Mariano Fortuny

Mariano Fortuny. Odalisca | Tecnica: Olio su Tela, 130 x 70 cm
Odalisca. Tecnica: Olio su Tela

Biografia

Mariano Fortuny (Reus, 1838 – Roma, 1874) arriva a Roma per la prima volta nel 1858 come studente vincitore di una borsa di studio. In seguito, vivrà a Roma, ma si sposterà tra Napoli, Firenze, Marocco, Spagna e Francia.

Nel 1866 firma un contratto con il mercante d’arte parigino Adolphe Goupil che revocherà soltanto nel 1874. Proprio in quell’anno si ritira a Posillipo e poco dopo a Roma, dove muore nello stesso anno.

Formazione

La prima formazione avviene nello studio di suo nonno scultore e presso la bottega del pittore Domingo Soberano. Nel 1853, entra nella scuola di Belle Arti di Barcellona, dove è allievo di Claudio Lorenzale.

Cominciando già ad avere delle committenze religiose e ottenendo i primi successi ed elogi da parte del pubblico, Mariano Fortuny vince una borsa di studio per soggiornare due anni a Roma.
Arriva in città nel 1858 e, oltre a visitare i musei e le gallerie insieme ai suoi compagni spagnoli, diventa membro dell’Accademia di Francia e di quella di San Luca. Visita Napoli, dove ammira l’opera di Domenico Morelli (1826-1901) e conosce i paesaggi della Scuola di Posillipo.

Il viaggio in Marocco

Nel 1860, la Deputación barcelonese gli affida l’incarico di raccontare, sotto forma di cronaca per immagini, le grandi vittorie della Spagna ottenute durante la guerra in Marocco, sotto la guida del Generale Prim.

Per questo motivo si reca diverse volte in Africa, per poi ritornare a Roma, perché i dipinti non soddisfano la corte catalana. Per questo Mariano Fortuny si vede costretto a restituire il pagamento. I dipinti, seppur rifiutati, già presentano il tratto caratteristico della poetica dell’artista: una pennellata vibrante e leggera.

Parigi, la pittura alla moda

Poco dopo, Mariano  Fortuny decide di fare un viaggio a Parigi, ammaliato dalla pittura di Horace Vernet. Il soggiorno nella città francese rappresenta per lui una svolta decisiva. Qui entra in contatto con pittori dal gusto esotico e romantico, Eugène Fromentin e Jean Louis Ernest Meissonier. 

Un altro incontro importante è quello con il mercante d’arte parigino Adolphe Goupil, a partire dal 1866. Questo legame gli permette di improntare la sua pittura sul gusto diffuso dalla Maison Goupil, che incontrava le esigenze del collezionismo borghese.

Mariano Fortuny. Le opere

Rientrato in Italia, rimane costantemente in contatto con Barcellona e, nel 1861, viene invitato a tornare in Marocco. Qui elabora nuovi studi della guerra, esposti successivamente a Barcellona con altri dipinti come Odalisca.

L’opera, conservata al Museo Nacional de Arte de Cataluña, rappresenta un’odalisca che giace nuda, sfinita dai fumi e immersa in una variegata quantità di teli e stoffe verdi, rosse e bianche. La figura è ancora definita in una pittura levigata, mentre l’ambiente esotico che la circonda già presenta una pennellata più indefinita e leggiadra.

L’importanza della Scuola di Resina

Nel 1862 è a Firenze e poi a Napoli dove diventa intimo amico di Domenico Morelli. Qui entra in contatto con gli esponenti della Scuola di Resina, con i quali dà vita ad una serie di scambi ed influenze reciproche. L’anno successivo è a Parigi, perché il duca di Riansares lo sceglie per la decorazione della volta del Palazzo di Castiglia a Parigi.

A metà degli anni Sessanta, Mariano Fortuny ritorna per un periodo in Spagna, precisamente a Madrid dove apre il suo studio e dove organizza diverse esposizioni. Realizza, inoltre, La fantasía sobre Fausto, conservata al Museo del Prado.

In quest’opera rappresenta il pianista Juan Bautista Pujol nello studio del pittore Francisco Sans Cabot, mentre suona una Fantasia su Faust, basata sull’opera di Charles Gounod.

Nel frattempo la musica genera una serie di immagini del Faust, nate dalla fantasia di chi ascolta e avvolte da una densa nube di nebbia. Le figure sono realizzate con un tocco vibrante e fantasioso, proprio come l’atmosfera evocata.

La pittura di luce

Nel 1866 Mariano Fortuny firma un contratto con il mercante d’arte Adolphe Goupil. Si dedica al dipinto La vicaría, ottenendo un grande successo in Italia, in Spagna e in Francia. Esso rappresenta la firma di un contratto di matrimonio, nella canonica di una chiesa.

L’artista presta grande attenzione ai dettagli dei costumi, ai colori, alla luminosità degli abiti e degli arredi dorati, all’architettura dell’edificio e agli atteggiamenti dei personaggi, realizzati con la collaborazione di amici e della moglie Cecilia, che hanno posato per lui. Il quadro è stato poi acquistato a Parigi, attraverso Goupil, da Madame Casin, per una considerevole somma di denaro.

Intanto, a Roma, nel suo studio di villa Giulia, Mariano Fortuny realizza altri dipinti dal sapore esotico, dal tocco movimentato e dall’accesa ricchezza cromatica, influenzando una discreta schiera di artisti italiani e soprattutto partenopei.

All’inizio degli anni Settanta, torna in Spagna, per stabilirsi prima a Granada e poi a Siviglia, continuando ad eseguire sempre i dipinti che gli vengono commissionati da Goupil e dai suoi clienti.

Gli anni a Roma

Dopo pochi anni torna a Roma, si stabilisce a Villa Martinori che diventa una sorta di museo delle sue opere e dei reperti archeologici da lui collezionati. Mariano Fortuny è stato infatti anche un avido collezionista, non solo di opere dell’antichità, ma anche dell’arte a lui contemporanea e di stampe giapponesi, in particolare di Hokusai. A Roma, realizza diverse vedute, come Lavanderas en el Tiber.

Nel 1874 Mariano Fortuny revoca il contratto con Goupil a Parigi, dove visita la mostra impressionista e ammira soprattutto l’opera di Renoir. Nello stesso anno fa un viaggio a Londra e poi rientra a Roma, soggiorna brevemente a Posillipo dove lascerà una grande traccia della sua arte eclettica e vibrante, dando vita ad un folto gruppo di pittori napoletani influenzati dal suo tocco e dalla sua tavolozza variopinta, aggiungendo colore al realismo napoletano, austero e sincero.

La grande qualità delle opere di Fortuny, dotate di un’intensa luce, di una piattezza dal sapore orientale e di un tocco quasi impalpabile non è stata sempre riconosciuta, ma in realtà, molti artisti, come Antonio Mancini o Eduardo Dalbono, suoi epigoni, hanno pianto tristemente la sua scomparsa, avvenuta a Roma, proprio nel 1874.

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