Sommario
Biografia
Renato Bertelli (Lastra a Signa, 1900 – Firenze, 1974), figlio del gestore di una piccola manifattura di terrecotte a Lastra a Signa, viene avviato sin da bambino alla modellazione. A partire dal 1914, frequenta l’Accademia di Belle Arti di Firenze, dove studia scultura seguendo i corsi di Domenico Trentacoste (1859-1933) e Libero Andreotti (1875-1933).
Dopo aver terminato gli studi accademici e nel primo dopoguerra, si dedica prevalentemente alla produzione ceramica di gusto déco. L’esordio ufficiale avviene con una scultura in gesso alla Fiorentina Primaverile del 1922. Alla fine degli anni Venti, collabora con l’architetto Adolfo Coppedè (1871-1951), nella decorazione scultorea della Casa del Fascio a Lastra a Signa, sua città natale dove vive con la moglie e i figli.
Nel 1928, Renato Bertelli prende parte per la prima volta alla Mostra d’Arte Regionale toscana, dove ottiene la medaglia d’oro e dove ritorna nel 1930, nel 1931 e nel 1941, nella sua edizione di Palazzo Strozzi. Nel frattempo, sempre nel 1928, partecipa alla Biennale di Venezia.
Il Blocco Futurista Indipendente toscano
Sono gli anni cruciali della produzione dello scultore toscano, che corrispondono alla sua adesione al Blocco Futurista Indipendente, fondato dal pittore Antonio Marasco (1896-1975).
Quest’ultimo, con il Manifesto del Futurismo Indipendente, redatto nel 1932, intende sottolineare l’impegno del gruppo futurista toscano, che consiste in un dialogo tra le fonti del Primo Futurismo italiano e le innovazioni tecniche e l’Astrattismo del Bauhaus, ma anche l’Idealismo cosmico di Enrico Prampolini (1894-1956).
A questo punto, Renato Bertelli, che all’interno del movimento Indipendente toscano è nominato “Capogruppo di Signa”, si fa interprete di una scultura che acquisisce un andamento dinamico che sussiste su una linearità rapida in cui i blocchi di materia sono coinvolti da un movimento simultaneo e pulito.
Il suo dinamismo plastico si concentra su un topos in particolare, quello del “Profilo continuo”, che viene brevettato nel 1933, con il numero 1073. Da questo momento in poi, lo scultore si concentra soprattutto sul primo motivo, lanciando la famosissima immagine del Duce, che ha fatto il giro del mondo e che è in stretto dialogo con il dinamismo di Umberto Boccioni (1882-1916).
Quindi, da un linguaggio ancora naturalistico e legato al plasticismo volumetrico del ritorno all’ordine, Renato Bertelli giunge ad una propria e vincente formulazione del Futurismo, che lo ha condotto ad una immediata ammirazione da parte di tutti gli organi del Regime, che ha incentivato la produzione di numerose varianti dell’opera in diverse dimensioni e materiali, dalla bachelite, al marmo, al bronzo, al legno.
Molte repliche autografe dell’opera sono andate distrutte dopo la caduta del regime, ma altre sono ancora visibili in alcuni dei musei più importanti del mondo, dal Mart di Trento e Rovereto, all’Ermitage di San Pietroburgo, alla Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti a Firenze.
Nel secondo dopoguerra, Renato Bertelli si dedica quasi esclusivamente alla produzione di piccole terrecotte a soggetto religioso o decorativo. Muore a Firenze nel 1974, a settantaquattro anni.
Renato Bertelli: dalle piccole terrecotte decorative al brevetto del Profilo continuo
La prima fase di produzione di Renato Bertelli è legata alla sua formazione accademica. L’intensità espressiva e il naturalismo del maestro Trentacoste si unisce all’equilibrio solenne delle figure di Libero Andreotti.
In più, stimolato sin da bambino perché immerso nella lavorazione della ceramica delle manifatture di Lastra a Signa, sviluppa un iniziale linguaggio attorno alla poetica decorativa, in cui piccoli frammenti colorati di vetro o oro si innestano su una lavorazione fantasiosa ed eclettica della ceramica invetriata, come si nota dal Ritratto della Marchesa Casati in maschera di Medusa, dei primissimi anni Venti.
Alla Fiorentina Primaverile del 1922, Renato Bertelli esordisce con una Piccola danzatrice in gesso, che presenta una lavorazione anche liberty. Come accennato, poco dopo, collabora con l’architetto Adolfo Coppedè, realizzando le decorazioni a rilievo delle colonne d’ingresso della Casa del Fascio di Ponte a Signa.
In questa fase, la sua scultura risulta forte dal punto di vista plastico naturalistico, come si nota anche dalla Venditrice in bronzo esposta alla Mostra d’Arte Regionale Toscana del 1928 e dal Bimbo col coniglio, in gesso bronzato, presentato alla Biennale di Venezia dello stesso anno.
Il nostro grano e Testa di bambino compaiono alla Mostra d’Arte Regionale Toscana del 1931 e soddisfano ancora una concezione statica e tradizionale della scultura, in cui la volumetria delle figure risponde ai canoni del ritorno all’ordine.
Gruppo futurista
La svolta avviene con l’adesione al gruppo futurista toscano e con l’ideazione del Profilo continuo del Duce, sicuramente l’opera che lo ha reso famoso in tutto il mondo. L’inconfondibile profilo di Mussolini acquisisce, in questa scultura, un andamento continuo e dinamico.
Le linee che sintetizzano i tratti salienti del volto si prolungano in un giro di 360 °, dando vita all’iconografia di un duce onnipresente, capace di un controllo assoluto di ogni minimo aspetto della società che governa, ma anche a sua volta osservabile da ogni punto di vista.
Questa immagine brevettata da Renato Bertelli, con il suo dinamismo meccanico che ricorda le Forme uniche nella continuità dello spazio, è diventato un simbolo del regime e, proprio per questo, nel dopoguerra, molti esemplari della scultura sono stati distrutti.
La sintesi formale e la chiarezza lineare di questa immagine non ritornerà altrove nelle opere di Renato Bertelli, che nel dopoguerra, ritorna al consueto naturalismo, in opere di matrice sacra o decorativa.
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