lavorando ancora su quel linguaggio estremamente spigliato e a metà strada tra la complessità Rococò e la predilezione per soggetti allegorici e mitologici di matrice arcadica. La levità della narrazione e della tavolozza comunica con un impianto compositivo fantasioso e con un allegro ritmo narrativo, almeno fino al soggiorno francese.

Dopo il rientro a Napoli, a partire dagli anni Dieci, nella produzione di Paolo De Matteis si registra un decisivo orientamento verso uno stile più freddo ed accademico, in linea con le istanze classiciste, sempre più in voga anche a livello europeo. In questi anni, non lavora solo a Napoli, ma anche in Calabria, in Puglia, in Liguria e poi di nuovo a Roma.

La freschezza cromatica degli anni precedenti scompare in favore di una tavolozza decisamente meno briosa e virata su toni spenti, per composizioni di devozione popolare e provinciale. Questa modalità viene mantenuta dall’autore fino agli anni Venti del Settecento. Muore a Napoli nel 1728, a sessantasei anni.

Paolo De Matteis: una pittura brillante tra Arcadia e Rococò

Tra le prime opere napoletane di Paolo De Matteis vi sono quelle realizzate a partire dagli anni Novanta, come la Madonna con il Bambino per Donnaregina Nuova e alcune tele realizzate per la Farmacia della Certosa di San Martino.

La sua maniera sciolta e brillante caratterizza le opere di questo periodo, che possono essere considerate quelle più significative di tutta la sua produzione.
Raffinatezza esecutiva e tono brioso e si uniscono anche nelle opere di carattere ufficiale, dando vita soluzioni che prendono tanto dalla cultura arcadica, tanto dal gusto vivace e leggiadro del Rococò.
Ne è esempio la maestosa Assunzione di Maria con Salomone e la regina di Saba, conservata a Berlino.

Nel soggiorno francese, lavora per diversi rappresentanti dell’aristocrazia, decorando palazzi ed ambienti, lasciando sostanzialmente invariato il suo indirizzo stilistico, che invece comincia a modificarsi con il suo rientro a Napoli.

Nell’Ercole al bivio, commissionato a Paolo De Matteis da Lord Shaftesbury, si registra una maggiore propensione verso uno stile accademico e didattico, che si verifica anche in altre tele dalla stessa impronta, come la Danae conservata a Detroit.

Continua verso un classicismo sempre più rigido e di carattere devozionale e dottrinario, eccezion fatta per l’opera encomiastica con l’Allegoria della pace di Utrecht e della pace di Rastadt, in cui sembra ritornare in parte a quella levità cromatica e compositiva della prima fase.

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