Vincenzo Cabianca

Vincenzo Cabianca - Le figlie del pastore, 1869. Acquarello su carta, 40,8 x 54,8 cm. Firma e data in basso a sinistra
Le figlie del pastore, 1869. Tecnica: Acquarello su carta

Biografia

Vincenzo Cabianca (Verona, 1827 – Roma, 1902) è pittore di paesaggio e rappresentante dei Macchiaioli. Si forma prima all’Accademia di Verona, poi a quella di Venezia, ma nel 1848, dopo aver appoggiato i moti rivoluzionari, è costretto a rifugiarsi a Bologna.
Nel 1849 partecipa alla sua difesa e per questo viene incarcerato. Dopo la sua liberazione e la fine della guerra può tornare a Verona, dopo un breve soggiorno a Milano.

A Firenze avviene la vera svolta: entra in contatto con il Caffè Michelangelo e diventa uno dei rappresentanti della pittura di macchia. Non rimarrà però sempre legato a questo linguaggio. Soggiorna a Parma dal ’63 al ’70, anno in cui si stabilisce a Roma, anche se spesso torna a Firenze dai suoi amici artisti.

Nella Capitale Vincenzo Cabianca si avvicina alla poetica Simbolista che cominciava ad acquisire importanza nella metà degli anni Ottanta. Dagli anni Novanta viene colpito da una paralisi che gli impedisce di dedicarsi alla pittura fino alla morte sopraggiunta nel 1902.

I primi disegni e vedute

Non è ancora ben chiara la sua formazione artistica, probabilmente frequenta in giovane età l’Accademia di Belle Arti di Verona dove segue le lezioni del pittore purista Giovanni Battista Caliari (1802-1850).

In questo periodo Vincenzo Cabianca riempie di disegni e vedute diversi taccuini da cui traspare la formazione accademica e una spiccata passione per la raffigurazione grafica dell’architettura medievale, sicuramente retaggio del ritorno al passato dei puristi e dei nazareni.

Nel 1846 si trasferisce a Venezia dove frequenta l’Accademia. Qui comincia a delinearsi la sua passione per la pittura di paesaggio, inizialmente seguendo l’esempio dei vedutisti veneziani del Settecento.

Studi all’aperto attorno Firenze

Quando soggiorna a Milano all’inizio degli anni Cinquanta molto probabilmente entra in contatto con le opere dei fratelli Domenico (1815 – 1878) e Girolamo Induno (1825-1890).
Nel 1853 si trasferisce a Firenze e conosce subito Telemaco Signorini (1835-1901) e Odoardo Borrani (1833-1905) che lo introducono all’ambiente artistico del Caffè Michelangelo.

I tre cominciano ad esercitarsi con studi all’aperto dei paesaggi della campagna attorno Firenze. Pongono attenzione principalmente al problema della luce naturale e del suo effetto sulla variazione cromatica. I risultati di queste esperienze e scambi tra artisti verranno esposti alla Promotrice del 1859.

Vincenzo Cabianca risente ancora di alcuni modelli della formazione veneta e ci metterà più tempo rispetto agli altri ad adottare un linguaggio sciolto e aderente al vero attraverso la macchia.

Le escursioni con Banti

Continua a studiare e approfondire gli effetti della luce del sole su figure ed elementi della natura, recandosi insieme a Cristiano Banti (1824-1904) a Montemurlo e Piantavigne per delle vere e proprie escursioni pittoriche della campagna.

Appartiene a queste riflessioni Avanzi della chiesa di San Pietro a Portovenere da cui emerge il forte chiaroscuro e la netta intenzione di indagare il comportamento della luce che proviene dall’alto e colpisce i muri e gli archi di una piccola piazza, tanto che le figure si riparano all’ombra o coprendosi con un cappello nel momento del riposo pomeridiano.

Opere di Vincenzo Cabianca

Verismo e simbolismo

Alla Promotrice del 1861 Vincenzo Cabianca presenta tanto le opere Macchiaiole che mettono in mostra le sue ricerche di carattere coloristico e luministico come Le monachine, quanto opere che rispecchiano la sua prima formazione di storia, come I novellieri fiorentini del secolo XIV che sembra riflettere il verismo storico di Domenico Morelli (1826-1901). Nel 1863 si trasferisce a Parma e vi rimane fino al 1870.

Qui mantiene sempre in contatto con gli amici fiorentini, ma dai dipinti di questo periodo emerge un ritorno alle tematiche di carattere romantico. Alla fine della parentesi parmense, si trasferisce a Roma dove entra in contatto con Nino Costa (1826-  1903).

Comincia a riavvicinarsi alla pittura di paesaggio rendendola carica di qual sentimento simbolico tipico della poetica di Costa e del nascente Golden Club. Rimane comunque sempre fedele alla ricerca luministica che lo aveva caratterizzato negli anni fiorentini, raggiungendo risultati di grande effetto e livello.

A questo proposito, non è un caso che Vincenzo Cabianca tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli Ottanta ricominci a frequentare gli amici fiorentini recandosi con loro a dipingere all’aperto a Castiglioncello, nella tenuta di Diego Martelli.

A metà degli anni Ottanta però si separa definitivamente dal linguaggio macchiaiolo per avvicinarsi sempre di più a quello simbolista e intimo, stringendo amicizia con Enrico Coleman ( 1846-1911) e Mario De Maria (1852-1924) ed entrando a far parte nel 1886 di In Arte Libertas.
Inoltre con loro, nel 1886, è tra gli artisti illustratori dell’Isaotta Guttadauro di Gabriele D’Annunzio, ricettacolo dei primi rappresentanti del Simbolismo italiano.

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