Sommario
Biografia
Tano Festa (Roma, 1938 – 1988), interessato alla poesia prima che alla pittura, si iscrive poi all’Istituto d’Arte di via Conte Verde, dove si diploma nel 1957 in fotografia artistica. Per la prima volta, le sue opere di matrice segnica e surrealista vengono esposte presso la Galleria di Sante Monachesi (1910-1991) in via del Babuino.
La Scuola di Piazza del Popolo
Siamo alla fine degli anni Cinquanta: Tano Festa divide il suo studio con Renato Mambor (1936-2014) ed è legato profondamente ad altri artisti coetanei, tra cui Mario Schifano (1934-1998), Franco Angeli (1935-1988), Giosetta Fioroni (1932-) e Jannis Kounellis (1936-2017).
Si tratta di alcuni dei componenti della Scuola di Piazza del Popolo, chiamata così perché gli artisti si riuniscono al Caffè Rosati o alla Galleria La Tartaruga di Plinio De Martiis, tra i loro principali punti di riferimento a Roma nel corso degli anni Sessanta.
Le tendenze surrealiste della produzione giovanile di Tano Festa, in un certo qual modo afferenti anche all’Espressionismo astratto di matrice americana, si rilevano nella sua prima esposizione collettiva presso la Galleria La Salita nel 1959. Vi partecipa insieme a Schifano, Giuseppe Uncini (1929-2008) e Francesco Lo Savio (1935-1963), suo fratello (che ha il cognome del primo marito di sua madre).
Ma già dall’anno successivo e poi per tutto il decennio, l’artista si dedica ai primi monocromi, prediligendo stesure di rosso che compaiono, nel 1960, nella Galleria Il Cancello di Bologna, con presentazione di Emilio Villa e poi alla Salita di Roma con presentazione di Pierre Restany, per la mostra Cinque pittori.
In quest’ultima Galleria, tiene la sua prima personale, curata da Cesare Vivaldi. A questo punto, i monocromi vengono ritmati da inserti di legno e cominciano ad ottenere una forza oggettuale maggiore anche grazie all’uso di vernici industriali, che accomuna parte del suo lavoro a quello di Schifano.
Gli anni Sessanta ed il citazionismo
Sono anni in cui Tano Festa ha bisogno di confrontarsi con i linguaggi internazionali, con la necessità di una connessione più intensa tra sentire quotidiano ed arte. Per questo, inizia ad inserire i primi oggetti nelle sue opere: porte, specchi, armadi, serrande, persiane vengono tolti al loro uso originario, privati dei cardini e della loro natura mobile ed impiegati dall’artista per “contenere” o affacciarsi nei suoi accesi monocromi, come finestre sui suoi cieli azzurri.
A partire dal 1962, inaugura la sua attività espositiva alla Galleria La Tartaruga, dove conosce quello che sarà il suo principale collezionista, Giorgio Franchetti, amico di Plinio De Martiis. Il 1962 e il 1963 sono anni particolarmente intensi: non solo perché nei suoi monocromi compaiono le prime scritte e le prime citazioni di artisti del passato, ma anche perché soggiorna a Parigi.
Dalla capitale francese invia una sua opera a New York, per una mostra alla Galleria Sidney Janis, presentato da Restany, nel contesto New Dada che di lì a poco darà vita alla Pop Art. Ma il 1963 è anche l’anno della morte di suo fratello Francesco Lo Savio che si suicida in un palazzo di Le Corbusier a Marsiglia.
Le mostre e gli ultimi anni
Nel 1964 è invitato da Maurizio Calvesi ad esporre alla Biennale di Venezia, insieme ad Angeli, Schifano e Fioroni. Le citazioni da Michelangelo, Van Eyck, Ingres e di altri autori del passato si susseguono nelle mostre della metà degli anni Sessanta, tra cui quella alla Galleria Notizie di Torino, con presentazione di Marisa Volpi.
