Umberto Baglioni

Umberto Baglioni. Adolescente. Scultura in gesso
Adolescente. Scultura in gesso

Biografia

Umberto Baglioni (Scalea, 1893 – Torino, 1965) si trasferisce dalla Calabria Torino nel 1917, a ventiquattro anni, per completare la sua formazione scultorea all’Accademia Albertina. Qui, studia al seguito di Edoardo Rubino (1871-1954).

Le prime espressioni del giovane scultore si inseriscono nelle ultime tendenze liberty ereditate dal maestro. Gli esordi sono quindi caratterizzati dalla gestione di superfici vibranti e molto sensibili agli effetti di luce.

Il successo a Torino negli anni del Ventennio

A partire dall’inizio degli anni Venti, Umberto Baglioni entra pienamente nel clima del ritorno all’ordine, lavorando a figure che esprimono un quieto equilibrio e una solennità che rimanda a tratti alla scultura primitivista, a tratti ad un verismo dalle linee classiche e serene.

Nel corso degli anni Trenta, periodo più fecondo della produzione dell’artista calabrese, partecipa alle Mostre Sindacali, ma anche a diverse edizioni della Biennale di Venezia e alla Quadriennale di Roma, riscuotendo un notevole successo di critica.

Le superfici e i volumi di Umberto Baglioni esprimono a pieno quella moderna classicità della scultura diffusa dal gruppo Novecento. Ma allo stesso tempo, l’arcaismo di alcune composizioni fa di lui un artista apprezzato per la capacità innata di conferire alle figure un senso di ascetica spiritualità o intensa concentrazione, che si tratti di soggetti sacri, atletici, tratti dalla realtà quotidiana o che siano essi piccoli busti o ritratti.

Dopo aver lavorato per alcuni anni come insegnante all’Accademia di Belle Arti di Venezia, prende il posto del suo maestro Edoardo Rubino all’Accademia Albertina di Torino, dove occupa la cattedra di scultura per diverso tempo.

Pur continuando a lavorare fino agli anni Cinquanta, il culmine della sensibilità artistica di Umberto Baglioni si riscontra negli anni del Ventennio, quindi fino alla Quadriennale di Roma del 1943. Muore a Torino nel 1965, a settantadue anni.

Umberto Baglioni: la scultura del Ventennio, tra arcaismo e moderna classicità

Il tributo all’antico è una cifra caratteristica di Umberto Baglioni. Esso si riscontra non solo nella riproposizione di una solennità puramente classica e latina, ma nella rielaborazione di stilemi arcaici che spesso rendono le sue sculture vibranti e ricche di vigorosa sensibilità interiore.

Dopo aver aperto il suo studio a Torino nel 1920, si fa avvolgere completamente dal clima di ritorno all’ordine, assimilando la sua ricerca a quella di altri artisti come Italo Griselli (1880-1958) o Arturo Martini (1889-1947), che avviano un trattamento monumentale ed arcaizzante delle fisionomie, in una dimensione quasi archetipica.

Ciò si verifica in alcune sculture di Umberto Baglioni, mentre in altre sembra osservare una più serena e tradizionale classicità. Nel 1924 espone La sposa dell’eroe e Nostalgia alla Promotrice di Genova, mentre alla Sindacale torinese del 1929 si presenta con la suggestiva e primigenia allegoria dell’Eternità e con una Testa in gesso.

Il Giovane ginnasta compare invece, con le sue linee sicure, alla Sindacale torinese dell’anno seguente, mentre nel 1931, vi espone Ginetto, Adolescente e Signorina e nel 1932 La fidanzata. Nello stesso anno, espone per la prima volta alla Biennale di Venezia, presentando Mio figlio e Nuda.

Le opere in bronzo

Il suo linguaggio dalla tendenza arcaizzante si fa ancora più esplicito nelle opere in bronzo esposte alla Sindacale fiorentina del 1933, La bella addormentata e Ritratto. Un intenso ed esotico verismo, tutto concentrato sulla propaganda coloniale del regime, si legge nella Selvaggia in gesso patinato presentata alla Sindacale di Torino del 1935, insieme a Mio figlio e Il conte di Torino.

Tra le ultime mostre che concludono il periodo di più ispirata produzione di Umberto Baglioni vi è la Quadriennale di Roma del 1943, in cui espone una Leda senza il cigno in bronzo, un Angelo musicante in terracotta e Nuda al sole in pietra.

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