Giovanni Silvagni

Giovanni Silvagni. La Partenza di Coriolano (Dettaglio). Tecnica: Olio su tela. Roma, Accademia di San Luca
La Partenza di Coriolano (Dettaglio). Tecnica: Olio su tela. Roma, Accademia di San Luca

Biografia

Giovanni Silvagni (Roma, 1790 – 1853), formatosi all’Accademia di San Luca a Roma, dove è allievo di Gaspare Landi (1756-1830), è uno dei maggiori rappresentati della pittura neoclassica, che lo contraddistingue per tutto l’arco della sua carriera.

Figlio di un venditore di pasta in via dei Serpenti, si distacca subito dall’ambiente familiare perché molto portato per il disegno, per cui viene mandato in Accademia molto giovane.

Proprio durante gli anni della formazione, il pittore si impadronisce di un linguaggio chiaro ed armonioso, che utilizza per realizzare soggetti tratti dalla storia classica, come gli exempla virtutis, dipinti di ispirazione mitologica, ma anche soggetti sacri.

Dal punto di vista compositivo, Giovanni Silvagni accompagna il disegno classico ed accademico ad un cromatismo fortemente plastico che dona una particolare consistenza statuaria alle sue figure.

Impossibile non ravvisare nel suo linguaggio una accezione coloristica e disegnativa di impostazione davidiana, soprattutto per quanto riguarda i soggetti tratti dalla storia antica.

Il pittore della Restaurazione e di Pio IX

Gli anni Venti dell’Ottocento sono caratterizzati da una sostanziale scelta diretta quasi esclusivamente alla pittura di storia, che comporta anche la sua elezione ad Accademico d’Onore a San Luca. Mentre negli anni Trenta, il pittore si occupa soprattutto di soggetti sacri eseguiti non soltanto per chiese romane, ma anche di aerea marchigiana e umbra.

Molto attivo nell’ambiente culturale romano, grazie anche al suo studio a Monti, luogo di incontro ricordato anche da Gioacchino Belli, Giovanni Silvagni si distingue anche per il ruolo ricoperto in Accademia di San Luca, di cui è presidente dal 1844 al 1846.

Proprio in questo anno, con la salita al soglio pontificio di Pio IX, diventa una figura fondamentale per la politica artistica e culturale voluta dal papa. Mentre nei soggetti di storia si nota una forte impostazione classica, dovuta alla cura dei panneggi e alla trattazione perfettamente prospettica degli spazi, le pale d’altare risultano più morbide e dal colorito pacato, meno schietto rispetto a quello usato negli exempla virtutis.

Per testimoniare la grande partecipazione di Giovanni Silvagni alla vita artistica romana, va riportato il suo impegno, insieme a quello di Vincenzo Camuccini (1771-1844) nella creazione della Società degli Amatori e Cultori di Belle Arti di Roma, con sede in Piazza del Popolo, di cui è consigliere.

Negli ultimi anni, nel linguaggio dell’autore, si legge un avvicinamento alle istanze romantiche non solo nella scelta dei soggetti, afferenti ad uno storicismo più sentito e meno accademico ma anche nell’indirizzo cromatico ricco di pathos. Attivo fino agli ultimi tempi, muore nella sua casa di via degli Staderari, nel 1853 a sessantatré anni.

Giovanni Silvagni: la pittura Neoclassica a Roma

Tra le prime opere di Giovanni Silvagni, ancora studente all’Accademia di San Luca, compare La partenza di Coriolano, dipinto che, nel 1817, gli fa ottenere il pensionato Canova. Quest’opera giovanile, insieme all’Edipo cieco esposto a Parma nell’anno successivo, ci rivela l’indirizzo tematico del pittore, che sceglie soggetti di storia greca e romana, che presentano esempi di virtù per la società di inizio Ottocento.

In effetti, l’autore opera proprio a cavallo tra la dominazione napoleonica e la Restaurazione del 1815, dove ancora sono presenti alcuni requisiti come la correttezza del disegno, asciutto e armonioso allo stesso tempo, ma anche postulati di decoro formale che caratterizzano a pieno il suo linguaggio.

Al 1819 risale Scipione riceve doni, mentre al 1821 La sfida di Eteocle e Polinice, ispirata al recente dramma teatrale di Vittorio Alfieri. Creusa dissuade Enea dal tornare in guerra viene esposto nel 1823 per inaugurare l’apertura del suo nuovo studio in via Madonna dei Monti.

Altro soggetti tratti dalla storia antica, particolarmente identificativi della poetica del pittore sono Tonaquilla mostrando il cadavere di Tarquinio Prisco ucciso dai figli di Anco raccomanda i nipoti a Servio Tullio e Cesare che vede la testa di Pompeo.

Tra i soggetti sacri, cui Giovanni Silvagni lavora soprattutto tra la metà degli anni Venti e tutto il decennio successivo, vi sono la Madonna con santi Pietro e Paolo accetta sotto la sua protezione gli allievi dell’ecclesiastica disciplina introdotti da San Carlo Borromeo, per il Seminario Romano, La Beata Marsilia Popelle matrona settempedana, del 1833, per il Duomo di San Severino e S. Romualdo rinfaccia ad Ottone III imperatore i suoi falli del 1838, per la chiesa di Sant’Angelo a Fabriano.

Più legate al gusto romantico sono invece le ultimissime tele degli anni Quaranta e dei primi Cinquanta, tra cui Galileo dinnanzi al Cardinal Bellarmino che lo ammonisce dall’insegnare e difendere la sua teoria e Cristoforo Colombo fatto prigioniero parte da Santo Domingo per la Spagna dove verrà giudicato.

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