Cesare Maggi

Cesare Maggi. Il Pastore, 1912. Tecnica: Olio su tela
Il Pastore, 1912. Tecnica: Olio su tela

Quotazioni Cesare Maggi

Apprezzato per i dipinti ad olio dedicati alla montagna e stimabili in media tra i 4.000 e gli 8.000 euro. Superiori ai 10.000 euro le stime per i dipinti del periodo divisionista databili ante 1914. Bozzetti e dipinti di piccolo formato sono quotati tra i 500 e i 1.500 euro.

Il mercato è in prevalenza piemontese, lombardo e ligure ed apprezza sia la produzione di paesaggi che di marine, di ritratti e di nature morte. Il periodo che va da 1920 al 1930 rivela un’adesione al movimento Novecento mentre nel periodo dal 1930 al 1940 Maggi raggiunge una maggiore sintesi formale, di fatto meno apprezzata sul mercato. 

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Biografia

Cesare Maggi (Roma, 1881 – Torino, 1962) nasce da una famiglia di attori teatrali, che segue nei vari spostamenti in tutta Italia. Studia infatti tra i licei di Firenze e Lucca, periodo in cui inizia ad interessarsi alla pittura. È a Firenze, infatti, che Maggi inizia a compiere un apprendistato presso Vittorio Matteo Corcos (1859-1933).

Una lunga formazione tra Italia e Francia

Dopo l’apprendistato presso il pittore livornese, il giovane decide, sfidando la volontà della famiglia, di trasferirsi a Napoli per frequentare lo studio di Gaetano Esposito (1858-1911). Da lui apprende la tendenza all’uso di un forte contrasto chiaroscurale e di un cromatismo tormentato. I primi anni di Cesare Maggi sono quindi caratterizzati dalla fedeltà al vero e dallo studio del Seicento napoletano.

Tutto ciò, unito alla lezione elegante e mondana di Corcos, porta il giovane pittore ad esordire a Firenze nel 1898. Dopo questa prima tappa fondamentale, Maggi parte per un soggiorno di studio a Parigi, dove frequenta lo studio di Fernand Cormon (1845-1924). Questi lo introduce alla pittura di storia e a quella celebrativa, ma anche al ritratto e alluso di una tavolozza seducente ed accattivante.

Dopo sei mesi, torna in Italia, ormai completamente concentrato sulla carriera pittorica. A Milano, nel 1899, visita la mostra commemorativa dedicata a Giovanni Segantini (1858-1899), scomparso da poco.

Profondamente colpito dal linguaggio segantiniano, parte quasi immediatamente per l’Engadina, desideroso di studiare la tecnica divisionista nelle zone che negli ultimi anni avevano tanto ispirato Segantini. Vi rimane per quattro mesi, momento in cui Cesare Maggi si dedica completamente alla ricerca della divisione del colore, usando questa tecnica almeno fino al 1914.

Il contratto con la Galleria Grubicy

Dopo il soggiorno in Engadina, l’artista, che vive tra Milano e Torino, firma un contratto di vendita con la Galleria di Alberto Grubicy, fratello di Vittore Grubicy de Dragon (1851-1920). Legato da questo accordo fino al 1913, il pittore realizza quadri divisionisti dalle forti suggestioni simboliste, come si nota dalla personale tenutasi nel 1903 a Milano.

È proprio all’inizio del Novecento che inizia l’intensa attività espositiva di del pittore romano presso le più importanti rassegne italiane: la Promotrice torinese, la Biennale di Venezia, la Fiorentina Primaverile e poi le Sindacali fasciste negli anni Trenta.

Il 1904 lo vede trasferirsi a La Thuile, tra le imponenti montagne della Val d’Aosta. Continua a dipingere moltissimo per Grubicy e allo stesso tempo ottiene un vasto successo alle esposizioni, con i suoi dipinti dedicati alla montagna. Dagli anni Dieci inizia anche a lavorare come ritrattista e a diminuire piano piano l’attenzione verso la pennellata divisionista.

Il contratto con il gallerista Sianesi

Abbandonerà definitivamente il Divisionismo nel primo dopoguerra, quando, attratto dal linguaggio del ritorno all’ordine, si fa promotore di un paesaggio naturalista semplice e tradizionale. Approfondisce un cromatismo libero e piano, anche nel ritratto e nei quadri di figura, dove risulta chiaro lo studio delle masse e dei chiaroscuri.

