Silvio Giulio Rotta

Silvio Giulio Rotta. Morocomio. Tecnica: Olio su tela
Morocomio. Tecnica: Olio su tela

Biografia

Silvio Giulio Rotta (Venezia 1853 – 1913) si avvicina alla pittura grazie al padre Antonio (1828-1903) che gli impartisce i primi rudimenti di disegno. Dal 1842, studia all’Accademia di Belle Arti di Venezia, specializzandosi, sulle orme paterne, nella pittura di genere di gusto piacevole ed aneddotico.

Nel 1873, Silvio Giulio Rotta decide di compiere un soggiorno di studio a Parigi, dove riesce subito ad integrarsi facilmente nel gusto artistico del tempo e dunque ad aggiornarsi a quel tipo di pittura di genere alla moda gradita al mercato internazionale.

Gli anni Settanta e l’inizio degli anni Ottanta, rappresentano quindi per il pittore veneziano una spiccata propensione verso la riproduzione vaporosa e leggera della quotidianità a lui contemporanea, ma si dedica anche a frivole scenette neo settecentesche.

Nel 1878 ottiene anche una medaglia d’oro all’Esposizione di Parigi, ritornando in Italia già circondato da un piccolo gruppo di collezionisti interessati al suo gusto aneddotico e piacevole.

La svolta degli anni Ottanta

Intorno alla metà degli anni Ottanta, si registra nella pittura di Silvio Giulio Rotta un totale cambiamento di vedute: abbandona gradualmente la pittura di genere per dedicarsi a soggetti notevolmente più seri che si inseriscono alla perfezione nel filone di interesse umanitario e di denuncia sociale.

Questo si osserva a partire dalle opere presentate all’Esposizione Internazionale di Budapest e a quella Nazionale di Venezia, entrambe del 1887, in cui Silvio Giulio Rotta esprime al meglio la sua nuova vocazione realista, intimista e profondamente dolente ed introspettiva.

Gli emarginati, gli ultimi, i lavoratori sono i protagonisti di questa svolta tematica e stilistica che peraltro, conduce il pittore ad un grande successo di critica e di pubblico. Nel 1895 è invitato ad esporre alla I Biennale di Venezia, dove ritornerà nel 1899, nel 1905 e nel 1912.

All’inizio del Novecento, nella poetica di Silvio Giulio Rotta si registra anche una sensibile acquisizione del linguaggio secessionista e simbolista, che ben si accorda con gli accenti meditativi e drammatici della sua poetica.

Attivo fino alla fine, il pittore muore improvvisamente a Venezia nel 1913, a sessantanni, lasciando a metà il suo percorso di maturazione artistica tra il crudo verismo e i primi accenni di simbolismo.

Silvio Giulio Rotta: la prima produzione di genere

Come premesso, la prima parte di carriera di Giulio Silvio Rotta è tutta concentrata sull’eredità paterna della pittura di genere. Scenette frivole e piacevoli tratte dalla quotidianità domestica, ma anche riproduzioni di gusto neo settecentesco. Nel 1873, anno in cui si reca a Parigi, esordisce all’Esposizione di Vienna, presentando Una grata sorpresa.

Altri dipinti di genere, Un venditore d’acquavite e Un cenciaiuolo compaiono all’Esposizione di Milano del 1878, mentre In vigna a quella del 1881. Nel frattempo, grazie al dipinto di gusto settecentesco Costumi di Venezia, ottiene la medaglia d’oro all’Esposizione di Parigi del 1878.

La narrazione della realtà quotidiana, osservata con sguardo piacevole e con accenti frivoli e aneddotici si riscontra anche in altre opere dei primi anni Ottanta, come Sulla spiaggia del Lido, In villa e Colpo di vento.

Gioconde e briose scenette veneziane, dunque, costellano tutta la fase giovanile dell’artista, che comunque già dimostra un fantasioso ingegno per ora tutto incanalato in dipinti e scene nate per il diletto del pubblico.

Le strazianti opere dedicate alla questione sociale

Dalla metà degli anni Ottanta, come accennato, il gusto di Silvio Giulio Rotta si orienta verso argomenti completamente diversi, strettamente connessi con la realtà sociale e lavorativa del tempo.

Con il dipinto I forzati, esposto alla Mostra Internazionale di Budapest del 1887, inizia questo percorso di interessamento alla questione umanitaria dell’epoca, ottenendo un immediato ed enorme successo anche alla Nazionale di Venezia dello stesso anno.

Tale indirizzo profondamente verista e drammatico continua alla Biennale di Venezia del 1895, in cui Silvio Giulio Rotta presenta Morocomio, dipinto straziante, realistico, che non lascia spazio a pietismi o sentimentalismi, perché narra la realtà del manicomio con schiettezza e sguardo moderno.

Gli spettri, opera angosciosa presentata Milano nel 1894 e Mura abbandonate, tragica scena comparsa alla Biennale del 1899, già presentano forti riferimenti alla cultura simbolista europea.

Questa commistione di elementi veristi e simbolisti si realizza alla perfezione nella Carità presentata alla Biennale del 1905 e nel suggestivo trittico Nelle tenebre della Biennale del 1912, la sua ultima esposizione prima della morte.

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