Luigi Serra

Luigi Serra. Natura morta - Olio su tela
Natura morta. Tecnica: Olio su tela

Biografia

Luigi Serra (Bologna, 1846 – 1888) frequenta dal 1858 il Collegio Artistico Venturoli di Bologna ed è allievo di Luigi Busi (1837-1884). Dal 1863 segue i corsi di Giulio Cesare Ferrari (1818-1899) presso l’Accademia di Belle Arti di Bologna. Nel 1866 vince il pensionato Angiolini, per cui può soggiornare per due anni a Firenze per perfezionarsi.

Sono gli anni della più intensa diffusione della pittura di macchia, ma Luigi Serra, pur frequentando gli artisti del Caffè Michelangelo, non ne riceve l’influenza. Anzi, a Firenze studia profondamente il Quattrocento toscano, acquisendone il rigore disegnativo e la nettezza cromatica.

Rimane dunque impermeabile al colorismo macchiaiolo, ma al contrario accoglie la lezione di Saverio Altamura (1822-1897) e il verismo di Domenico Morelli (1826-1901). Dal 1868 al 1874 si stabilisce a Roma, spostandosi diverse volte tra Vienna e Monaco di Baviera.

Luigi Serra poi vince un’altra pensione triennale che gli permette di spostarsi a Venezia fino al 1877. Qui si avvicina inevitabilmente alla pittura del Quattrocento veneziano e in particolare a Vittore Carpaccio.

Roma e l’ambiente di In Arte Libertas

Rientrato a Roma, Luigi Serra non rimane indifferente alle istanze artistiche promosse da Nino Costa (1826-1903) e da In Arte Libertas. È interessato al recupero dell’arte del Quattrocento, al contatto con i Preraffaelliti inglesi e col Simbolismo tedesco.

Il segno asciutto e la spazialità semplice, unita a profondi valori simbolici, lo rendono protagonista di un’innovazione che, in qualche modo, suggerisce un’“anticipazione” del Liberty.

Attivissimo in committenze pubbliche che affronta con forte coinvolgimento spirituale e civile, Luigi Serra raggiunge il massimo della sua espressione tra gli anni Settanta e Ottanta. Ancora nel pieno dell’attività intellettuale e pittorica, muore nella sua Bologna, a soli 42 anni, nel 1888.

Luigi Serra e la pittura del Quattrocento

Durante il fertile pensionato a Firenze, Luigi Serra si avvicina ai modelli del Quattrocento, in qualche modo ritornando alle istanze puriste. Ne eredita il disegno puntuale e l’essenzialità cromatica e volumetrica, quasi rievocando le intense e asciutte pale d’altare protorinascimentali.

A questo periodo risale Maria de’ Medici esiliata nel castello di Blois, che sembra integrare anche i valori cromatici morelliani.
Come avviene del resto in Annibale Bentivoglio nel castello di Varano, eseguito a Roma nel 1870 ed esposto alla Mostra Nazionale di Parma dello stesso anno.

L’opera, ricca di tensioni psicologiche e di un netto lavoro chiaroscurale, segna l’inizio della maturazione che conduce al Michelangelo al letto del servo Urbino morente. Dipinto questo, che gli permette di ottenere il pensionato a Venezia.

Le opere del periodo veneziano

Nel corso del soggiorno lagunare, Luigi Serra partecipa al concorso per la realizzazione del sipario del Teatro di Fabriano. Nel bozzetto, lodato dalla commissione, vi è L’apoteosi di Gentile da Fabriano e degli illustri artisti del suo suolo.

Un ricco e sapiente richiamo alla pittura umbra e marchigiana del Quattrocento e del Rinascimento, nonché una delle più importanti opere di Serra.
Ma la sua vera e propria “esplosione” artistica è nel dipinto veneziano Al Monte di Pietà del 1878, conservato presso La Galleria Nazionale di Roma.

Una felice commistione di elementi tratti da Carpaccio e da Mantegna con una tematica attualissima e pervasa di un’interpretazione morale e personale non indifferente.

Qui, la questione sociale è trattata non attraverso le istanze macchiaiole, ma tramite un verismo tutto particolare, mediato dal disegno e dalla cromia quattrocentesche.

A Roma, tra misticismo e simbolismo

L’esecuzione del Monte di Pietà viene accompagnata da una prassi lenta e meticolosa, delineata da una lunga serie di bozzetti. Stessa cosa vale per l’Ingresso dell’esercito cattolico a Praga, tempera realizzata nel 1880 per la chiesa di Santa Maria della Vittoria a Roma.

Committenza del principe Alessandro Torlonia, rappresenta un episodio della Guerra dei Trent’anni. E la lunga elaborazione è testimoniata dai numerosi cartoni presentati alla mostra romana del 1883 e poi acquisiti dalla Galleria Nazionale.

In quest’opera emerge la sua minuziosa precisione disegnativa, quasi riconducibile alle espressioni fiamminghe. La grande quantità di personaggi che si affollano nella scena, insieme ai cavalli e alle lance, ricorda in qualche modo le battaglie di Paolo Uccello.

Cosa ancora più importante, a Roma Luigi Serra si avvicina ben presto alle istanze simboliste che circolano nell’ambiente di Nino Costa. Già nel primo soggiorno romano aveva chiamato il conterraneo Mario De Maria (1852-1924), condividendo con lui l’interesse per i valori mistici-simbolici.

A differenza dell’amico però, Serra è profondamente attratto dal revival quattrocentesco dei preraffaelliti, alimentato poi da In arte Libertas, creata nel 1886.

L’interesse per i valori preraffaelliti

Proprio in questo clima, Luigi Serra realizza nel 1882 l’Apparizione della Vergine ai Santi Francesco e Bonaventura. Il meraviglioso dipinto, rifiutato dai frati bolognesi che l’avevano commissionato, è conservato oggi a Roma, nella Galleria Nazionale.

Un paesaggio dal vero è sullo sfondo, mentre in primo piano, la Vergine così preraffaellita, richiama le figure muliebri di Edwuard Burne-Jones.
Infine, a coronamento di questa produzione, vi è Irnerio che glossa le antiche leggi, eseguito nel 1888 per la volta della sala del Consiglio di Palazzo d’Accursio a Bologna.

L’opera unisce lo studio dal vero del paesaggio sullo sfondo, al disegno netto della cattedra e delle decorazioni. Il colore essenziale, la piattezza e i valori cromatici quattrocenteschi danno all’intera composizione un tono quasi stilizzato, annunciatore della grafica Liberty.

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