Raffaello Sorbi

Raffaello Sorbi. La festa della Vendemmia - Olio su tela, 48,8 x 80 cm. Firma in basso a destra
La festa della Vendemmia. Tecnica: Olio su tela. Firma in basso a destra

Biografia

Raffaello Sorbi (Firenze, 1844 – 1931) si forma presso l’Accademia di Belle Arti di Firenze, dove studia sotto la guida di Antonio Ciseri (1821-1891). L’influenza del maestro è evidentissima nelle prime opere di Sorbi, tutte naturalmente legate alla pittura di storia. Proprio con un soggetto storico esordisce al concorso triennale dell’Accademia del 1861, ottenendo un premio.

Inizialmente, i temi prediletti dall’artista sono quelli ispirati dalla letteratura o dalla finzione storica, spesso legati alla tradizione fiorentina e dantesca.

Intorno agli anni Settanta, però, si allontana da questi soggetti, per farsi interprete di scene di ricostruzione storica in costume.
Accattivanti narrazioni della quotidianità classica, medievale o settecentesca diventano le protagoniste delle sue tele, richiestissime dal mercato.

Il contratto con Adolphe Goupil

Grazie al successo di critica e di pubblico, Raffaello Sorbi, ancora giovane, vince un pensionato a Roma, ma decide di rifiutare il premio, perché troppo legato alla sua Firenze. Vi rimane per moltissimi anni, spostandosi raramente e lavorando costantemente per il mercante francese Adolphe Goupil.

Le sue scenografiche tele in costume, che rievocano giochi e passatempi settecenteschi, tradizioni fiorentine, ma anche la quotidianità domestica e delle osterie popolari, attraggono inevitabilmente la maison parigina.

La tecnica pressoché perfetta, il tratto netto e luminoso, la precisione nella resa dei dettagli, rendono famoso e apprezzato l’artista. Talvolta si dedica anche a piccolissimi paesaggi attentamente studiati nei loro particolari, realizzati a punta di pennello.

I collezionisti stranieri, soprattutto americani, acquistano le sue opere di genere dal gusto gentile e piacevole, raffinato e cangiante. Oltre a lavorare per Goupil, stringe accordi con altri mercanti d’arte come il fiorentino Luigi Pisani e l’inglese Ernest Gambart.

Continua a dipingere per gran parte della sua vita, partecipando a moltissime esposizioni fiorentine, senza mai discostarsi dai temi di genere che lo caratterizzano. Muore a Firenze nel 1931; poco prima era stato nominato commendatore del Regno.

Gli esordi nel solco della pittura di storia

Studiando sotto la guida di Ciseri, Raffaello Sorbi esordisce inevitabilmente nel segno della pittura di storia. Vince il concorso triennale nel 1861 presentando Corso Donati ferito dai Catalani a San Salvi presso Firenze. L’anno successivo, alla Promotrice fiorentina espone il tema di storia romana Cornelia madre dei Gracchi che mostra i suoi gioielli.

Il 1863 segna la completa affermazione dell’artista nella pittura di storia: vince il Pensionato a Roma con Savonarola che spiega la Bibbia ai monaci ed amici nel convento di San Marco. Deciderà comunque di rifiutare il premio e di rimanere a Firenze, continuando, almeno fino alla fine degli anni Sessanta, ad occuparsi di soggetti storici.  

Vittorio Emanuele II gli commissiona un tema squisitamente fiorentino: Piccarda Donati fatta rapire dal convento di Santa Chiara dal fratello Corso. L’opera è assolutamente apprezzata dal pubblico e comincia a richiamare l’attenzione del mercato internazionale. Ma viene bocciata da Telemaco Signorini (1835-1901) che la giudica troppo seducente e schiava dei modelli alla moda.

L’ultimo dipinto attribuibile alla fase pienamente storica dell’artista è Fidia che colpisce la statua di Minerva, eseguito su committenza di Giovanni Duprè.

Raffaello Sorbi: la pittura di genere in costume

Dagli anni Settanta in poi, Raffaello Sorbi, si lascia dietro le spalle la pittura di storia o di ispirazione letteraria, per dedicarsi alla ricostruzione in costume. La pittura è luminosa, limpida, a tratti realizzata in punta di pennello.

Questa maestria tecnica accompagna scene in costume romano, medievale e soprattutto settecentesco. Il riferimento va all’accattivante e leggera pittura da cavalletto di Jean-Louis Ernest Meissonier, con i suoi preziosismi e con la sua vivacità cromatica.

Sono esempio di questi sviluppi Tre suore che cuciono nella loggia di un chiostroGiocatori di bocce a Firenze, ma anche La festa della vendemmia. Ancora, Suonatore di mandolino, Osteria all’aperto, Il pranzo dei cacciatori sono tutte opere di ricostruzione settecentesca.

La frivolezza e il divertimento sono al centro della composizione. Esegue poi una serie di varianti dello stesso tema, quello del gioco e dello svago, in Un gioco di carte all’osteria, Partita a scacchi, La mano vincente, Il gioco della ruzzola e Saltarello cavalluccio.

Importanti e raffinatissimi sono anche i paesaggi miniaturizzati realizzati nelle campagne del Mugello, dove si trasferisce negli ultimi anni. Fanno parte di questa produzione Cacciatore lungo le rive dell’Arno, Paesaggio con contadini, Paesaggio con cavalleggeri.

Nel 1930, poco prima di morire, fa un omaggio a Che freddo! di Giuseppe De Nittis (1846-1884) raffigurando per Enrico Piceni tre signore infreddolite che aspettano una carrozza.

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