Aurelio Quaglino

Aurelio Quaglino. Testa di Vittoria. Busto in marmo
Testa di Vittoria. Busto in marmo

Biografia

Aurelio Quaglino (Torino, 1910 – 1998), mostrate precoci dori artistiche sin dalla tenera età, si forma all’Accademia Albertina di Torino, dove ha come insegnante Edoardo Rubino (1871-1954).

Quest’ultimo, intorno alla fine degli anni Venti, coinvolge il suo allievo nella realizzazione di numerosi monumenti in aerea torinese, ad esempio Il faro della Vittoria, sul Colle della Maddalena.

Dopo queste prime, importanti esperienze al fianco del maestro Rubino, Aurelio Quaglino si inoltra in una personalissima lavorazione del marmo, che presenta alcuni tratti specifici, come la dimensione quasi sempre monumentale, la componente emotiva e spirituale e una sensibile attenzione alla resa naturalistica, seppur attraverso una scelta sintetica e lineare.

La scultura in area piemontese e lombarda

Da questo punto di vista, lo scultore torinese potrebbe essere inserito tranquillamente nella tradizione plastica di fine ottocento, se non fosse per una trattazione veramente condensata e razionale delle superfici, che lo collegano direttamente agli sviluppi scultorei del ritorno all’ordine.

In effetti, sia nella lavorazione del marmo che del bronzo, il linguaggio di Aurelio Quaglino si basa sull’adozione di poche linee ascensionali che definiscono figure slanciate ed equilibrate, spesso richiamanti un primitivismo senza eccessi espressionisti.

Nel corso degli anni Trenta e Quaranta, l’artista partecipa alle Sindacali fasciste, ma soprattutto si dedica alla realizzazione di numerose sculture celebrative, in particolare nell’area del nord Italia. Inoltre, diversi sono i monumenti funerari che, nel Cimitero Monumentale di Torino recano la firma di Aurelio Quaglino.

Aviatori, atleti, figure esteticamente corrispondenti all’ideale fisico del regime fascista, ma anche teste di vittoria e ritratti di personaggi come il Re o Mussolini fanno parte della produzione di Aurelio Quaglino degli anni del regime, quelli più significativi della sua carriera.

In effetti, dopo la guerra, si esaurisce la carica creatrice dell’autore, che continua a dedicarsi alla scultura fino agli anni Novanta, ma mai ritrovando quel successo internazionale che lo aveva accompagnato negli anni Trenta e Quaranta, quando era riuscito ad esporre anche a Berlino, Monaco e Vienna. Muore a Torino nel 1997, ad ottantasette anni.

Aurelio Quaglino: la scultura celebrativa negli anni del regime

Tra le prime opere realizzate dal giovane Aurelio Quaglino, come collaboratore del suo maestro Edoardo Rubino, vi è il monumento Faro della Vittoria, nel parco della Rimembranza sul Colle della Maddalena.

La figura vittoriosa dal viso algido e ieratico ha ispirato sicuramente l’artista nell’elaborazione di una delle sue sculture più famose, la Vittoria armata, di cui espone lo Studio della testa alla Sindacale torinese del 1936, insieme alla Visitazione.

Attivo soprattutto in area piemontese ed in ambito fascista, Aurelio Quaglino aveva partecipato, nel 1932, alla I Mostra piemontese di Arte Goliardica, con il busto dello squadrista fascista Amos Maramotti, morto nel 1921.

Alla stessa mostra, ma nel 1933, presenta Il calciatore, che evidenzia l’interesse per l’esaltazione della perfezione fisica ed atletica, Lo squadrista, in terracotta rossa e un San Sebastiano, inteso in questo caso come protettore dei militi.

In particolare Lo squadrista presenta una lavorazione vibrante e nervosa, che trasmette il fremito dell’azione fascista e illegale e che mette in risalto la corporatura robusta e il viso assurdamente fiero. Il Ritratto del Re d’Italia e Imperatore d’Etiopia compare alla Sindacale torinese del 1937, mentre il Canottiere a quella del 1940.

Tra le opere funerarie del Cimitero Monumentale di Torino è da ricordare la Tomba Peccolo, con un’aggraziata e sintetica figura femminile che ricalca l’immobile primitivismo della statuaria arcaica. Nel 1936, Aurelio Quaglino si occupa dell’esecuzione dell’Aviatore per un monumento pubblico sul lungolago di Desenzano del Garda.

Il volto dell’aviatore si spinge in avanti, lasciando dietro di sé una scia astratta e concreta allo stesso tempo, a sottolineare la velocità e il dinamismo del volo che spinge l’uomo al di là dei suoi limiti fisici.

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