Tullio D’Albisola

Tullio d’Albisola. Ceramica Policentrica, 1929. Brocca in Ceramica
Ceramica Policentrica, 1929. Brocca in Ceramica

Biografia

Tullio d’Albisola (Albisola Superiore, 1899 – Albissola Marina, 1971), pseudonimo di Tullio Mazzotti, nasce da una famiglia di ceramisti. Mentre il fratello Torido riesce a frequentare l’Istituto d’arte, Tullio inizia subito a lavorare nella fabbrica paterna di Pozzo Garrita, indirizzata alla produzione di ceramiche artistiche.

Dopo la Prima guerra mondiale, cui partecipa partendo per il fronte con il Genio dei Telegrafisti, Tullio d’Albisola comincia ad occuparsi della parte creativa e progettuale, sempre all’interno dell’azienda del padre Giuseppe.

Nel 1925, la ditta si trasferisce dal piccolo borgo ligure di Pozzo Garrita, ad Albisola Superiore. Proprio in questo stesso anno, alcune opere progettate da Tullio d’Albisola vengono inviate all’Esposizione Internazionale di Arti Decorative di Parigi. I pezzi del giovane artista compaiono al fianco di quelli dei grandi scultori e ceramisti, tra cui Francesco Messina (1900-1995).

Alla fine degli anni Venti, i due fratelli Mazzotti frequentano un corso di ceramica artistica a Faenza, la patria di questo tipo di lavorazione. A questo punto, la loro formazione giunge ad un grado di perfezionamento che consente, soprattutto a Tullio, di portare avanti un preciso progetto artistico nella ditta di Albisola.

Lo “stile Albisola”

Rientrato in Liguria, Tullio d’Albisola riesce ad unire una sapiente tradizione artigianale al gusto déco, che porta l’azienda ad un successo ancora maggiore di quello degli anni precedenti. Ma la vera svolta avviene quando l’artista entra in contatto con il Futurismo: prima conosce Nino Strada (1904-1968), ceramista come lui e facente parte del Gruppo Nuove Tendenze a Milano.

In seguito, però, crea il legame più importante con i componenti del Gruppo Futurista di Torino, stringendo rapporti d’amicizia e di collaborazione con Nicolaj Diulgheroff (1901-1982), con Pippo Oriani (1909-1972), Mino Rosso (1904-1963) e Fillia (1904-1936).

Fillia in particolare, viene accolto nell’azienda di Albisola, per cui realizza diversi disegni e progetti di impianto futurista, da applicare agli oggetti e agli elementi d’arredo in ceramica. A questo punto, anche Tullio d’Albisola acquisisce un linguaggio vivace ed esplosivo, che si riscontra nelle ceramiche coeve, realizzate secondo il nuovo “Stile Albisola”, impregnato di un Futurismo colorato e dinamico.

Filippo Tommaso Marinetti, in occasione dell’incontro con l’artista, lo rinomina “Tullio d’Albisola” e da questo momento in poi abbandonerà il nome Tullio Mazzotti.

Tra il 1929 e il 1931, partecipa ad una serie di mostre futuriste, tra cui quella di Aeropittura e Scenografia alla Galleria Pesaro di Milano, del 1931. Ma tra le principali rassegne in cui sono presenti gli oggetti di Tullio d’Albisola, emerge la Biennale di arti decorative di Monza, cui prende parte per numerose edizioni.

La Casa Mazzotti

Il 1932 è l’anno a cui risale uno dei progetti più stimolanti dell’artista ligure. In collaborazione con l’amico Diulgheroff, progetta la sua casa-laboratorio vicino Savona, conosciuta come “Casa Mazzotti”. Si tratta di una casa interamente futurista, l’unica sopravvissuta intatta fino ad oggi.

Gli arredi conservati all’interno ospitano l’archivio dell’artista, ma anche le ceramiche che ancora oggi, mantenendo il legame con lo stile futurista di Tullio d’Albisola, vengono prodotte dagli eredi.

Sulla rivista Stile futurista, di Prampolini e di Fillia esce, nel 1934, l’articolo Dalle «Tre Grazie» neoclassiche alle aeroceramiche futuriste, in cui il ceramista descrive l’intento della sua arte. È proprio in questi anni che nascono le sperimentazioni in latta ed alluminio, in collaborazioni con Bruno Munari (1907-1998).

Intanto, continua a lavorare ai suoi progetti innovativi e a partecipare alle mostre d’arte decorativa nazionali ed internazionali, sempre con grande successo. Nel 1938 scrive e firma insieme a Marinetti il Manifesto futurista Ceramica e aeroceramica. Con lo scoppio della guerra, la produzione della sua azienda cala notevolmente.

Ma nel dopoguerra, l’attività di Tullio d’Albisola e della ditta di ceramiche si intensifica e gode delle collaborazioni dei più grandi artisti del momento, tra cui Lucio Fontana (1899-1968), Giuseppe Capogrossi (1900-1972) e Aligi Sassu (1912-2000).

Negli anni Sessanta lavora incessantemente nella sua azienda, ma si dedica anche alla critica e all’editoria. Muore ad Albissola Marina, nel 1971, a settantadue anni, ancora nel pieno dell’attività.

Tullio d’Albisola: la ceramica futurista

Dopo la fase dèco, le opere in ceramica di Tullio d’Albisola mostrano un futurismo vivace e dai colori accesi, che le rende uniche nel loro genere. Nel 1929, prende parte alla Mostra dei Trentatré artisti futuristi alla Galleria Pesaro di Milano, in cui presenta una Ceramica policentrica, i Servizi fiorantipasto con vaso-proiettile, bomboniere elettriche, copperotiche, servizi da fumatori, Piatti futuristi, Servizi da tè futuristi e Servizi futuristi da caffelatte ed infine una serie di eccentrici e colorati Arcivasi, Biboccali, Bivasi.

Si tratta di opere innovative e giocose che non perdono il loro carattere funzionale, ma acquistano un valore prevalentemente estetico, come avviene per i pezzi presentati nel 1930 alla Mostra Futurista di Sant’Elia e pittori.

Vi espone Esaltazione plastica dell’arch. Sant’Elia, Sfinge dell’avvenire, Venere anticlassica, Composizione e Ritratto di quindicenne. Due Aeroceramiche, invece, compaiono alla Mostra Futurista di Aeropittura e Scenografia tenutasi nel 1931, di nuovo alla Galleria Pesaro.

L’estrosa e singolare fantasia creativa di Tullio d’Albisola si riscontra non solo nelle opere in ceramica, strettamente legate alla tradizione di famiglia, ma anche in particolari libri di latta, come L’anguria lirica, realizzata con litografie insieme a Munari, con la presentazione di Marinetti.

Dal punto di vista decorativo, il poliedrico e sperimentatore artista, partecipa alla Triennale di Milano del 1936 con un grande pannello in ceramica che presenta l’allegoria delle Forze fasciste, eseguita insieme a Nino Strada, con cui realizza anche il Fregio delle decorazioni presentato all’Internazionale di Parigi del 1937. Infine, nel 1942, in occasione dell’E 42 espone il grande pannello in ceramica Strada d’oro.

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