Antonio Canova

Antonio Canova. Perseo con la testa di Medusa (dettaglio). Scultura in Marmo. Roma, Musei Vaticani
Perseo con la testa di Medusa (dettaglio). Scultura in Marmo. Roma, Musei Vaticani

Biografia

Antonio Canova (Possagno, 1757 – Venezia, 1822) nasce da una famiglia di scalpellini, in un’area del Veneto ricca di cave di pietra. Quando il piccolo Antonio Canova ha soli quattro anni, suo padre muore e la mamma si risposa con Francesco Sartori. Il bambino viene affidato alle cure del nonno Pasino, con cui cresce e da cui apprende i primi rudimenti del mestiere di scalpellino.

La formazione a Venezia

Ben presto il nonno, notate le doti del nipote, lo pone sotto la protezione del senatore Giovanni Falier. Questi, ben intenzionato a non rendere vane le attitudini del ragazzo, diventa il suo mentore e lo conduce nello studio dello scultore veneziano Giuseppe Bernardi detto Torretti (1694-1774).

Torretti permette a Canova di conoscere l’arte della scultura e di indirizzarlo verso quella che sarà una splendida carriera. Contemporaneamente, Antonio Canova trae disegni da dai calchi in gesso di sculture classiche raccolte nel Palazzo di Filippo Farsetti sul Canal Grande.

Proprio per il mecenate Farsetti, Canova realizzerà le sue prime opere, giovanissimo. Tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio dei Settanta a Venezia, lo scultore vive in pieno il passaggio dal Rococò al Neoclassicismo.

Le prime opere sono alcuni cestini di frutta in marmo realizzati per Giovanni Falier nel 1772. Già in queste prime prove si nota l’adesione del giovane non più al mondo della decorazione frivola tiepolesca, ma al classicismo arcadico rievocato dall’epoca dei Lumi.

Il passaggio dal Rococò al Neoclassicismo

Antonio Canova può essere considerato il rappresentante del Neoclassicismo italiano. Non più la sprezzatura tiepolesca a caratterizzarlo, ma valori di equilibrio e serenità, seppur trattati con una viva capacità di esecuzione, sensibilissima alla realtà.

Anche se la prima opera monumentale risulta ancora legata ad elementi Rococò, in seguito, quando a vent’anni apre il suo studio veneziano, è già riconosciuto come il più grande esponente del ritorno al classico. Nel 1779, ospitato a Palazzo Venezia da un ambasciatore veneto, Antonio Canova giunge a Roma.

Roma

Qui vive con entusiasmo il clima di ritorno all’antico inaugurato dalle teorie e dagli scritti di Winckelmann e Mengs. Tuttavia, si rifiuta di copiare esclusivamente dall’antico. È fautore della libera creatività dell’artista, che deve trarre ispirazione certamente dall’antico, ma non come mera copia, ma come linfa vitale che deve scorrere nel sangue dello scultore.

Avere sott’occhio la natura è un elemento necessario, come lo studio delle sculture classiche. Studio e non copia, perché Antonio Canova ama capire prima di «rubare qua e là dei pezzi antichi e raccozzarli». Così si interessa della cultura classica, legge Omero, Virgilio ed Ovidio, e fonde realismo e classicismo in una sola soluzione geniale.

Sono mesi di ricerca e studio: visita gli scavi di Pompei e Paestum, ma anche Napoli e Caserta. Si confronta con il Barocco e con il tardo Barocco campano e nel 1780 torna per un breve periodo in Veneto per occuparsi di alcune committenze.

Ma Antonio Canova decide definitivamente di trasferirsi a Roma, pur rimanendo sempre legato alla sua Possagno e a Venezia. Ottiene una pensione triennale grazie all’intervento dell’ambasciatore veneto Zulian. Lavora con un’intensità e una dedizione assolute, finalmente può dedicarsi solo alla scultura e alla sua formazione letteraria. Riceve moltissimi incarichi prestigiosi, ormai è considerato verso i trent’anni lo scultore più importante d’Europa.

