Vittorio Bolaffio

Vittorio Bolaffio. Tramonto con Pecore (dettaglio). Tecnica: Olio su tela, 30 x 51 cm
Tramonto con Pecore (dettaglio). Tecnica: Olio su tela

Biografia

Vittorio Bolaffio (Gorizia, 1883 – Trieste, 1931) proveniente da una famiglia di agiate condizioni di religione ebraica, sviluppa ben presto l’attitudine per la pittura. Dopo il liceo, si trasferisce a Firenze per frequentare l’Accademia di Belle Arti, dove studia sotto la guida di Giovanni Fattori (1825-1908).

Il contatto con il verismo di matrice macchiaiola lo introduce ad uno studio approfondito del colore e della luce, sviluppando, nei primi anni, un sereno e sincero naturalismo. Fattori e la pittura macchiaiola rimangono dunque fondamentali nella formazione del giovane Vittorio Bolaffio.

Il periodo parigino e il viaggio in Oriente.

A Firenze, il ragazzo stringe amicizia con Amedeo Modigliani (1884-1920) che ritrova nel suo soggiorno a Parigi del 1910, dopo essere rientrato per un breve periodo a Trieste nel 1909. Nella città francese, Vittorio Bolaffio entra a far parte del vivo fermento artistico e culturale: conosce Henri Matisse (1869-1954) e soprattutto conosce l’opera di Paul Cézanne (1839-1906).

Dopo aver studiato approfonditamente Paul Gauguin (1848-1903), rimane molto colpito dalla sua pittura esotica, per cui decide di compiere un viaggio in Oriente nell’estate del 1912. Visita il Giappone, la Cina, l’India e l’isola di Giava, riportandone numerosi studi, acquarelli e dipinti luminosissimi.

Nel 1914, viene chiamato alle armi, ma intenzionato a non partire per il fronte, preferisce farsi considerare pazzo. Così, viene inviato in un ospedale militare, esperienza che comunque lo segna in modo drammatico.

Un artista tormentato

Rientrato a Trieste nel 1919, comincia a condurre una vita inquieta e tormentata, vissuta soprattutto di notte, insieme agli amici artisti con cui, generosissimo, condivide spesso la rendita economica inviatagli da suo padre.

Borghese colto di estrazione, cerca di allontanarsi dalla sua condizione iniziale per avvicinarsi agli ultimi, agli operai, interessandosi sempre di più alle idee socialiste.

Le sue opere, a cominciare dagli anni Venti vengono esposte, pur se raramente, a Trieste e Gorizia, facendo di Vittorio Bolaffio un pittore senza scuole né generi ben precisi. Artista insolito, come spiega Umberto Saba, suo intimo amico, era «così trascurato e dimesso, che lo si sarebbe scambiato volentieri con un mendicante».

È autore di opere dallo spiccato naturalismo, in cui i personaggi sono trattati con profonda introspezione psicologica e la quotidianità è osservata in maniera personale e schietta, dura, senza abbellimenti di sorta.

Luminosi e sinceri, i dipinti di Vittorio Bolaffio non vengono sempre compresi, e soprattutto la sua produzione, a causa di continui ripensamenti, risulta lenta e travagliata.

Dopo la dichiarata avversione al fascismo nel 1926, e dopo un arresto in seguito ad una protesta, il pittore si chiude in un isolamento quasi alienante, che peggiora con la morte del padre. Si chiude spesso nei caffè del porto di Trieste per ritrarne la quotidianità ed il lavoro.

Alla fine degli anni Venti contrae una forma di tubercolosi, forse dovuta proprio alla sua vita dissoluta e disordinata. La sua pittura si fa sempre più melanconica ed espressionista, incentrata ancora sulla vita lavorativa del porto.

La malattia è curabile, ma Vittorio Bolaffio, invece di prendersi cura di sé, prende una casa malsana in uno dei quartieri più dimessi di Trieste, quasi cercando la morte, che giungerà prestissimo, nel 1931, a soli quarantotto anni.

Vittorio Bolaffio: un espressionismo duro e melanconico

L’artista, formatosi a Firenze, non può far altro che assorbire, almeno inizialmente, tutto quello che gli viene lasciato da Fattori. Una descrizione sapiente della realtà, con i suoi colori e le sue forme, lo caratterizza sin dai primi anni. Venuto poi a contatto con Modigliani, si fa più tormentato ed espressionista, grazie anche al soggiorno parigino.

Il primo quadro che ci è pervenuto è Pariglia di buoi sotto sforzo, un quadro potentemente espressionista. I ritratti dei primi anni del Novecento, invece, risentono molto del linguaggio macchiaiolo, come si nota nel Ritratto di Lina Finzi, datato 1907 o nel Ritratto della madre dello stesso periodo.

Matisse a Parigi diventa fondamentale per Vittorio Bolaffio, soprattutto nella scelta di tinte piatte e di forme sinuose, come si nota in Strada di Gorizia e in Ragazza alla finestra, che sembrano riportare la pittura dell’artista ad un primitivismo di matrice quasi illustrativa.

È un pittore fauve, che medita moltissimo sui suoi dipinti, modificandoli in continuazione, mai soddisfatto del suo lavoro finale. Per questo poche sono le opere della sua produzione, e soprattutto mai comparse ad esposizioni ufficiali italiane.

Le opere orientali

Le opere orientali, come Marina indiana o Strada a Singapore, risentono dell’influsso di Van Gogh e Gauguin, in cui il colore è tormentato, spesso affrontato unendo espressionismo e divisionismo, in un risultato singolarissimo. Ogni dipinto è frutto di mesi di lavoro, di ripensamenti e sofferenze, come scrivono gli amici che spesso si recano nel suo studio disordinatissimo.

Nel 1923 riesce a partecipare alla Mostra d’Arte Goriziana con una serie di opere faticosamente portate a termine, come Scena di cantiere, Stazione di carrozze, Ritratto di Umberto Saba e Osteria, dipinti in cui la fuga prospettica risulta fondamentale, quasi in una reinterpretazione espressionista di Tintoretto, che Vittorio Bolaffio aveva studiato quasi ossessivamente.

Sono della metà degli anni Venti dipinti come Ragazza con cesto e rondini, dipinto originalissimo e luminoso, così come Viandante, opera malinconica e solitaria, ma fatta di un studio attento e sapiente del colore e della luce.

Negli ultimissimi anni, il pittore goriziano lavora all’opera della sua vita, nonostante la malattia stesse avanzando inesorabile. Si tratta del Polittico del porto, realizzato in un lungo tempo di elaborazione, composto da ventiquattro elementi, tra lunette e tavole orizzontali, e mai terminato.

La linea di contorno si fa importante e tormentata, il suo espressionismo sempre più sentito, attraverso contrasti di luce lirici e fortissimi, come si nota da Scena di porto, il Capitano, inserita in un tramonto emozionante e graffiante.

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