Salvator Rosa

Salvator Rosa. Paesaggio roccioso. Tecnica: Olio su tela
Paesaggio roccioso. Tecnica: Olio su tela

Biografia

Salvator Rosa (Napoli, 1615 – Roma, 1673) nasce a Napoli da Vito Antonio De Rosa, agrimensore, e da Giulia Greco, che proviene da una famiglia di pittori. Rimasto orfano di padre nel 1621, il piccolo Salvatore viene mandato nelle Scuole Pie per poi intraprendere il noviziato all’inizio degli anni Trenta.

Rifiutando dopo poco tempo di diventare sacerdote, si dedica alla pittura, avvicinandosi a Francesco Fracanzano (1612-1656), marito della sorella Giovanna. Le sue primissime prove sono intimamente legate al golfo di Napoli: una serie di marine dal tratto veloce e decisamente naturalistico che hanno segnato certamente l’indirizzo della sua produzione successiva.

La formazione: Aniello Falcone e il trasferimento a Roma

Frequentando la bottega napoletana di Aniello Falcone (1607-1656), Salvator Rosa fa ben presto emergere quel senso di innata insofferenza verso le convenzioni della società a lui contemporanea, che dimostra nello sviluppo di interessi fuori dal comune e di uno spiccato vigore rivoluzionario antispagnolo.

Negli anni Trenta, il giovane pittore inizia la sua avventura vendendo le prime tele ai piccoli bottegai. Ma è proprio grazie a queste prime prove giovanili che viene notato da Lanfranco e dal sacerdote napoletano Girolamo Mercuri, che lo pubblicizza presso il cardinale Francesco Maria Brancacci e presso il suo guardarobiere Simonelli.

Al suo servizio entra una volta giunto a Roma e poi a Viterbo intorno al 1638, dove esegue l’Incredulità di san Tommaso, un dipinto ancora acerbo, che però inaugura la stagione delle grandi committenze, tra cui quella di Filippo IV di Spagna per cui esegue una Veduta del golfo di Salerno.

Gli anni fiorentini

Nel 1640, Salvator Rosa entra a servizio del cardinale Giovan Carlo de Medici, fratello del granduca Ferdinando II. Nel periodo di permanenza fiorentina, riceve otto scudi al mese e l’affitto di un alloggio, condizione che gli permette finalmente di vivere grazie alla pittura.

Per il cardinale esegue diverse opere, tra cui l’affresco nel suo appartamento in Palazzo Pitti, con la Battaglia tra turchi e cristiani. A Firenze, il pittore costruisce una stimolante rete di rapporti, con artisti, musicisti, letterati ed eruditi, dando avvio alla costruzione di una cultura personale straordinaria.

Gli interessi filosofici ed esoterici che nascono proprio in questi anni, si riflettono nella produzione di alcuni ritratti e allegorie, come il prezioso Ritratto di filosofo della National Gallery di Londra. Ma si percepiscono anche dal ricco epistolario intrapreso con gli amici fiorentini e iniziato proprio negli anni Quaranta.

Le lettere, oltre a offrirci un chiaro quadro della personalità dell’artista, ci rivelano la sua quotidianità, gli interessi, le delusioni, i sospetti e le conquiste, il suo indirizzo filosofico e umano. Insieme alle lettere, anche le satire ci aiutano a svelare soprattutto i dissensi con le corti e l’alta società fiorentina, da cui inizia ad allontanarsi intorno alla metà degli anni Quaranta.

L’intensa stagione romana: tra passione antiquaria e cultura alchemica

Nel 1649, Salvator Rosa rientra a Roma, inaugurando un fecondo periodo personale e artistico. Si stabilisce in una casa vicino Trinità dei Monti, in via Felice. Poco dopo, eseguirà i suoi celebri filosofi Democrito in meditazione e Diogene getta via la scodella, che danno inizio a quella specifica intonazione melanconica e filosofica di Rosa.

Nei primi anni Cinquanta, legato da una forte amicizia a Francesco Mola (1612-1666) e Mattia Preti (1613-1699), condivide con loro l’intenzione di ritrarre pensatori o personaggi appartenenti alla cultura orientale. Tornando al Democrito in meditazione, esposto al Pantheon nel 1651, è decisamente l’opera che permette a Salvator Rosa di rientrare nelle grazie dei collezionisti romani.

