Vito D’Anna

Vito D’Anna. Dettaglio del Trionfo delle Virtù. Tecnica: Affresco, Villa Resuttana
Dettaglio del Trionfo delle Virtù. Tecnica: Affresco, Villa Resuttana

Biografia

Vito D’Anna (Palermo, 1718 – 1769) entra nella bottega del pittore classicista di Acireale Pietro Paolo Vasta (1697-1760) nel 1736. Le prime opere del giovane artista risalgono proprio agli anni Trenta, momento in cui si dimostra ancora affine al linguaggio provinciale del maestro, legato comunque al classicismo romano di Carlo Maratta (1625-1713).

Dopo questa prima esperienza ad Acireale, di cui rimangono alcune tracce anche nel Duomo della città, Vito D’Anna ritorna a Palermo nel 1744. Entra in contatto con il pittore catanese Olivo Sozzi (1690-1765) di cui sposa la figlia e che lo incoraggia a compiere un viaggio di studio a Roma, proprio come aveva già fatto lui alla fine degli anni Venti, quando si era legato a Corrado Giaquinto (1703-1765).

L’esperienza romana

Nella metà degli anni Quaranta, si trasferisce nella capitale dello Stato Pontificio, dove, come suo suocero Sozzi, subito nella bottega di Giaquinto, acquisendone ben presto la propensione per uno spiccato pittoricismo e per un colorismo lieve.

Nella Roma degli anni Quaranta, l’artista palermitano si fa interprete di quel barocchetto equilibrato e luminoso, in cui si predilige un cromatismo leggero e sciolto, che si ritrova sia nei soggetti religiosi che in quelli profani.

Una grazia ariosa, studiata e appresa da Sebastiano Conca (1680-1764) accompagna le imprese che Vito D’Anna esegue a Roma, al fianco del maestro Giaquinto, che lo accoglie sotto la sua ala tra gli allievi prediletti.

Il rientro a Palermo e l’immediato successo presso l’aristocrazia locale

Rientrato a Palermo nel 1751, il pittore riesce a inserirsi, con un successo immediato, nelle grazie dell’aristocrazia locale, soprattutto grazie al fatto che suo suocero decide di spostarsi a Catania. Dagli anni Cinquanta e fino alla sua morte, infatti, è il principale artefice della diffusione del rococò a Palermo, declinato naturalmente seguendo le esigenze dei committenti locali.

La grazia e la leggiadria del cromatismo di Conca, così come la maniera pittorica luminosa e cangiante di Giaquinto giocano un ruolo fondamentale nella formazione di Vito D’Anna che, però, sviluppa uno stile più soave e meno erudito.

A questo punto si moltiplicano gli incarichi in area palermitana, di cui abbiamo ancora oggi testimonianza visibile nelle decorazioni di alcuni palazzi e chiese. Ogni aristocratico non poteva non avere una decorazione di D’Anna nella sua dimora, così come si evince da Palazzo Isnello, Palazzo Pietratagliata e Villa Resuttana.

Intorno agli anni Sessanta, comincia ad avere problemi di salute dovuti alla contrazione della tubercolosi. Continua comunque a lavorare e ad eseguire soprattutto opere sacre per diverse chiese siciliane.

Nel 1763 viene nominato Accademico di San Luca e nel 1765 Cavaliere dello Speron d’Oro. Muore a Palermo nel 1769, a soli cinquantuno anni, lasciano in eredità a suo figlio Alessandro D’Anna (1747-1810) le sorti della decorazione rococò di ambito siculo.

Vito D’Anna: la diffusione degli stilemi rococò in Sicilia

Tra le prime opere di Vito D’Anna compaiono quelle seguite negli anni Trenta, durante il suo apprendistato ad Acireale, tra cui il Ritratto del prevosto Gambino per il Duomo della città o la Natività per la Chiesa di Santa Maria della Neve.

Tra i primi affreschi realizzati a Palermo nel decennio successivo, invece, spicca quello in Sant’Anna della Misericordia con l’Ascensione di Cristo, che risente ancora dell’influenza del classicismo marattesco ereditato dal maestro Vasta.

L’esperienza romana stabilisce un cambiamento definitivo nella poetica di Vito D’Anna. La scioltezza cromatica, la leggerezza compositiva e gli effetti di luce che apprende nel contesto della Roma del cardinale Ottoboni, si riflettono al suo rientro a Palermo nel 1751, quando diventa il più sensibile interprete del rococò siciliano.

La prima opera di cui si occupa è L’apoteosi di San Domenico per la Chiesa di Santa Caterina. Già si nota come la rarefazione di Conca e Giaquinto si trasforma, in Sicilia, in una dimensione maggiormente tangibile e naturalistica, più adeguata alle esigenze della concreta aristocrazia locale.

Questa versione del rococò viene diffusa in brevissimo tempo da Vito D’Anna, che, all’inizio degli anni Cinquanta si dedica subito all’esecuzione dell’Allegoria di virtù nel Palazzo Benenati Ventimiglia, per poi occuparsi della decorazione sacra di San Francesco di Paolo, dell’Oratorio degli Angelini e di San Matteo, in cui emerge il primo vero e proprio esempio dello stile del pittore, nella grandiosa decorazione con le Anime liberate dal Purgatorio.

Pittore amatissimo dalla nobiltà palermitana, viene chiamato a decorare numerosi palazzi e chiese. Sono da ricordare il Palazzo Isnello con L’apoteosi di Palermo, il Palazzo Pietratagliata con L’Allegoria delle virtù politiche e il salone da ballo di Villa Resuttana con la Gloria dei Principi e la Sconfitta dei Vizi.

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