Luigi Serena

Luigi Serena. Lettera al Moroso - Tecnica: Olio su Tela, 137x 72 cm
Lettera al Moroso (dettaglio). Tecnica: Olio su Tela

Biografia

Luigi Serena (Montebelluna, 1855 – Treviso, 1911) si forma presso l’Accademia di Belle Arti di Venezia, frequentandola dal 1870 al 1877. Vi segue i corsi di Pompeo Marino Molmenti (1819-1894) ed ha come compagni di studio Giacomo Favretto (1849-1887), Luigi Nono (1850-1918), Alessandro Milesi (1856-1945) ed Ettore Tito (1859-1941).

Inizialmente è molto vicino allo stile macchiaiolo e impressionista, soprattutto per quanto riguarda l’interesse verso la realtà e l’attenzione alla resa della luministica e cromatica. In un secondo momento però, dopo il trasferimento a Treviso del 1878, Luigi Serena abbandona il realismo puro per avvicinarsi alla pittura di genere.

I soggetti sono spesso gli umili, ritratti in aneddotiche scenette della vita quotidiana. La tecnica risulta sempre molto studiata, basta notare i frequenti effetti di luce e la sapiente trattazione coloristica.

Per questa produzione non si può non considerare la lezione dell’amico Favretto, soprattutto nella scelta di soggetti popolari della quotidianità trevigiana. Esperto anche nella realizzazione di ritratti, usa per essi una tavolozza meno brillante e più “seria”.

Questa scelta viene effettuata anche per i dipinti dell’ultimo periodo, quelli di carattere sacro e quelli di significato sociale. Verso i trentanni, purtroppo, Luigi Serena viene colpito da una malattia che gli impedisce gradualmente di dedicarsi alla pittura.

Partecipa dunque con meno assiduità alle mostre, proprio perché ormai isolato e in povertà. Nel 1907 riesce a prendere parte alla I Esposizione d’arte trevigiana, ma quattro anni dopo muore, pressoché dimenticato.

Gli esordi nel solco del realismo

Come accennato, la prima parte di carriera di Luigi Serena si svolge tutta nel segno del realismo toscano e della pittura di matrice impressionista. La forte attenzione alla resa fugace della luce e ai repentini cambiamenti cromatici della natura è il predominante interesse nei dipinti della prima fase.

Il primo esempio di questa produzione risale ai vent’anni dell’artista, quando realizza Corsa al trotto, oggi conservato nella Pinacoteca di Treviso. Gli effetti luministici e un profondo interesse verso la realtà così come essa si presenta sono gli elementi fondamentali del dipinto All’abbeveratoio.

Può essere considerato infatti una sorta di manifesto della prima produzione di Luigi Serena, molto vicino agli esempi macchiaioli precedenti. Ma poco dopo, il trasferimento a Treviso, lo induce ad orientarsi verso la pittura di genere.

Pittura di genere a Treviso

Aneddotiche e argute scenette dal gusto popolare e leggero si susseguono nella produzione trevigiana di Luigi Serena. I sentimenti degli umili, l’impegno di chi lavora, i gesti semplici della vita di tutti i giorni sono i protagonisti dei suoi dipinti.

Treviso domina silenziosa, con i suoi scorci del mercato e del fiume Sile, le cui sponde vengono vivacemente animate dalle lavandaie in costume tradizionale. Ne sono esempio i dipinti presentati nel 1878 a Venezia: Fruttivendola, Margerita e Fausto.

Tre anni dopo a Genova partecipa con Baruffe di donne veneziane, Piazzetta sul molo a Venezia e Andiamo alla sagra.  Ancora, Morosi in colara, famoso dipinto esposto a Venezia nello stesso anno.

All’Esposizione Nazionale di Belle Arti di Roma del 1883 invia tra gli altri, Pollivendola e Femo pase, due soggetti umilissimi e leggeri, ma resi con una luce realistica e vibrante.

L’anno successivo a Torino Luigi Serena presenta Al lavatoio, Lassime el me filo e di nuovo Pollivendola. La viva partecipazione dell’artista in queste popolari e vivaci scenette quotidiane è presente anche in opere quali Giorni felici!, Cantanti girovaghi, Popolana e Oche. Ottiene poi un notevole successo a Parigi nel 1889 con El stalo, lodato anche da Giovanni Boldini (1842-1931).

Gli ultimi anni di carriera, che corrispondono alla malattia e alla povertà, presentano anche tematiche più serie e di carattere sociale. Due esempi sono forniti dalle opere Sine labe, esposta nel 1897 a Venezia e Vittime presentata nel 1900 a Verona.

Importanti sono anche i ritratti, realizzati con intensa sensibilità introspettiva: Ritratto del conte Bianchini, Filippo Danieli, I signori Mandruzzato e soprattutto l’apprezzatissimo Ritratto del padre.

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