Il 1965 è l’anno del tanto desiderato viaggio a New York. Tano Festa cerca di entrare nelle grazie di Leo Castelli, visita i prestigiosi studi di Claes Oldenburg (1929-) e di Roy Lichtenstein (1923-1997), ma fa fatica a farsi notare nel mercato americano. Questo viaggio risulta comunque fondamentale per gli sviluppi successivi degli anni Settanta, quando partecipa alla mostra Vitalità del negativo nell’arte italiana 1969-1970, curata da Bonito Oliva al Palazzo delle Esposizioni.
Negli anni Settanta si susseguono diverse mostre, come quella alla Galleria di Gian Enzo Sperone nel 1976. Continuano le citazioni dall’antico, ma con una maggiore attenzione al frammento e al colore come materia.
L’artista si concentra poi sul richiamo all’Espressionismo di James Ensor (1860-1949) e di Edvard Munch (1863-1944), attraverso un ritorno al figurativo. Partecipa alla Biennale del 1980 e del 1984. Muore a Roma nel 1988, a soli quarantanove anni.
Tano Festa: dai monocromi alla citazione dell’antico
Gli anni della Scuola di Piazza del Popolo vedono Tano Festa come protagonista di una stagione fertilissima dell’arte romana. I suoi monocromi risultano prima del tutto privi di riferimenti alla realtà, come puro grado zero della pittura, alla maniera degli espressionisti astratti.
È con l’inserimento di oggetti del quotidiano, di parole e figure che i suoi monocromi assumono il valore di trompe l’œil moderni, spesso introdotti da finestre aperte, ante di armadi, persiane di legno, in cui le vernici industriali rendono tutti più tangibile ed oggettuale.
La Finestra rossa e nera è esposta nel 1962, nella collettiva La materia a Roma a La Tartaruga. Dello stesso anno sono Finestra n. 1 e Persiana, quest’ultima inviata a New York alla mostra New Realists alla Galleria Sidney Janis.
A partire dal 1963, iniziano a comparire le citazioni di frammenti di opere antiche: da Giovanni Arnolfini del dipinto di Jan Van Eyck, alla La grande odalisca di Ingres e infine ai grandi soggetti michelangioleschi, che più di tutti riempiono le sue griglie di monocromi. Lavora soprattutto sulle fotografie Alinari, rielaborate con l’acrilico o con lo smalto su carta emulsionata, su cui vengono proiettate in precedenza le foto.
Michelangelo “according to Tano festa”
Tra le riproduzioni di Michelangelo vi La Creazione dell’Uomo, nelle due versioni esposte alla Biennale di Venezia del 1964. I pannelli che costituiscono una sorta di parete mobile, creano delle interruzioni ritmate che fanno dilatare lo spazio tra il dito di Adamo e quello di Dio, intervallati da monocromi di cieli solcati dalle tipiche nuvolette stilizzate di Tano Festa.
Un mondo nuovo, che unisce passato e presente, in un cortocircuito citazionista che lavora anche sull’uso di diversi materiali, dall’acrilico alla fotografia. Nell’anno newyorkese, si dedica ad una serie di composizioni di cieli, tra cui Cielo newyorkese e Grande nuvola che poi esporrà al rientro in Italia, alla Galleria La Tartaruga. Vi compaiono anche altri frammenti michelangioleschi, come la testa dell’Aurora della Sagrestia Nuova di San Lorenzo a Firenze.
Verso la fine degli anni Sessanta, Tano Festa ritorna all’atto della creazione figurativa attraverso la citazione espressionista, che porta avanti nei decenni successivi. Queste accompagnano le classiche composizioni in legno con monocromi e campiture di acrilico, ancora una volta, finestre o griglie aperte su cieli.
Da Gian Enzo Sperone tiene una personale dal titolo Storia familiare degli utensili, dove espone anche due citazioni da Las Meniñas di Velásquez. Negli ultimi anni, torna alla pittura ad acrilico, ma la citazione rimane sempre tra le sue caratteristiche principali, questa volta nella predilezione di volti e figure allucinate alla Munch o alla Ensor.
Ultimo ciclo è quello dei Coriandoli, realizzati applicando casualmente coriandoli di carta sulla base ancora fresca di acrilico accesissimo: gesto e colore si riuniscono nell’ultima fase dell’artista.
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