Quando nel 1797 Venezia cade nelle mani di Napoleone, ha posizioni simili a Foscolo, suo amico, ma non mancherà di avere rapporti artistici con i Bonaparte, anzi per Maria Cristina d’Austria realizzerà uno dei monumenti funebri più emozionanti di sempre.

Gli ultimi vent’anni

Diventa Accademico di San Luca e nel 1802 ispettore alle Antichità e alla Belle Arti del Vaticano. Nel 1810 si reca a Firenze e poi a Parigi, chiamato da Napoleone, ma rifiuta le cariche politiche che gli vuole assegnare. Nel 1815, dopo la restaurazione, si reca a Parigi per cercare di riportare più opere possibile in Italia. Promuove l’apertura della Pinacoteca Vaticana, è chiamato a Londra per esaminare i marmi del Partenone.

Nel 1816 è nominato marchese d’Ischia e continua a lavorare alacremente, ricevendo commissioni persino dall’America. Le sfrenate condizioni di lavoro a cui si costringe lo portano a sacrificare la sua vita personale e la sua salute. Sempre più debilitato, continua a lavorare, ma nel 1822, dopo aver fatto testamento, muore a Venezia.

Antonio Canova: il Neoclassicismo tra antico e verità

Nel 1773, adolescente, Antonio Canova realizza la sua prima scultura monumentale. I Falier gli commissionano infatti una statua per i loro giardini. Orfeo e Euridice oggi al Museo Correr, esposti alla Fiera di Sensa del 1776, fanno ottenere al giovane Canova il primo momento di successo. Il gruppo presenta ancora elementi tardobarocchi nell’utilizzo di un movimentato chiaroscuro e nella tragicità delle espressioni.

Al 1779 appartiene il gruppo Dedalo e Icaro. È proprio per questa scultura che Antonio Canova mette in atto per la prima volta il suo famoso modus operandi. Disegna schizzi, crea un modello in creta e poi in gesso a grandezza finale. Su di esso lo scultore impianta numerosi chiodi che fissano le proporzioni da riportare sulla scultura in marmo.

Questa viene levigata e lavorata fino a risultare epidermica, vera. Giunto a Roma, Antonio Canova perfeziona ancor di più la sua idea di scultura. Né pedissequa copia del classico né pura fantasia, ma una via intermedia tra studio dell’antico e ricerca della verità.

Nel 1780 realizza in Veneto una statua per il Marchese Poleni a Padova e rientrato a Roma nel 1783 viene incaricato di realizzare il Monumento Sepolcrale di Clemente XIV per i Santi Apostoli.

Scultura imponente e solenne, suscita l’ammirazione della critica. Poi per San Pietro esegue il Monumento Sepolcrale di Clemente XIII che tra allegorie e uno spiccato naturalismo lo rende ancora più apprezzato. È anche il momento dell’Amore e Psiche del Louvre, del 1893, mitologia trasformata in marmo vivo.

Tra il Monumento a Tiziano e quello di Pio VI in preghiera

Antonio Canova nel 1790 accetta di realizzare il Monumento a Tiziano per la Chiesa dei Frari a Venezia. Il motivo della piramide e della processione che si avvia al suo interno viene poi ripreso nel Monumento a Maria Cristina d’Austria per Vienna.

Complessa scultura, di sublime ingegno, presenta una serie di allegorie a tutto tondo tra cui la Beneficenza e la Virtù. La porta, in ombra segna il passaggio dal mondo all’al di là, in una dimensione simbolica e allo stesso tempo tangibile senza precedenti.

Poi di seguito, le struggenti e bellissime sculture di Ercole e Lica, poi Paolina Borghese, massima espressione del legame con i Bonaparte. Le Grazie, la Venere italica e l’Ebe. Infine, la costruzione del Tempio Canoviano a Possagno rappresenta l’ultima volontà artistica di Antonio Canova.
Prima di morire lavora con entusiasmo e moltissimi sforzi al suo ultimo capolavoro, il Pio IV in preghiera per San Pietro.

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