Sommario
Biografia
Pietro Ronzoni (Sedrina, 1781 – Bergamo, 1862) è inizialmente allievo di Giuseppe Diotti (1779-1846) all’Accademia Carrara di Bergamo. Nel 1800, a diciannove anni, si trasferisce a Roma per perfezionarsi. Giunto in città, si avvicina subito ad Antonio Canova (1757-1822) e ad Angelica Kauffmann (1741-1807) che lo introducono al paesaggista mantovano Giovanni Campovecchio (1754-1804).
Mentre fa pratica presso la bottega di questo pittore, studia con attenzione il paesaggio classico di Poussin e Lorrain e, nel frattempo, si lega alla cerchia dei vedutisti nordici a Roma. Tra di essi vi sono Martin Verstappen (1773-1852) e François Marius Granet (1775-1849).
L’esperienza romana risulta fondamentale per la formazione di Pietro Ronzoni, che, rientrato a Bergamo nel 1908, porta con sé una vasta serie di bozzetti e studi di paesaggio già notati e lodati da Canova in persona.
Il successo in Europa
L’osservazione del vero, si unisce con semplicità ed eleganza all’interpretazione personale e lirica che ne dà l’autore, suscitando non solo l’apprezzamento dei membri dell’Accademia, ma anche di importanti famiglie europee.
Dopo essere stato nominato Accademico d’onore presso la Cignaroli di Verona nel 1819, Pietro Ronzoni comincia ad ottenere numerose commissioni non solo in Italia, ma anche dalla Baviera, dall’Austria, dall’Ungheria e dall’Inghilterra. Si susseguono, a questo punto, anche le presenze alle mostre dell’Accademia di Bergamo e di Verona.
All’inizio degli anni Venti, Pietro Ronzoni ha la possibilità di intraprendere un viaggio in Europa, date le numerose commissioni che riceve da conti e principi, dall’Austria all’Inghilterra. Nel campo della veduta di stampo classico è ormai affermato come uno degli autori più apprezzati in Italia.
Nel 1824, rientra a Bergamo, dove inizia ad insegnare all’Accademia e dove apre anche una sua scuola. Tra gli allievi del pittore si annoverano Costantino Rosa (1803-1878) e Andrea Marenzi (1838-1891).
Verso gli anni Trenta si dedica anche alla realizzazione di alcuni ritratti ufficiali, anche se non smette mai portare avanti la sua ricerca in campo paesaggistico, spingendosi, anche in tarda età, in Piemonte, Val d’Aosta e Svizzera per trovare spunti nuovi. Muore a Bergamo, nel 1862 all’età di ottantuno anni.
Pietro Ronzoni: il paesaggio di stampo classico
L’esperienza formativa di Pietro Ronzoni si divide tra Bergamo e Roma. A Bergamo, Giuseppe Diotti, che spesso realizzerà le figure dei suoi paesaggi, lo introduce alla cultura classicista e quindi allo studio del Cinquecento italiano.
A Roma, il paesaggio classico entra a far parte del linguaggio del pittore, che, rientrato a Bergamo porta con sé una serie di schizzi poi raggruppati, nel 1806, sotto il nome di Libro dei disegni tratti dal vero a Roma e dintorni, conservato presso l’Accademia Carrara e i numerosi paesaggi eseguiti per i committenti stranieri, in tutta Europa.
Luce morbidissima e disegno accurato e preciso caratterizzano le vedute di Pietro Ronzoni, che si rifanno sicuramente allo schema compositivo di autori come Poussin. Basta osservare gli Idilli realizzati negli anni Dieci per il conte Lupi, direttore dell’Accademia Carrara.
Le figure vengono realizzate in collaborazione con il maestro Diotti e il paesaggio, con le quinte arboree e la luce cristallina e diffusa sono riferimenti alla veduta classica del Seicento romano. Lo stesso avviene in Paesaggio con ponte del 1814 e soprattutto nel Paesaggio ideale (I Filosofi) dell’anno successivo.
La minuziosa resa delle foglie del grande albero che fa ombra ai filosofi ateniesi ricalca alla perfezione la qualità di Lorrain, in un’accezione ideale del paesaggio classico, in cui tutto rientra in un ordine ben preciso. Anche negli interni, il pittore bergamasco utilizza lo stesso rigore prospettico, come ben si nota dalla Filanda nel bergamasco del 1825.
Una successione accurata di piani paralleli costruisce vedute e dipinti come Paesaggio di viandanti in preghiera o Le rovine romane e Casa Canonici in Bergamo alta. Invece, i ritratti più importanti di Pietro Ronzoni sono Autoritratto del 1840 e Ritratto del benefattore Vanali del 1852.
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