Giulio Rosati

Giulio Rosati. Nell'Harem. Tecnica: Olio su tavola, 22 x 37 cm
Nell'Harem. Tecnica: Olio su tavola, 22 x 37 cm

Biografia

Giulio Rosati (Roma, 1858 – 1917) si forma all’Accademia di San Luca a Roma, sotto la guida di Dario Querci (1831-1918) e Francesco Podesti (1800-1895). Quasi subito, si avvicina alla pittura di gusto mondano, dai toni luminosi e dal tocco virtuosistico, tramite la frequentazione di Luis Alvarez Català (1836-1901).

L’artista spagnolo era infatti uno degli epigoni di Mariano Fortuny (1838-1874), arrivato a Roma grazie ad un pensionato artistico negli anni Cinquanta. Questo contatto con la cerchia spagnola di artisti aderenti alla maniera fortuniana, conduce Rosati a farsi rappresentante di una pittura di costume dai caratteri eleganti e freschi.
Grande interprete dell’acquarello, si specializza inizialmente nella realizzazione di scene di matrice neo-settecentesca.

Ma è soprattutto per la produzione orientalista che è conosciuto Giulio Rosati. Proprio grazie alla tematica esotica, dai toni nostalgici, profondamente curata in ogni minimo particolare, il pittore si afferma velocemente non solo a livello nazionale, ma anche europeo.

Il successo internazionale

Un disegno fine e una tecnica impeccabile gli procurano l’apprezzamento del mercante d’arte parigino Adolphe Goupil, che lo aiuta nel successo internazionale. Il pittore predilige solitamente l’acquarello, ma ci sono pervenuti anche diversi oli di grandi dimensioni, tutti caratterizzati da una straordinaria freschezza d’esecuzione e da una tavolozza brillante e vivace.

Le scene più classiche della produzione orientalista di Giulio Rosati sono ambientate in harem in cui sono protagoniste odalische e schiave dai tipici vestiti sontuosi e descritti con precisione lenticolare, così come i tappeti e gli arredi. Lanterne luminose e portali intagliati, insieme a tappeti variopinti, fanno da sfondo a scene leggere e piacevoli, graditissime al mercato internazionale.

Ma anche i mercati e le vie brulicanti di venditori e avventori sono una specialità del pittore orientalista, che in tal modo può sfoggiare la sua tecnica raffinata e precisa nella definizione di piccoli oggetti, strumenti musicali, tappeti, cibi. Tra l’altro, non è sicuro che Rosati abbia compito un viaggio in oriente o in Africa del nord.

È più probabile, infatti, che la sua ispirazione provenga soprattutto da altri pittori orientalisti e dai grandi maestri francesi del Neoclassicismo o del Romanticismo che con passione e dovizia di particolari avevano narrato un oriente lussureggiante e lontano, come quello delle favole.

Dall’osservazione dei dipinti di Delacroix o di Ingres, Giulio Rosati giunge dunque ad una produzione incentrata sul racconto dei costumi esotici, in chiave decorativa e fantastica, proprio come Emilio Salgari fa in campo narrativo e letterario.

Rimasto quasi sempre a Roma, il pittore si dedica sporadicamente anche a tematiche neo settecentesche e a dipinti di genere ambientati nella contemporaneità. Muore a Roma nel 1917, a Cinquantanove anni.

Giulio Rosati e la pittura orientalista

Nonostante la produzione orientalista e in costume di Giulio Rosati sia vastissima, sono pressoché nulle le sue partecipazioni ad esposizioni italiane ed europee. È infatti un autore che lavora soprattutto per committenti e collezionisti internazionali, attraverso la mediazione di Goupil.

La storia dei suoi dipinti, quindi, non passa attraverso le esposizioni e le Promotrici, ma direttamente attraverso il mercato internazionale. Pittore prolifico ed instancabile, Giulio Rosati utilizza una tecnica precisa e una pennellata sicura e brillante nell’esecuzione di scene accattivanti e piacevoli.

Tra le diverse opere che fanno parte della sua produzione compaiono La scelta della favorita, Nell’harem, Contrattando al mercato, I venditori di tappeti, Una spedizione di successo, La danza nell’harem, Mercato arabo.

Acquarelli e oli di grandissimo impatto visivo, caratterizzati da una infinita varietà cromatica che caratterizza le variopinte piastrelle orientali, gli archi a ferro di cavallo, i tappeti, i cuscini e le raffinatissime stoffe ricamate che accolgono odalische e schiave scelte accuratamente dai ricchi uomini.

Si tratta di un mondo fantastico, in cui la piacevolezza dei colori aiuta nella narrazione di scene che sembrano essere uscite da una favola orientale, ambientata tra tappeti, minareti e le brillanti sabbie del deserto al tramonto. Ne abbiamo altri esempi nelle opere L’esame della sciabola, L’accampamento di beduini, Un mercato arabo, Il capo Cabila, La conversazione.

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