Antonio Cifrondi

Antonio Cifrondi. Mugnaio, 1725 (dettaglio). Tecnica: Olio su tela
Mugnaio, 1725 (dettaglio). Tecnica: Olio su tela

Biografia

Antonio Cifrondi (Clusone, 1656 – Brescia, 1730) nasce nella provincia bresciana da un’umile famiglia. Si sa poco della sua prima formazione, molto probabilmente è apprendista nella bottega del pittore locale cavalier Del Negro, su cui si hanno scarse informazioni.

Grazie ad una borsa di studio messa a disposizione dalla propria cittadina di nascita e istituita per i giovani pittori privi di possibilità economiche, Antonio Cifrondi riesce a trasferirsi a Bologna, verso la fine degli anni Sessanta.

La formazione

A Bologna, è allievo di Marcantonio Franceschini (1648-1729) un pittore fortemente legato al classicismo di Guido Reni (1575-1642). Poco si scorge del maestro nelle prime opere del pittore di Clusone, che dopo l’esperienza bolognese è attestato a Roma, a Torino e poi in Francia, tra Grenoble e Parigi.

Anche sul soggiorno francese ci sono vaghe e inesatte fonti che si riferiscono ad una protezione del duca di Harcourt e ad un avvicinamento, questa volta riscontrabile nelle sue tele, ad artisti di genere come i fratelli Le Nain.

Rientrato a Clusone negli anni Ottanta, Antonio Cifrondi lavora tra Brescia e Bergamo per gran parte della sua vita, occupandosi di pale d’altare per le chiese locali, ma anche di scene di genere ispirate ad un naturalismo a metà tra la scuola bolognese e quella napoletana di Luca Giordano (1634-1705).

Una ricca produzione

Nel corso della sua carriera, il pittore realizza una cospicua quantità di opere, tra pale d’altare, affreschi, ritratti e scene di genere, affermandosi come uno degli artisti più richiesti della sua epoca, in area bresciana e bergamasca.

Contemporaneo di Fra’ Galgario (1655-1743), che opera soprattutto tra Milano e Venezia, e precedente a Giacomo Ceruti (1698-1767), Antonio Cifrondi è interprete di un linguaggio del tutto personale, che si identifica con una pittura diluita e dai toni soavi, evidentemente derivante da Andrea Celesti (1637-1712) e che riesce a coniugare la lezione di Luca Giordano con una sensazione tipicamente provinciale.

Se per certi versi la sua produzione può apparire leggermente ripetitiva, esistono, al suo interno, dei guizzi di genio che risiedono in alcune scene di genere e in alcuni ritratti che lo rendono tutt’altro che ordinario.

La particolarità della sua tecnica sta nella quasi totale assenza di disegni preparatori e nella incredibile rapidità di esecuzione, che comprende una grande attenzione alla resa della luce, elemento fondamentale delle sue composizioni sacre, ma anche dei ritratti e delle scenette di genere dal forte indirizzo naturalistico.

Questi ultimi risalgono agli anni Dieci del Settecento e rappresentano la sua parte di produzione più originale, dopo un graduale allontanamento dalla pittura monumentale e sacra, cui ritorna solo negli ultimi anni, dopo il trasferimento a Brescia, dove muore nel 1730, a settantaquattro anni.

Antonio Cifrondi: una pittura “liquida”, tra pale d’altare, ritratti e scene di genere

Le prime opere certe pervenuteci di Antonio Cifrondi sono state realizzate nella parrocchiale di Clusone e risalgono agli anni Ottanta del Settecento. Si tratta degli affreschi della volta con l’Incoronazione della Vergine, il Giudizio Universale e Gli angeli, accompagnate dalle pale d’altare con la Madonna che appare a sAntonio e il Battesimo di Gesù.

Già da queste prime esperienze si nota la formazione bolognese del pittore, ma anche il passaggio in Francia e l’osservazione delle opere dei fratelli Le Nain, con la trattazione silenziosa e sospesa dei personaggi, che verrà poi ripresa anche da Giacomo Ceruti.

Ma un altro elemento preponderante della poetica del pittore di Clusone è l’approccio luministico e cromatico derivato dallo studio di Luca Giordano e del suo contributo lasciato a Bergamo, il grande telero con il Passaggio del Mar Rosso, eseguito dal pittore napoletano nel 1681, per la Basilica di Santa Maria Maggiore.

La rapidità esecutiva e il cromatismo diafano e diluito fino quasi a fare emergere la trama della tela, caratterizzano gran parte delle opere di Antonio Cifrondi della fine del Seicento e dell’inizio del secolo successivo, come San Leone che ferma Attila, per la Parrocchiale di Cenate San leone, vicino Bergamo, e il Martirio di sant’Alessandro, pala eseguita per la Chiesa di Sant’Alessandro della Croce a Bergamo, in cui le figure dalle pose animate e veloci si uniscono alle ampie pennellate chiare.

Nei primi anni del Settecento, è impegnato nella decorazione del Convento di Santo Spirito a Bergamo, con le numerose tele ancora in loco, tra cui quelle dedicate ai quattro evangelisti, ma anche La Pietà e il Mosè, che manifestano la predilezione per sfondi scuri da cui emergono figure naturalisticamente intese.

Ritratti e scene di genere

Lo stesso avviene nei ritratti e nelle scene di genere: soggetti quotidiani, umili e popolari iniziano a comparire nella produzione del pittore, che inserisce una vena silenziosa ed introspettiva nei personaggi rappresentati.

Tutto ciò ben si nota da alcune opere conservate nella Pinacoteca Tosio Martinengo di Brescia, come Il Mugnaio e La cucitrice, La vecchia appoggiata al bastone, Il Vecchio che sdipana un gomitolo, Il vecchio sotto la neve, eseguiti con pochi colori e una stesura parsimoniosa, che quasi sfiora l’intento monocromatico, nello sfondo scuro e nell’uso del beige e dei bianchi.

Nel filone ritrattistico compaiono alcune tele di grande valore esecutivo, che lo mettono in rapporto diretto con la coeva produzione di Fra’ Galgario (che è però protagonista di una rese più sicura e di un impasto cromatico più pieno). Ne sono esempio il delicato Ritratto di donna anziana con libro da messa, il Ritratto del Conte Camillo Agliardi e del Conte Bonifacio Agliardi, i Ritratti di popolani e il suo Autoritratto, in collezione privata.

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