Il pubblico e la critica, alle esposizioni sono sempre più attratti dalle opere di Cesare Maggi, che dipinge ininterrottamente. Addirittura, nel 1923, firma un altro contratto di vendita con il mercante milanese Sianesi, per far si che potesse sempre far conto sui dipinti del pittore, amatissimi dalla sua clientela e dai collezionisti.

Negli anni del ritorno all’ordine sono molte le opere che Maggi dedica ai concerti campestri e a tematiche che richiamano l’arte del Cinquecento e del Seicento italiani. Nel 1936 ottiene la cattedra di pittura all’Accademia Albertina di Torino, dove insegna fino al 1951. Espone fino agli anni Quaranta del Novecento, mantenendo il successo iniziale. Muore a Torino nel 1962.

Cesare Maggi: la fase divisionista

Esordisce alla Promotrice di Firenze del 1898 con due dipinti ispirati sia alla lezione di Corcos che a quella di Esposito. A quest’ultimo si rifà il dipinto di genere Almeno c’è il fuoco!, mentre al primo, il dipinto di matrice letteraria Occasioni di novembre mesti, ispirata ad una poesia di Carducci.

Dopo il soggiorno francese espone, nel 1899, sempre a Firenze, Ritratto e Tempus distruendi. È proprio in questo momento che Cesare Maggi inizia a mettere in pratica la tecnica divisionista, ritirandosi in Engadina. L’ispirazione è sempre la pittura maestosa e ricca di declinazioni simboliche di Segantini.

Il primo grande successo

Nel 1905 partecipa per la prima volta alla Biennale di Venezia presentando la tela divisionista Mattino di festa, ambientata sulle montagne innevate. Nello stesso anno presenta alla Promotrice torinese La slitta che definisce il primo grande successo del pittore.
Trasferitosi da poco a La Thuile, Cesare Maggi dedica tutte le sue forze allo studio della montagna, trasferito poi nelle tele ricche di suggestioni.

Melanconia del sole compare alla Mostra milanese per il traforo del Sempione del 1906, La prima neve e L’ultimo fieno alla Biennale di Venezia del 1907 e Agonia dell’autunno e Trionfo dell’autunno a quella del 1910. L’inverno a La Thuile, poi, gli procura la medaglia d’oro all’Esposizione di Monaco del 1909.

Nel 1911 compare Ultimo pascolo all’Esposizione Internazionale di Roma, dipinto in cui Cesare Maggi attenua quella strenua adesione al divisionismo che lo aveva caratterizzato fino a quel momento. La stesura del colore appare più libera da regole, più naturale, iniziando quel processo che sarà compiuto attorno agli anni Venti.

Alla Biennale di Venezia del 1912 tiene una personale con diciotto opere, tra cui anche alcuni ritratti come Nino Oxilia, Conte Alberto di Pessineto e Mia moglie. Questi accompagnano poi i consueti paesaggi montani: L’alba, Sotto la neve, Il pastore, A San Mauro in una sera d’inverno, La sera di Natale a Courmayeur, Le nuvole.

Le tendenze novecentiste

Come premesso, il Divisionismo viene abbandonato da Cesare Maggi a cavallo della prima guerra mondiale. Alla Biennale del 1920 presenta l’ultimo, grande, dipinto divisionista Ma il sole splende.

Alla Fiorentina Primaverile del 1922 risulta definitivamente separato dalla divisione del colore e indirizzato verso una stesura più compatta e ispirata al paesaggio italiano dei maestri rinascimentali, con Abeti sotto la neve.

Nudi di donna

Lo stesso vale per i numerosi nudi di donna che espone in questi anni, ispirati alle forme ei modelli del ritorno all’ordine. A volte il colore sottolinea i volumi, a volte li appiattisce in composizioni quasi grafiche e tonali.

Alla Biennale del 1924 La signora Gilli Cerutti e Il montanaro. Alla Sindacale torinese del 1930 Cesare Maggi espone Giornata di vento in Val Susa, Lungo la ferrovia, Natura morta e Serenità. Negli anni Trenta realizza diverse marine in Liguria, esposte poi nel 1938, sempre a Torino, come Marina a Lerici e Donna sulla spiaggia.

Alla Quadriennale di Roma del 1939 invia Giova in riva al mare e al Premio Bergamo dello stesso anno Il forte di Bard. Partecipa alla sua ultima esposizione a Milano nel 1941, presentando un Paesaggio campestre di matrice quasi giottesca.

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