Ugo Bernasconi

Ugo Bernasconi. Lettrice. Tecnica: Olio su tela
Lettrice. Tecnica: Olio su tela

Biografia

Ugo Bernasconi (Buenos Aires, 1874 – Cantù, 1960), nato in Argentina, si trasferisce molto presto con la famiglia in un piccolo paese vicino Como. Compiuti gli studi classici a Milano, inizia a studiare ingegneria all’Università di Pavia, che però abbandona al secondo anno.

Verso il 1895 inizia a dipingere, trasportato da una serena e sincera impronta verista. Si sposta frequentemente da Milano per soggiornare a Roma, ma anche perché è un instancabile e curioso viaggiatore.

Il trasferimento a Parigi

Alla fine dell’Ottocento, visita la Turchia, la Grecia, la Palestina e soprattutto ritorna nella sua città di nascita, Buenos Aires. Nel 1899, decide di stabilirsi a Parigi, dove rimane fino al 1905: qui, avviene la vera formazione artistica di Ugo Bernasconi, che decide di frequentare l’Académie Julian e poi lo studio di Eugène Carrière (1849-1906).

Quest’ultimo, a Parigi è uno dei pittori più apprezzati della scena simbolista e, per così dire, crepuscolare. È proprio da lui che Bernasconi eredita quel linguaggio fitto di venature malinconiche e costituito da una pittura pulviscolare e opaca, in cui le figure sembrano confondersi con lo sfondo indefinito e sospeso.

I colori bruni e le atmosfere cupe e notturne sono spesso al centro delle opere del pittore argentino, che sembra trarre spunto anche dalle sensazioni brumose e tormentate della Scapigliatura lombarda, soprattutto di Daniele Ranzoni (1843-1889).

Una dimensione spesso monocromatica viene raggiunta attraverso la semplice e malinconica modulazione dei marroni, dei neri e dei grigi, come confermano le tele degli anni Dieci, avvolte da una strana ed efficace nebulosità che richiama anche la pittura divisionista e pulviscolare di Angelo Morbelli (1853-1919).

Il dopoguerra e la Brianza

Intorno agli anni Venti, forse anche grazie ai contatti con Novecento, Ugo Bernasconi sembra ritrovare, in parte, la solidità della figura, che prima si perdeva quasi completamente nello spazio denso. Piano piano, anche il colore comincia a riacquisire luminosità e una graduale apertura verso toni lontani dalla definizione monocromatica.

Pur non cedendo mai alla monumentalità e alla solennità delle figure di Novecento, è sicuro che negli anni venti e Trenta, il pittore abbandoni progressivamente quelle atmosfere tenebrose e scapigliate degli anni precedenti, pur mantenendo sempre viva l’accezione simbolica e la sensibilità emozionale delle immagini.

Il suo luogo prediletto è ora la Brianza: sceglie di ritirarsi a Cantù nel 1918, paese in cui continua incessantemente a dipingere, pur senza mai abbandonare i contatti con Milano e l’attività espositiva che si svolge tra le Biennali di Venezia, le mostre di Novecento del 1926 e del 1929, le Quadriennali romane, le numerose personali ed infine al Premio Bergamo negli anni Quaranta.

Le opere di Ugo Bernasconi sono ora ispirate al paesaggio introspettivo e lirico della Brianza, ma anche ad interni domestici caratterizzati da una resa intimista e nostalgica. La riflessione poetica, intellettuale e personale si unisce quindi ad una descrizione naturalistica del paesaggio che non cede mai ad un eccessivo e particolareggiato senso descrittivo.

Negli ultimi anni, il pittore si dedica anche alla scrittura e alla critica. Rimangono alcuni testi dedicati ad altri artisti, alla scultura e alla pittura come Francesco Messina, Adolfo Wildt, Pensieri ai pittori. Muore a Cantù, nel 1961, ad ottantasette anni.

Ugo Bernasconi: una pittura brumosa e pulviscolare

Tra le prime opere realizzate a Parigi, figlie dell’influenza di Carrière e della Scapigliatura, vi sono alcuni nebulosi e scuri ritratti, nature morte e paesaggi di grande impatto simbolico: Ritratto di Marina Agliè, Casino al Pincio e Calla.

Terrazza sul lago, una delle opere più famose di Ugo Bernasconi testimonia la diretta vicinanza alla pittura e alla sensibilità vibrante e brumosa del divisionista Morbelli. Nonostante queste caratteristiche rimangano impresse per sempre nella sua pittura, negli anni Venti accoglie tonalità più luminose, distanziandosi in parte dal quella malinconica oscurità degli inizi.

Al 1922 si data la sua prima personale alla Galleria Pesaro di Milano, in cui espone più di novanta opere, tra cui La neve, Madre e piccino, Febbricitante, Convalescente, Fanciulla che scrive, Lago, L’albero fiorito, Fiume, Ritratto, Bimbetto rosa, Al roseto, Crisantemi, Lioncello, Giovinetta al tombolo, Studio dell’orticello e Gruppo materno, insieme ad una serie di Note a colore, piccoli studi pervasi da una grande intimità compositiva.  

Dopo aver preso parte alla prima mostra di Novecento del 1926, pur non condividendone a pieno tutti gli aspetti, partecipa alla sua prima Biennale nello stesso anno, con i due paesaggi Città Neve, mentre espone a quella del 1928 Bambina febbricitante e Lago a mattina. Alla Prima Quadriennale romana è presente con i due emozionanti dipinti Ritratto ridente e I campi.

Risale al 1932 la seconda personale di Ugo Bernasconi alla Galleria Pesaro. Vi presenta cinquantotto opere, tra cui Viso di giovinetta, Bimba sul terrazzino, Lettrici sulla soglia, Bimba che si pettina, Fanciulla seduta, Lavoro di maglia che svelano una dimensione intima e crepuscolare, in cui i toni si confondono unendo ambiente e figure in un’atmosfera poetica ed evanescente.

Ottiene una sala personale alla Quadriennale di Roma del 1939, dove espone, tra le altre tele, Donna con penna di pavone, Fioraia, Neve a Cantù, Bambina con basco nero, Fanciulla al dettato, Mia moglie, Agave, Fanciulle alla finestra e Bambina in grigio.

Tra le ultime esposizioni importanti vi sono quelle del premio Bergamo del 1939 e del 1941 in cui espone Castel Baradello, Alba in Brianza e Ritratto di giovinetta.

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