Francesco Trevisani

Francesco Trevisani. Danae. Tecnica: Olio su tela
Danae. Tecnica: Olio su tela

Biografia

Francesco Trevisani (Capodistria, 1656 – Roma, 1746), figlio di un architetto, viene avviato all’arte proprio da suo padre, che lo fa trasferire a Venezia per completare la sua formazione, prima nella bottega di Antonio Zanchi (1631-1722), e poi in quella di Joseph Heintz (1600-1678).

Il primo, erede del linguaggio di Luca Giordano (1634-1705), lo introduce alla pratica chiaroscurale, mentre il secondo, tedesco, alla fantasia estrosa dei capricci e all’esecuzione di piccole e bizzarre figure che richiamano Hieronymus Bosch (1453-1516).

Una brillante carriera a Roma

Negli anni Ottanta del Settecento, Francesco Trevisani si trasferisce a Roma, dove rimane per tutta la vita. La sua carriera si svolge sotto la protezione e il mecenatismo del Cardinale Ottoboni, pronipote di papa Alessandro VIII, il più grande committente della Roma del primo Settecento.

Attorno a lui, infatti, si raggruppa l’Accademia dell’Arcadia dopo la morte di Cristina di Svezia e si raccolgono tutti i più importanti architetti, tra cui Filippo Juvarra (1678-1736) e i maggiori artisti, come Francesco Trevisani, che può essere considerato il campione di quella pittura classicista, dai toni tenui e delicati, prediletta dal Cardinale.

Prima di entrare al servizio di Ottoboni, appena giunto a Roma, l’artista istriano lavora per il cardinale Flavio Chigi, suo principale committente fino agli inizi degli anni Novanta. In questo periodo, esegue numerose tele di genere o a tema sacro per i possedimenti dei Chigi nel Senese.

Alla fine degli anni Ottanta si data la prima pala d’altare romana di Francesco Trevisani, ancora oggi visibile in Sant’Andrea delle Fratte. Il vero e proprio successo giunge, però, con i lavori nella cappella della Crocifissione in San Silvestro in Capite.

Al servizio del Cardinale Ottoboni

Nel 1697 entra nell’Accademia di San Luca e dall’anno successivo, si stabilisce in Palazzo della Cancelleria, per entrare finalmente a servizio del Cardinale Pietro Ottoboni. Dopo aver iniziato con l’esecuzione di alcuni ritratti di Ottoboni stesso e di alcuni membri della sua cerchia, come il musicista Arcangelo Corelli, diviene il suo pittore ufficiale, prestigioso rappresentate di quella eleganza e soavità formale tipica del Rococò arcadico.

Per lungo tempo, Francesco Trevisani è il protagonista indiscusso della committenza del Cardinale: in questo modo riesce a primeggiare in ambito romano ed arcadico, portando avanti un’idea di pittura nata da Carlo Maratta (1625-1731) e declinata attraverso la predilezione di composizioni semplici, di un cromatismo leggero e di un equilibrio compositivo che risponde alla purezza e alla disciplina classicista dell’Arcadia.

L’artista vi entra a far parte nel 1712 con il nome di Sanzio Echeiano. Non sole tematiche sacre, ma anche raffinate scene mitologiche, sono alla base della produzione del pittore, in cui esibisce una maniera pittorica ariosa, un sentimentalismo pietistico e un cromatismo luminoso ed armonioso.

Un successo duraturor

Con il passare degli anni, Francesco Trevisani entra in contatto anche con la committenza europea: per collezionisti tedeschi o inglesi esegue soprattutto ritratti che mostrano una qualità coloristica di altissimo livello, soprattutto nella resa delle stoffe e degli abbigliamenti.

Nel frattempo, rimane attivissimo nella decorazione di chiese e residenze private a Roma, anche su commissione del papa Clemente XI che lo incarica della decorazione della Cappella del Battistero in San Pietro, lavoro che lo tiene impegnato per oltre trent’anni, fino al 1745.

La compostezza e la solennità monumentale delle figure continua a caratterizzare anche le opere mature, contraddistinte, però, da un maggior affollamento della scena e dal contrasto chiaroscurale che richiama i lavori giovanili. Negli anni Quaranta, abbandona Palazzo della Cancelleria e si trasferisce in una dimora di sua proprietà ai piedi del Gianicolo. Muore a Roma nel 1746, a novant’anni.

Francesco Trevisani: il Rococò arcadico a Roma, tra equilibrio compositivo e cromatismo soave

Giunto molto giovane a Roma, Francesco Trevisani esegue le prime opere per Flavio Chigi, tra cui il Sant’Antonio che predica ai pesci del 1687, per la chiesa di Francesco a San Quirico d’Orcia. L’opera presenta alcuni tratti peculiari che la avvicinano subito al classicismo carraccesco, soprattutto nella stesura naturalistica del paesaggio.

La prima pala d’altare romana è il Sant’Andrea messo in croce per l’abside di Sant’Andrea delle Fratte, sempre su commissione del cardinale Chigi, opera che lo rende noto all’ambiente romano e che fa da trampolino di lancio per gli incarichi successivi, tra cui la serie di tele eseguite per San Silvestro in Capite, dove lavora anche insieme a Giuseppe Bartolomeo Chiari (1654-1727): la Crocifissione con i santi Maddalena e Giovanni, la Flagellazione di Cristo, il Cristo deriso, l’Andata al Calvario e l’Agonia nell’orto dei Getsemani.

Entrato al servizio di Ottoboni negli anni Novanta, esegue per lui un primo Ritratto oggi conservato al Bowes Museum di Bernard Castle. Tra le opere sacre che realizza all’inizio del Settecento, si annoverano la Strage degli innocenti e il Riposo durante la fuga in Egitto di Dresda, ma anche e soprattutto il Banchetto di Antonio e Cleopatra per la Galleria Spada a Roma, del 1710 circa.

L’equilibrio compositivo, la chiarezza e la luminosità cromatica, l’armonia disegnativa rifuggono l’affollamento e l’eccessivo trionfalismo del Barocco, per puntare maggiormente su una grazia ariosa e su un preziosismo delle forme che si riscontrano anche nella decorazione a tema mitologico dei soffitti di Palazzo De Carolis.

Cappella del Battistero in Vaticano

Nel frattempo, inizia il cantiere nella Cappella del Battistero in Vaticano, su committenza del papa, insieme alla realizzazione dei Profeti in San Giovanni in Laterano, due tra i lavori più prestigiosi e significativi della carriera di Francesco Trevisani.

Leggerezza esecutiva, colorito tenue, intonazione teatrale e elegante equilibrio accompagnano la produzione del pittore fino agli anni Trenta e Quaranta, quando le figure si fanno sempre più monumentali e delicate, come si nota dal San Francesco in estasi per Santa Maria in Aracoeli.

A livello europeo, stringe una serie di legami soprattutto con la nobiltà inglese, ad esempio con Lord Melfort, ambasciatore a Roma, che, dopo aver visitato il suo studio, rimane affascinato dall’eleganza nella realizzazione dei ritratti e gli commissiona quello di sua moglie.

Diversi aristocratici e collezionisti soprattutto inglesi, frequentano lo studio di Francesco Trevisani , che sembra anticipare il cosiddetto ritratto del Grand Tour, poi portato avanti da Pompeo Batoni (1708-1787).

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