Pippo Oriani

Biografia

Pippo Oriani (Torino, 1909 – Roma, 1972), proveniente da un’agiata famiglia torinese, inizia a frequentare i corsi di architettura all’Università, ma poi interrompe gli studi per dedicarsi alla pittura. Il 1927 è un anno fondamentale: entra in contatto con i futuristi torinesi, tra cui Fillia (1904-1936) e Nicolaj Diulgheroff (1901-1982).

Espone per la prima volta alla Mostra Internazionale di Torino del 1928, nel padiglione dell’Architettura Futurista. Da questo momento in poi, partecipa regolarmente a tutte le mostre del gruppo futurista torinese, a cominciare da quelle alla Galleria Pesaro del 1929 e del 1930.

Tra Parigi e Torino

Tra la fine degli anni Venti e l’inizio del decennio successivo, Pippo Oriani frequenta spesso Parigi, città in cui viene a contatto con i movimenti europei. In particolare si avvicina all’Esprit Nouveau dell’architettura francese di Le Corbusier (1887-1965), al Neoplasticismo olandese, ma anche alle tendenze funzionaliste del Bauhaus.

Tutti questi impulsi si connettono ad un sostrato futurista, in particolare all’arte meccanica promossa da Enrico Prampolini (1894-1956) e a quello spiritualismo plastico e cosmico che lo accomuna a Fillia e Diulgheroff.

Con loro, espone alla Galerie 23 di Parigi nel 1929, riscuotendo un ampio successo di critica e di pubblico. Nella capitale francese, l’artista di Torino si dedica anche alla progettazione di interni futuristi e alla scrittura e sceneggiatura del film d’avanguardia Vitesse.

La poetica di Pippo Oriani, però, si avvicina anche alle derivazioni postcubiste, soprattutto in alcune nature morte che lo avvicinano molto all’esperienza del primo Gino Severini (1883-1966). Rimane comunque sempre quell’accezione quasi misterica e metafisica assegnata alla macchina, organismo pulsante di vita.

Una poetica personale

Rispetto all’amico Fillia, si avvicina con cautela all’aeropittura, perché preferisce intraprendere una strada più personale: quella di un astrattismo composto dall’unione di forme e, spesso, materiali diversi, che sfociano in una sorta di surrealismo meccanico che crea atmosfere perturbanti e stranianti.

In effetti, Pippo Oriani, anche dopo una crisi artistica vissuta attorno alla metà degli anni Trenta, continua a costruire una poetica propria, lontana dal canonico andamento del secondo futurismo.

Sono del 1935 alcune composizioni che ritornano al Cubismo di Georges Braque (1882-1963) e altre che si legano sensibilmente all’espressionismo della Scuola Romana. Continuano comunque i suoi costanti rapporti con i futuristi torinesi, in particolare con lo scultore Mino Rosso (1904-1963).

Nel dopoguerra, Pippo Oriani continua a dedicarsi con fervore alla pittura, incanalando sempre pulsioni nuove e sperimentali, che però tiene nella sua sfera privata, senza partecipare alle esposizioni. Riprende ad esporre solo nel 1964, in un’antologica presso la Galleria della Medusa. Muore a Roma nel 1972, a sessantatré anni.

Pippo Oriani: un contributo al Futurismo torinese

La pittura di Pippo Oriani, che a Torino si avvicina subito agli esiti di quello “spiritualismo della macchina” promosso dal Manifesto dell’arte meccanica, si svela alla Mostra Futurista della Galleria Pesaro del 1928.

Vi espone Valori pittorici, Donna vestita di rosso, Donna in casa, Nudi, Natura morta e Suonatore di chitarra. Si tratta di composizioni in cui il cromatismo delle forme si incastra liricamente con l’atmosfera, giocando principalmente sulla sensazione perturbante del mistero della vita contenuto negli oggetti.

L’anno successivo è di nuovo con i futuristi torinesi alla Galleria Pesaro, questa volta con una ricca sala personale in cui mostra più di trenta opere, tra cui Pittura simultanea, Studio d’oggetti, Danza negra, Figura in bianco, Paesaggio di Como, Sintesi della sensibilità meccanica, I modificatori della sensibilità, Danzatrice coi capelli lunghi, L’uomo e l’ambiente – Simultaneità organizzata.

Nel 1930, Pippo Oriani partecipa per la prima volta alla Biennale di Venezia, dove espone uno dei suoi dipinti più significativi di questa fase, Ritratto di un geometra, che unisce la ricerca neocubista delle forme che si espandono nello spazio, a linee e numeri.

Una simile riproposizione quasi dadaista dello spazio ritorna anche in Paesaggio interplanetario, presentato alla Mostra Futurista di Milano del 1931, insieme ad alcune opere di aeropittura come Il porto del Cielo, Aeroarchitettura, Paesaggi dell’infinito, Immaginazione plastica del volo, Conquista siderale, Aerosintesi e Divinizzazione dello spazio.

Con Nascita della simultaneità Pippo Oriani prende parte alla Biennale di Venezia del 1932 e con tre Paesaggi aerei alla Sindacale torinese del 1933.

Neocubismo e sensazioni astrattiste e metafisiche

La poetica di Pippo Oriani fa procedere di pari passo le ricerche in campo futurista, meccanico e aeropittorico, con quelle di natura più astrattista e lirica, sfociando in rappresentazioni metafisiche ed enigmatiche.

Forme, ombre, figure, si innestano nell’utilizzo di una tavolozza accesa e variegata e in una fantasia mentale che si ritrovano in opere come Italianità di Marinetti presentata alla Quadriennale di Roma del 1935.

Lo stesso discorso si può applicare a composizioni come Donna e fiori di ispirazione postcubista e Gente felice. Con Il cancello della villa partecipa al Premio Bergamo del 1942, mostrando una piena adesione alla pittura figurativa di stampo espressionista e lasciando una sensazione di sospensione e mistero.

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