Eugenio Zampighi

Eugenio Zampighi. Una nota Felice. Tecnica: Olio su Tela. Firma in basso a destra
Una nota Felice. Tecnica: Olio su Tela. Firma in basso a destra

Biografia

Eugenio Zampighi (Modena, 1859 – Maranello, 1944) si forma sotto la guida di Antonio Simonazzi all’Accademia di Belle Arti di Modena. Come compagni di corso ha, tra gli altri, Giovanni Muzzioli (1854-1894) e Gaetano Bellei (1857-1922).

Esordisce come pittore di storia, ma, in occasione del completamento dei suoi studi a Roma e a Firenze, sviluppa il suo linguaggio attraverso una serie di ulteriori suggestioni. A Roma Eugenio Zampighi entra in contatto con quella pittura di matrice orientalista o di ricostruzione storica che proveniva dalle tracce lasciate dal pittore catalano Mariano Fortuny (1838-1874).
Per questo, abbandona gradualmente la pittura di storia per sperimentare scene di ambientazione esotica o antichizzante, non prive di artifici e forzature.

Pittura di interni rustici

Con il trasferimento a Firenze, giunge finalmente alla pittura che gli è più congeniale, quella di genere. Indubbiamente influenzato dall’emiliano Gaetano Chierici (1838-1920) comincia a praticare una pittura di interni rustici e umili che fanno da sfondo a leggere scenette di genere.

Questo tipo di produzione pittorica restituisce a Eugenio Zampighi un grande successo di pubblico che lo fa inserire facilmente nel mercato internazionale. Sceglie infatti di partecipare a pochissime esposizioni ufficiali, perché impegnato nelle committenze dei suoi collezionisti.

Diverse sue opere sono sparse in collezioni inglesi, americane, australiane, mentre un numero limitato è conservato nei Musei Civici di Modena.
Eugenio Zampighi affianca l’attività pittorica a quella di insegnante all’Accademia di Modena per molti anni. Muore a Maranello, vicino la sua città natale, nel 1944.

Gli esordi: tra soggetti storici e orientalisti

Nel 1880, ancora studente dell’Accademia, vince il concorso Poletti con un dipinto di storia. Si tratta di Un gladiatore reziario ferito nell’Anfiteatro Flavio, oggi conservato presso la Galleria Poletti di Modena.

Continuando gli studi a Roma, invia a Modena diversi saggi di pensionato che riflettono esattamente le suggestione pittoriche ricevute nella Capitale.
Profondamente attratto dalle scene esotiche e di ricostruzione storica tipiche della pittura di moda nel mercato internazionale, Eugenio Zampighi si cimenta in alcune prove di questo genere.

Invia a Modena Scena araba, nel 1882 e Fabiola che sviene alla notizia della morte del padre, nell’anno seguente. Al 1888 invece, risale l’ultimo dipinto di questo filone, Scena orientale. Ore di caldo, presentato all’Esposizione Nazionale di Belle Arti di Bologna.

Eugenio Zampighi. La pittura di genere

Trasferitosi a Firenze, sulla scia di Gaetano Chierici, si addentra completamente nella pittura di genere. Come lui, si fa interprete di racconti di facile lettura in interni rustici riccamente particolareggiati.
I soggetti più frequentati sono allegre feste al ritmo di fisarmoniche suonate dall’anziano della famiglia, il gioco dei ragazzi o i primi passi dei bambini, scene della quotidianità contadina condivise con gli animali domestici.

Scenette familiari e aneddotiche in umili interni

La resa luministica e del dettaglio è tutta legata alla pittura di genere seicentesca e ne sono testimonianza La novella della nonna del 1892, Scena familiare, Una nota felice, Giocando con il bambino,  Giocando con le galline, Siate amici e Care di mamma.

La produzione di scene di genere è vastissima e anche molto fortunata. Nonne che raccontano storie ai nipoti, piccole ma piacevoli scene di svago in interni domestici semplici e scarni attraggono infatti numerosi acquirenti.

Incursioni nella pittura di macchia

Alle scenette di genere di grande successo, Eugenio Zampighi affianca una produzione più studiata e intima. Si tratta di una serie di opere che subiscono chiaramente l’influenza della pittura macchiaiola conosciuta a Firenze.

La luminosità e il cromatismo di alcune tele sono resi con attenzione particolare in tele come Madre col bambino, Sentiero nel verde e Sabato del villaggio (di Giacomo Leopardi), esposto nel 1901 all’Istituto d’Arte di Modena.

Fino ad ora, seppure il colorismo risulta legato a quello macchiaiolo, i temi rimangono quelli di sempre. È nel dipinto La morte del bambino, in due versioni, che Eugenio Zampighi sperimenta non solo lo stile verista, ma anche l’argomento duro e drammatico. Così avviene anche nel bellissimo e intenso Ritratto della madre.

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