Giuseppe Renda

Giuseppe Renda. Caino e Abele. Tecnica: Scultura in bronzo, h. 27 cm
Caino e Abele. Tecnica: Scultura in bronzo, h. 27 cm

Biografia

Giuseppe Renda (Polistena, 1859 – Napoli, 1939) sin da giovanissimo, inizia a lavorare nella sua cittadina calabrese presso la bottega Morani, occupandosi della realizzazione di piccole statue per presepi. La modellazione della creta lo vede subito spigliato e appassionato, tanto che nel 1874, a soli quindici anni, scappa da Polistena per raggiungere Napoli.

Trova subito un lavoro presso la manifattura di ceramiche Cacciapuoti e Scotti a Capodimonte. Ben presto, riesce ad iscriversi all’Accademia di Belle Arti di Napoli per seguire i corsi di Tommaso Solari (1820-1889), Gioacchino Toma (1836-1891) e Stanislao Lista (1824-1908).

Introdotto al verismo da questi maestri, inizia ad esporre alla Promotrice napoletana dal 1884, fino agli anni Trenta del Novecento. Il suo atteggiamento nei confronti dell’Accademia, però, risulta sin da subito inquieto e intollerante, tanto che entra a far parte del gruppo dei cosiddetti “Cospiratori del Vomero”.

Il successo internazionale

Pian piano, si afferma dapprima come scultore verista, seguendo soprattutto l’esempio di Vincenzo Gemito (1852-1929) poi dagli anni Novanta, inizia a collocarsi nell’ambito del Liberty, rispondendo con successo agli stilemi della scultura art nouveau di livello internazionale. Nel 1898, inoltre, ottiene l’incarico di direttore della Fonderia Laganà a Napoli, in cui lavora per oltre vent’anni.

La scultura di Giuseppe Renda si presenta come una felice unione tra l’adesione al vero e la scelta di soggetti tratti dalla letteratura mitologica e dalla sfera allegorica. Superbe e leggiadre immagini di donne entrano a far parte del particolare repertorio dello scultore calabrese, consegnandogli un notevole successo.

Le figure anelanti e sensibili alla luce, le allegorie trattate con sapienza e apporto immaginativo, il velato simbolismo di alcuni soggetti lo conducono ad esporre, tra le altre città, a Monaco, Bruxelles, San Pietroburgo, Barcellona, Parigi e Vienna.

La base verista di Giuseppe Renda gli impedisce sicuramente di abbandonarsi alle forme eccessive del decorativismo Liberty e di approcciarsi a questo stile con moderata sensibilità. Sviluppa, dunque, un singolare linguaggio soprattutto nei primi due decenni del Novecento, ponendo sempre attenzione alla fisiognomica e alla resa delle espressioni umane.

Diversi sono i monumenti pubblici che realizza nel corso dei primi anni del nuovo Secolo e dopo la prima guerra mondiale, momento in cui la sua attività espositiva si fa meno frequente. Partecipa alla sua ultima esposizione nel 1932 e muore a Napoli nel 1939, a settantasette anni.

Giuseppe Renda: uno scultore tra il Verismo e il Liberty

Le prime prove scultoree di Giuseppe Renda risalgono agli anni Ottanta dell’Ottocento. Impossibile non trovarvi l’afflato verista con cui vene a contatto in accademia e che riceve grazie alla conoscenza delle opere di Gemito.

Scugnizzi e ragazzi del popolo sono i primi soggetti cui si dedica e che comunque torneranno nel corso della sua carriera. Alla Promotrice napoletana del 1884 si presenta con Testina e Ritratto che rivelano la sua attitudine nella rappresentazione degli atteggiamenti e delle espressioni umane.

Nel 1885, sempre alla Promotrice napoletana, espone Un piacevole sguardo, Ritratto del marchese Positano e Guagliuncello, nel 1887 ‘Na vota. Mentre l’anno successivo presenta Alma Venus il primo soggetto di matrice allegorica, insieme a Suavis.

La dimensione allegorica

Dagli anni Novanta, la produzione di Giuseppe Renda comincia ad orientarsi verso tematiche di respiro internazionale e di stile Liberty. Le figure cominciano a farsi più sottili e allungate, senza mai perdere di vista il sostrato verista.

Una dimensione spirituale e simbolista pervade alcune figure come L’angelo caduto. (La notte era silenziosa e serena, ed una leggera brezza agitava quelle ali, che non dovevano mai più, mai più volare verso le regioni celesti…), ispirato ad alcuni versi di Thomas Moore.

Nel 1892 invia all’Esposizione di Palermo di nuovo L’angelo caduto, insieme a Così mi ami, mentre la figura femminile Lina, ritratto di sua moglie Lina Chevalley, compare a Napoli l’anno successivo. Prime ebbrezze viene presentato alla Festa dell’Arte e dei Fiori di Firenze del 1896, grazie al quale vince un premio, poi ottenuto anche all’Esposizione di Monaco dell’anno successivo, con la stessa opera.

All’Esposizione di Torino del 1899, ormai nel pieno del successo, Giuseppe Renda invia le due opere simbolo di questa fiorente fase: Ondina e Voluttà. Quest’ultima viene anche proposta all’Esposizione internazionale di Bruxelles, dove ottiene la medaglia d’oro. La favolosa statua della Fortuna compare alla Mostra milanese del 1906 per il Traforo del Sempione.

Nel 1915, appena prima della guerra, espone a Napoli Ego sum lux mundi e Il re ed invia a San Francisco Donna sorridente. Mentre nel frattempo si dedica ad una serie di monumenti come quello del Generale Enrico Cosenz per i giardini pubblici di Riviera di Chiaia. Dopo la guerra, espone a Napoli un Ritratto nel 1922 e Dramatis personae e Testa nel 1932, oltre a partecipare alla Mostra Calabrese d’Arte Moderna del 1924 con Ragazza dei campi, Ballo e Cocco di papà.

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