Sommario
Biografia
Antonino Leto (Monreale, 1844 – Capri, 1913) è considerato dalla critica una delle maggiori personalità artistiche dell’Ottocento siciliano. Nasce a Monreale nel 1844 e diventa allievo di Luigi Barba (1828-1902) e Luigi Lojacono (1810-1880). Questo solo grazie ad un sussidio del municipio di Monreale che gli permette di trasferirsi a Palermo per studiare pittura.
Nel 1864 si trasferisce a Napoli, città in cui comincia a frequentare lo studio di Filippo Palizzi (1818-1899). Si inserisce anche tra i pittori della Scuola di Resina, legandosi in particolare a Giuseppe De Nittis (1846-1884) che poi rincontrerà a Parigi.
Dopo pochi mesi torna a Palermo per motivi di salute e qui riceve una delle sue prime committenze ufficiali dal senatore Ignazio Florio. Lo incarica infatti di realizzare due vedute dello stabilimento enologico di Marsala.
Il pensionato artistico
All’inizio degli anni Settanta passa un breve periodo a Portici e poi a Roma. Dopo aver ottenuto il pensionato artistico, Antonino Leto si trasferisce prima a Roma e poi a Firenze nel 1875, dove entra in stretto contatto con i Macchiaioli.
Il periodo fiorentino è molto intenso ma relativamente breve, infatti nel 1879 si sposta a Parigi dove inizia a lavorare per la Maison Goupil. In questa città dunque entra ben presto nell’ottica del mercato internazionale.
Costretto a tornare in Italia per motivi di salute, nel 1880 è ospite a Palermo del senatore Florio. Sono gli anni in cui decora un salone della sua villa all’Olivuzza.
L’amata Capri
Nel 1882 Antonino Leto decide di trasferirsi definitivamente a Capri per dare sfogo al suo desiderio di immersione nella natura. Si allontana così finalmente dalla vorticosa e in continua trasformazione società moderna di fine Ottocento.
Trae enorme ispirazione dai contadini dell’isola e si dedica fino agli anni Dieci del Novecento alla pittura, senza interruzioni. Infatti, seppur in esilio “spirituale” a Capri, continua a partecipare alle mostre italiane e europee. Dopo un breve rientro a Monreale nel 1910, muore a Capri tre anni dopo.
Il realismo
Tra Filippo Palizzi e la Scuola di Resina
Gli anni Sessanta, quelli della formazione artistica, sono importantissimi per Antonino Leto. A Napoli si avvicina al realismo di Filippo Palizzi, dettagliato, micro-calligrafico e basato su un attento studio della natura e degli animali.
In un secondo momento lo stile di Antonino Leto si addolcisce e si affina, acquisendo le istanze della Scuola di Resina. Accanto ai suoi rappresentanti smussa la precisione palizziana e adotta il linguaggio più sintetico del primo De Nittis, molto vicino a Marco De Gregorio (1829-1876).
Sono di questi anni opere che appartengono al suo ritorno in Sicilia, ma che evidenziano il passaggio a Napoli. Ne sono un esempio Il ritorno dal pascolo, Una giornata d’inverno in Sicilia e L’anapo.
Nel 1871 riceve la medaglia d’oro all’Esposizione regionale di Siracusa con il disperso La bufera. Qualche anno più tardi – nel 1875 – vince il pensionato artistico nazionale con La raccolta delle olive, opera conservata oggi a Palermo.
Parigi e Goupil
Quando nel 1879 si trasferisce a Parigi per circa un anno, lavora assiduamente per il mercante d’arte Adolphe Goupil. Anche nei tre anni precedenti, a Firenze, aveva creato contatti con la Galleria Pisani. Queste frequentazioni gli permettono di addentrarsi in una pittura dal gusto mondano, delicato, piacevole.
Antonino Leto si dedica ad una serie di vedute di Parigi dall’evidente sapore denittisiano, come Giornata piovosa a Parigi, Lungo la Senna o Vecchia Parigi. Sono di questo periodo anche piccole tavolette che immortalano scene di vita parigina dal gusto vivace e fresco.
In questa fase dunque, risponde soprattutto ai dettami del mercato parigino ed europeo, abbandonando in qualche modo il realismo delle origini. Ben presto però lo ritroverà al suo rientro in Italia.
Tra Palermo e Capri
Il tema del lavoro
Tornato a Palermo, nel 1880 viene ospitato dal senatore Florio nella sua villa all’Olivuzza. In questi anni realizza diversi dipinti che mettono al centro il tema del lavoro in Sicilia. Si serve di un intenso rigore compositivo che ricorda la vicinanza al realismo napoletano.
Ne sono esempi Saline di Trapani ed Il Triduo, apprezzato anche dal re Umberto I e da lui acquistato per la Pinacoteca di Capodimonte. Dovrebbe essere databile a questi anni la grande tela intitolata La pesca del tonno (o La mattanza), commissionata dalla stessa famiglia Florio. Oggi l’opera è conservata nelle collezioni del Banco di Sicilia a Palermo.
Di questo dipinto Antonino Leto esegue diverse versioni. Una prima redazione, più piccola ed esposta alla Promotrice di Napoli del 1884 e dal titolo Mattanza in Sicilia, è conservata a Capodimonte. Ne sono inoltre rintracciabili altre versioni in diverse collezioni private.
La bucolica Capri
Dal 1882 Antonino Leto si trasferisce definitivamente a Capri, luogo che diventa una continua fonte di ispirazione per l’artista. La natura dell’isola ed i suoi abitanti popolano costantemente le opere del suo periodo più maturo.
Le marine di Capri, gli studi dal vero di contadini e pastori nella campagna dell’isola dimostrano l’influenza del naturalismo toscano di ambito macchiaiolo.
Ma è presente anche una chiave fantasiosa nella realizzazione di questi piccoli paesaggi. Ne è una dimostrazione il Bosco di Portici, del 1884. Qui Antonino Leto, oltre a mettere in evidenza i riferimenti alla Scuola di Resina, richiama anche la lezione di Francesco Paolo Michetti (1851-929).
Il tratto del pittore abruzzese si nota nella stesura del colore a piccoli tocchi di pennello.
Dalla sua amata Capri, continua comunque a partecipare alle Esposizioni nazionali ed internazionali. Presenta a Roma nel 1883 I funari di Torre del Greco ed alla Biennale di Venezia nel 1910 Dietro la piccola marina. Una mostra postuma gli è stata dedicata alla Biennale di Venezia del 1924, a dimostrazione dell’importanza riconosciutagli dalla critica italiana.
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