Un pittore “preromantico”

Il paesaggio che ospita il filosofo, oscuro e ricco di simbologie e di pezzi antichi, è costellato di riferimenti alla vanitas, a fantasie esoteriche, alla passione antiquaria – soprattutto della Grecia antica – e all’egittomania che lo accomuna a Simonelli, tramite grazie al quale entra in contatto con Athanasis Kircher. Naturalia e artificialia compaiono nel dipinto, proprio a voler quasi creare un rimando alla straordinaria Wunderkammer dell’erudito.

Di poco successiva è l’Assunta commissionata dal cardinale milanese Omodei, interessato alla cultura dell’antico e alle iconografie del pauperismo cristiano ed eremitico, come si nota anche dai paesaggi che commissiona a Gaspard Dughet (1615-1675) per San Martino ai Monti.

Il linguaggio di Salvator Rosa

La battaglia dell’Eurimedonte, commissionatagli da Neri Corsini, eletto nunzio in Francia, rappresenta la straordinaria efficacia naturalistica del linguaggio di Salvator Rosa. Un dipinto quasi “romantico”, sublime, in cui la sabbia e la polvere si confondono con le figure, incorniciate dalle antiche rovine sullo sfondo.

Come si verifica anche nel Paesaggio roccioso, nell’Empedocle si getta nella voragine o nelPaesaggio con Apollo e Sibilla Cumana la natura prende il sopravvento, diventa la protagonista indiscussa, sia essa serena, sia essa orrida e minacciosa. Empedocle è il filosofo pitagorico che indaga così a fondo i misteri della natura che ne rimane affascinato, ma anche imprigionato.

Gli anni Sessanta: la maturità di Salvator Rosa, pittore geniale

Il sesto decennio del Seicento rappresenta l’ultimo grande sforzo di Salvator Rosa. Se lo studio degli affetti era stato sempre preponderante nelle sue opere, ora lo diventa ulteriormente, come si nota dallaLucrezia, dal Giobbe, dalla Congiura di Catilina, opere in cui l’indagine fisiognomica si unisce alla fantasia visionaria del pittore.

Come già si era verificato nell’Umana fragilità, capolavoro ricco di significati e allusioni allegoriche, in molti dipinti si rivela la sapienza di Salvator Rosa come cantore della melanconia e della caducità della vita terrena.

Le Satire

Dà avvio agli anni Sessanta l’allegoria della Fortuna, la dea che dona i suoi beni agli animali che calpestano le arti. Sembra corrispondere alle invettive contenute nelle Satire, in cui la fortuna, vista come ingiusta fama, premia gli stolti.

Del 1662 sono i due pendant Pitagora risale dagli inferi e Pitagora e i pescatori e seguiti per Cristina di Svezia, ma poi acquistati da Antonio Ruffo. Classicismo e preromanticismo si fondono in due dipinti geniali e misterici, come il tardo Saul e la Pitonessa del 1668.

Quest’ultimo dipinto, una vera e propria stregoneria, riassume tutto il lavoro di Salvator Rosa, tra spirito filosofico, alchemico, indagine sulla natura e sull’uomo. Muore nel 1673, a soli cinquantotto anni.

Quotazioni Salvator Rosa

Quanto Vale la tua opera di questo Artista napoletano?

Fatti guidare dai nostri consulenti storici dell’arte per una Quotazione Gratuita della tua opera di Salvator Rosa anche in meno di 24 ore. Acquistiamo Dipinti di questo Pittore.

Puoi contattarci sia caricando le immagini dell’opera direttamente nel form sottostante, oppure utilizzando i contatti in alto.

Per una stima scrupolosa, è indispensabile avere le foto dell’opera con rispettive misure, della firma ed anche del retro.

 

Corrente Artistica:

Hai un'opera di Salvator Rosa e vuoi venderla?

Risposte anche in 24 ore.

Chiedi una valutazione gratuita, professionale e veloce usando il modulo sottostante, oppure usando i contatti in alto.

Instruzioni: allegare tramite il seguente modulo foto nitide e dettagliate (anche del retro e della firma).

Indicare inoltre nel campo "messaggio" le misure dell'opera.

Non trattiamo stampe e litografie.

    Informazioni di contatto


    Messaggio

    Acconsento al trattamento dei dati personali ai sensi del D.lgs 196/2003.

    © Copyright Berardi Galleria d'Arte S.r.l.