Vincenzo Franceschini

Vincenzo Franceschini - La Baia di Vietri - Tecnica: Olio su Carta Applicata su Cartone, 24 x 31 cm.
La Baia di Vietri. Tecnica: Olio su Carta Applicata su Cartone

Biografia

Vincenzo Franceschini (Casandrino, 1812 – 1884),come scrive Lord Francis Napier in Pittura napoletana dell’Ottocento, è figlio di un facoltoso magistrato che gli lascia una ricca eredità. Lo indirizza verso studi di giurisprudenza per fargli seguire le sue orme.

Franceschini però si dimostra ben presto incline allo studio della pittura, così abbandona la strada tracciata per lui dal padre per avventurarsi nel mondo dell’arte.

Intorno alla metà degli anni Trenta inizia a frequentare la Scuola di Paesaggio del Reale Istituto di Belle Arti di Napoli. Studia sotto la guida di Antoon Sminck van Pitloo (1790-1837), figurando così tra i rappresentanti della Scuola di Posillipo.

Purtroppo il contatto con il maestro olandese è molto breve, poiché Pitloo nel 1837 muore per l’epidemia di colera che si era diffusa a Napoli. A questo punto Vincenzo Franceschini decide di seguire i corsi di Filippo Marsigli (1790-1867) i cui insegnamenti si riveleranno molto importanti per il disegno di figura.

Negli anni Quaranta comincia a specializzarsi nella pittura di paesaggio. Approfondisce questo genere nel corso di un viaggio in diverse città italiane tra cui Roma. Qui sosta per diversi mesi tra il 1844 e il 1845.

Salvatore Di Giacomo, grande amante della pittura di Vincenzo Franceschini, ci riferisce che negli ultimi anni l’artista subisce diversi problemi nervosi. Addirittura si accenna ad una vena di follia, ma nonostante questo non smette mai di dipingere. Muore a Napoli nel 1884.

La Scuola di Posillipo

Dopo aver frequentato, anche se per breve tempo, le lezioni di Pitloo, Vincenzo Franceschini si indirizza verso un linguaggio pittorico che sarà sempre influenzato dall’impronta posillipista.

Le prime esposizioni a cui partecipa nel 1845 evidenziano l’acquisizione delle novità introdotte dal maestro olandese. Tra queste, le impressioni atmosferiche colte rapidamente dal vero, la natura e le variazioni di luce, la comunione intensa con il paesaggio.

Nel 1848 presenta diversi studi di alberi e una Campagna romana con ruderi di architettura grazie alla quale vince la medaglia d’oro. Il dipinto dimostra come Vincenzo Franceschini rimanga fedele alla tradizione luministica del maestro e alla pratica anti-accademica di dipingere dal vero.

L’influenza di Smargiassi

Nonostante la forte influenza pitloiana non si possono non evidenziare alcuni tratti comuni con Gabriele Smargiassi (1798-1882). Essi emergono soprattutto nel riferimento a modelli più tradizionali e classici del paesaggio hackertiano, come si può notare dal Paesaggio con ponte del 1855.

Da alcune composizioni che ritraggono le rovine pompeiane di cui ci parla Napier, si rilevano solidi richiami alla pittura di Smargiassi. Basta far caso alla creazione di diversi piani paralleli nella costruzione prospettica della veduta.

I paesaggi istoriati

Anche nell’introduzione  di scene di matrice storico religiosa all’interno dei paesaggi, si può trovare la vicinanza al pittore abruzzese. Leone di Bisanzio guidato dalla maga Melissa, presentato alla Biennale borbonica del 1855 e l’Ariosto, presentato all’Esposizione di Firenze del 1861 sono paesaggi naturalistici istoriati.
Anche il dipinto religioso Cristo tentato nel deserto del 1859 è legato alla stessa formula dei precedenti.

Questo gruppo di opere ottiene un grande successo, nonostante siano gli anni della malattia mentale dell’autore. Sono quasi tutti conservati presso il Museo di San Martino di Napoli. Si tratta di una decina di dipinti ricordati anche da Di Giacomo, Il temporale, La solfatara, Le bagnanti, Il biancospino, Paesaggio con armenti e Sorrento.

Quest’ultimo dipinto è conservato nella Pinacoteca Comunale Bindi di Giulianova dove sono confluite gran parte delle opere appartenenti alla collezione di Gonsalvo Carelli (1818-1900). Quest’ultimo, un altro rappresentante della Scuola di Posillipo, la cui figlia ha sposato all’inizio del Novecento il giurista giuliese Bindi.

Ebbene, il mecenate di Carelli il banchiere Meuricoffre aveva acquistato un bellissimo dipinto di Vincenzo Franceschini – forse Sorrento – poi entrato nella collezione di Carelli. Quindi inserito in quella comunale di Giulianova in Abruzzo.

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