Angiolo Vannetti

Angiolo Vannetti. La Bella Malinconica (Dettaglio). Tecnica: Scultura in Bronzo
La Bella Malinconica (Dettaglio). Tecnica: Scultura in Bronzo

Biografia

Angiolo Vannetti (Livorno, 1881 – Firenze, 1962) si forma presso l’Accademia di Belle Arti di Firenze al seguito di Augusto Rivalta (1837-1925). La sua produzione si incentra subito sulla realizzazione di piccoli soggetti di genere o animalier, che gli garantiscono un immediato successo di pubblico e di critica.

Angiolo Vannetti, scultore raffinato e viaggiatore instancabile («Vannetti è livornese, per cui è un po’ spiegata la sua mania di giramondo» scriverà di lui Plinio Nomellini). Effettua continui spostamenti tra Europa, America, Africa ed Asia, soprattutto per cercare suggestioni sempre nuove e variegate per le sue opere orientaliste e animaliste.

Uno scultore viaggiatore

Ben presto, diviene quindi uno scultore apprezzato e richiesto in tutto il mondo, dall’America latina, al Giappone, dove si reca nel 1927 per realizzare una serie di ritratti per la Corte Imperiale, che lo ospita per un breve periodo. Impegnato poi nell’esecuzione di statue monumentali a Shanghai e a Tripoli, nel corso degli anni venti e Trenta raggiunge l’apice del successo.

A fianco alle opere monumentali, Angiolo Vannetti sprigiona la sua abilità compositiva e narrativa nella produzione di piccoli gruppi in bronzo di raffinato gusto contemporaneo, ricercati oggetti destinati a divenire ornamento e arredo.

Si tratta delle sculture animalier dedicate a specie esotiche come gazzelle, scimmie, tigri o foche che l’artista presenta nel corso degli anni alle esposizioni italiane ed estere, tra cui le Sindacali di Roma, Firenze, Milano e Napoli.

Il successo nel mondo

Con gesto deciso e delicato allo stesso tempo, lo scultore livornese riesce ad imprigionare nel bronzo la verità di uno sguardo o di una posa dei moltissimi personaggi che incontra durante i suoi viaggi per il mondo.

La sapienza estetica nel rappresentare un contadino cinese, un sacerdote giapponese o una donna africana suscita ammirazione e delizia nei contemporanei, soprattutto perché questa attitudine artistica e immaginifica di Angiolo Vannetti è accompagnata da un carattere gentile e disponibile.

Continua a lavorare con dedizione fino alla fine degli anni Cinquanta. Il 1955 lo vede a Panama, di cui nel 1947 viene nominato console onorario, per l’inaugurazione della sua statua dedicata al presidente americano Roosvelt, poi distrutta. Scultore appassionato, passa i suoi ultimi anni nello studio di Firenze, dove muore nel 1962, ad ottantuno anni.

Angiolo Vannetti: tra soggetti esotici ed animalier, uno scultore in viaggio

Angiolo Vannetti, dopo aver frequentato l’Accademia di Belle Arti di Firenze, comincia ad esporre nel 1911, ma il primo successo giunge dalla Mostra di Milano del 1913, in cui presenta Addio del guerriero.

L’anno successivo espone al Salon di Parigi, data che segna l’inizio della sua carriera internazionale, che prende subito il volo grazie alla sua innata capacità di sintesi che si coniuga contemporaneamente con un sapore descrittivo ed immaginifico di grande impatto.

Nel 1925 vince il concorso per la realizzazione della statua del presidente Zavas all’Avana e da questo momento in poi, inizia lo stretto legame che Angiolo Vannetti instaura con l’America centrale, dove tornerà nel corso degli anni.

All’anno successivo risale il viaggio a Shanghai, dove si reca per eseguire i bassorilievi per la sede del North China Daily News, mentre nel 1927 è ospitato nella corte Imperiale giapponese perché chiamato a comporre alcuni ritratti.

Durante questi viaggi, lo scultore livornese colleziona una serie di impressioni e suggestioni che riporta nelle sue sorprendenti sculture in bronzo, sia per quanto riguarda il mondo degli animali esotici, sia per quanto riguarda i diversi tipi orientalisti che incontra durante i suoi viaggi.

La raffinatezza compositiva

A Milano, nel 1928 espone dodici opere alla mostra del Gruppo Labronico, tra cui Lotta di tigri, Lupi, Scimmia con l’anatra, Amore d’altri tempi, Macaco, Centauri e La partenza.

A Firenze, nel 1930, riporta le diverse opere realizzate nel soggiorno cinese e giapponese, Signore cinese di Malacca, Dama cinese di Malacca e La madre, ricche di un’intensa trattazione psicologica accompagnata da un sincero verismo, denotato da vena poetica.

Nel 1934, sempre a Firenze, Angiolo Vannetti presenta Vicolo a Tripoli, Annamita, Bue e Scimmia. Di nuovo a Milano nel 1932 espone una serie di sculture, ricordi del soggiorno cinese, di grande raffinatezza esecutiva, in cui i volumi pieni si compensano con la descrizione minuziosa dei costumi e dei volti. Si tratta di La bella malinconica, Maternità, Il bonzo – messo di Dio e Venditore annamita.

Negli anni Trenta, si reca a Tripoli per l’erezione di diverse sue statue, come La fontana della gazzella, contraddistinta dall’eleganza della posa, e i rilievi della statua dedicata a Garibaldi. Nudo africano compare alla Mostra milanese del XXXV anni del 1938, mentre il suggestivo Cieco viene esposto alla Sindacale di Firenze del 1941.

Tra le opere conservate alla Galleria d’Arte Moderna di Firenze emergono Auriga disgraziato realizzato nella sua fase giovanile, e soprattutto, Ritratto di principe giapponese e Ritratto di principessa giapponese.

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