Rinaldo Agazzi

Rinaldo Agazzi. La Modella - Tecnica: Olio su Tela, 48 x 38 cm
La Modella. Tecnica: Olio su Tela

Biografia

Rinaldo Agazzi (Mapello, 1857 – Bergamo, 1939) è il fratello maggiore di Ermenegildo (1866-1945). Si forma presso l’Accademia Carrara di Bergamo sotto la guida di Enrico Scuri (1806-1884). All’inizio degli anni Ottanta, decide di trasferirsi a Roma per completare la sua formazione, frequentando l’Accademia Libera di Cesare Maccari (1840-1919).

In questo fertile ambiente avviene il suo primo incontro con la pittura verista e con i principali rappresentanti della scuola napoletana. In particolare, trae ispirazione dal linguaggio di Antonio Mancini (1852-1930).
È uno snodo fondamentale per la sua poetica, perché è proprio in questo momento che acquisisce tutti gli elementi che andranno a caratterizzare il suo linguaggio, unito al sostrato verista lombardo.

Le difficoltà economiche

Nella metà degli anni Ottanta  Rinaldo Agazzi rientra a Bergamo, dedicandosi a piccoli dipinti di genere graditi al mercato e destinati ad essere riprodotti in calendari facilmente vendibili. È costretto a praticare questo tipo di pittura perché non gode di ottime condizioni economiche, fatto che lo induce, inoltre, a dipingere una gran quantità di opere.

Questa situazione fa sì che in favore della quantità vada a diminuire la qualità dei dipinti, inizialmente denotati di originalità e sapienza tecnica.

Distrutto da tale condizione, subisce conseguenze a livello emotivo: viene infatti ricoverato presso un ospedale psichiatrico. Continua comunque a dipingere, spesso ispirandosi agli eventi quotidiani che vive in prima persona, utilizzando un naturalismo acuto e sincero.

Accanto ai dipinti di genere e ai paesaggi ispirati prima alla campagna romana, poi a quella lombarda, vi è una vasta produzione di ritratti. Ispirato dal linguaggio di Cesare (1853-1919) e Guido Tallone (1894-1967), è autore di una serie di ritratti dalla forte caratterizzazione psicologica. Negli ultimi anni, soggiorna frequentemente a Venezia, muore a Bergamo nel 1939.

Verismo sociale e pittura di genere

Il soggiorno romano degli Ottanta permette a Rinaldo Agazzi di entrare in contatto con i modelli più rappresentativi del verismo partenopeo. Il Ritratto di Gerolamo Bonaparte gli fa conquistare i primi apprezzamenti da parte della critica, per poi dare il via ad una lunga serie di partecipazioni a diverse esposizioni italiane.

Rientrato a Bergamo mette in pratica tutte quelle suggestioni veriste incamerate a Roma, ma purtroppo, vive una serie di esperienze negative che non gli consentono di sviluppare a pieno le sue doti.

Le disavventure giornaliere diventano le protagoniste delle sute tele di genere, spesso permeate da un intenso, malinconico e dissacrante realismo. Nel 1884 a Torino Rinaldo Agazzi invia Pensieri allegri, Casa rustica e due Paesi, mentre nel 1888 partecipa all’Esposizione di Bologna con ben diciassette opere.

Tra di esse compaiono i duri dipinti di forte significato sociale Fratelli, Gli schiavi bianchi, Il calzolaio e una serie di ritratti e studi che evidenziano l’influenza del verismo napoletano. Toni scuri e una pennellata stesa in piccole campiture vanno a costruire lo spazio e le figure, in drammatici dipinti come Per il mondo…!

Abile disegnatore, presenta spesso studi a carboncino, come avviene alla Biennale di Venezia del 1899. Acuto osservatore della realtà che lo circonda, realizza dipinti come L’arresto, ispirato alla vera vicenda dell’arresto di suo cognato. Ancora, Contadina bergamasca e Contadino che si rade la barba.

Rinaldo Agazzi: i ritratti

Dagli anni Dieci in poi, Rinaldo Agazzi accosta alla produzione verista una vasta attività ritrattistica. Ne sono esempio ritratti muliebri spesso caratterizzati da sfondi neutri da cui emergono fanciulle con fiori, vestite o seminude. La sensibilità emotiva con cui tratta la figura emerge da ritratti quali Maternità o Santina esposto nel 1906 a Milano.

Anche alla Mostra della Secessione Romana del 1913 presenta una serie di studi di teste, mentre alla Biennale di Venezia del 1920 ritorna alla poesia della quotidianità contadina con La colazione. Altri ritratti da ricordare sono Beppina, Ritratto d’uomo, Ritratto femminile, Ritratto di Lina Amoretti con autoritratto, Ritratto di gentiluomo con garofano all’occhiello e Busto di giovane napoletana.

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