Alfredo Tominz

Alfredo Tominz. Circo Massimo, 1904 (dettaglio). Tecnica: Olio su tela
Circo Massimo, 1904 (dettaglio). Tecnica: Olio su tela

Biografia

Alfredo Tominz (Trieste, 1854 – 1936) figlio di Augusto (1818-1883) e nipote di Giuseppe (1790-1866), si forma inizialmente sotto la guida del  padre.
Attratto dalla pittura di cavalli, si trasferisce ben presto a Monaco di Baviera, per frequentare la scuola privata di Franz (1815-1866) ed Emil Adam (1843-1924). I due artisti tedeschi, tra i massimi esperti del genere, formano Alfredo Tominz facendolo specializzare nei soggetti ippici.

Il pittore, tornato a Trieste appena compiuti i vent’anni, si fa subito conoscere per questa sua particolare caratteristica.
Diviene autore di una serie di scene di genere, di storia o di battaglie in cui i protagonisti sono i cavalli. Il loro movimento dinamico è perfettamente reso attraverso una pennellata sciolta e libera, a tratti ispirata dagli esperimenti fotografici di Eadweard Muybridge (1830-1904).

L’attività di conservatore al Museo Revoltella di Trieste

Nel 1883, alla morte del padre, Alfredo Tominz prende il suo posto come conservatore del Museo Revoltella di Trieste, incarico che ricopre fino al 1926. È un lavoro che lo affascina e lo porta a viaggiare in tutta Europa, attività che interrompe durante la Prima guerra mondiale.

Essendo infatti un convinto irredentista, viene imprigionato in Austria per due anni. Durante questo periodo esegue un folto gruppo di disegni e studi sul moto e sulla cavalcata dei cavalli. Schizzi che lo rendono ancora più famoso tra gli appassionati del genere e che gli procurano una serie di committenze private, anche fuori dal Paese.

Non espone moltissimo in mostre pubbliche, ma si ricordano quella di Torino del 1880, quella di Gorizia del 1887 e quella di Milano dello stesso anno. Espone poi a Praga nel 1890, ottenendo un grande successo e la medaglia d’oro, e a Vienna nel 1902, quando vince quella d’argento.

L’artista, come attività secondaria, si dedica anche al ritratto, copiando soprattutto da fotografie. È poi stato un ottimo cartellonista per la Società Triestina del Trotto. Muore a Trieste nel 1936.

Alfredo Tominz, pittore di cavalli

Si conoscono alcuni schizzi di un giovanissimo Alfredo Tominz, raffiguranti cavalli. Una passione dunque innata quella dell’artista verso questo genere di rappresentazione.
Dopo la formazione presso la scuola degli Adam a Monaco, inizia produrre una serie di opere sapientemente modulate sul movimento ippico. Si tratta di due opere di storia, Triga romana del 1873 e Amazzone, esposto a Trieste nel 1877.

L’impetuoso e sincero realismo con cui vengono ritratti i cavalli in movimento denuncia una serie di espedienti che riportano il tratto cromatico di Alfredo Tominz all’Impressionismo.

Questa sua vocazione per tale genere pittorico lo rende unico e richiestissimo dai collezionisti privati. Nelle sue dinamiche e violente composizioni vedono una forza mimetica particolarissima, che sembra riportare su tela l’atto stesso del cavallo al galoppo.

Al 1894 risale La battaglia di Aquileia, che lo fa conoscere al pubblico non solo come pittore animalista, ma anche come abile pittore di storia.
In questo dipinto, il tratto appare disinvolto e aperto. Il colore sintetico accompagna il dinamismo della scena di battaglia, in cui gli Unni a cavallo infliggono una pesante sconfitta ai romani ad Aquileia.

Imposta il suo lavoro studiando anche il dinamismo dei movimenti progressivi degli animali negli studi fotografici di Muybridge. Ma Alfredo Tominz è un pittore e le composizioni a griglia del fotografo si trasformano in meravigliosi e “liquidi” dipinti in cui il moto è un tutt’uno con l’atmosfera. A partire dagli anni Novanta, Tominz si specializza soprattutto in tematiche storiche della Roma antica.

Impeto e movimento

Trighe, corse dei cavalli, battaglie sono le protagoniste di queste particolari scene. L’esempio più grande di questo filone è La corsa delle bighe al Circo Massimo, esposto a Praga nel 1890 e con cui Alfredo Tominz riceve la medaglia d’oro. Viene poi acquistato dal collezionista Filippo Artelli e riprodotto innumerevoli volte in riviste dell’epoca.

La tela, luminosissima e dal particolare andamento orizzontale, sembra quasi una pellicola cinematografica. La polvere alzata dall’incedere veloce dei cavalli che tirano le bighe crea un’atmosfera di confusione e vertigine. Frutto di una serie di studi preparatori, l’opera appare perfettamente equilibrata pur nel suo impetuoso turbinio.

L’artista ha saputo rendere perfettamente il senso della curva che i cavalli stanno affrontando, inquadrando da dietro quelli che fuggono in lontananza sulla sinistra.
Dell’autore si ricordano poi Biga romana, Mercato di cavalli, Cavalli al pascolo, Carrettone ungherese, Ritorno dalla corse di Montebello.

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