Giovanni Fattori

Giovanni Fattori. Passaggio d’Artiglieria - Tecnica: Olio su Tavola, 13,3 x 22,2 cm
Passaggio d’Artiglieria. Tecnica: Olio su Tavola

Biografia

Giovanni Fattori (Livorno, 1825, Firenze, 1908) si lega ben presto agli ambienti risorgimentali fiorentini e a Domenico Guerrazzi, attivandosi in modo clandestino per diffondere tramite la stampa le idee rivoluzionarie.

Dal 1853 inizia a frequentare il Caffè Michelangelo e decora le sue pareti con tematiche storico-romantiche. Vive tra Firenze e Livorno, ma dopo la morte della moglie nel 1867, Diego Martelli lo ospita nella sua casa di Castiglioncello.

Nel 1869 diventa professore all’Accademia di Firenze. Dopo un breve viaggio a Parigi negli anni Settanta, si ritira nella villa Corsini della Marcigliana con la seconda moglie. Nel 1903 muore anche lei e dopo cinque anni, nel 1908 a Firenze, la morte coglie anche l’artista.

Gli anni formativi a Firenze

Da giovane è apprendista nello studio del pittore Giuseppe Baldini. Nel 1846 raggiunge Firenze ed entra nella scuola di Giuseppe Bezzuoli (1784-1855) di cui diventa allievo.
In seguito si iscrive all’Accademia di Belle Arti non prendendola eccessivamente sul serio, infatti impiega quattro anni solo per dare l’esame di prospettiva.

Pittura di storia: le prime prove

Giovanni Fattori conosce Andrea Gastaldi (1826-1889) al Caffè Michelangelo e con lui comincia a battere le campagne fiorentine e a dipingerle dal vero.
La sua prima opera degna di nota è un Autoritratto del 1854, oggi conservata a Palazzo Pitti, in cui già rivela le sue doti coloristiche. Partecipa per la prima volta alla promotrice di Firenze con l‘Ildegonda, figura presa dalla novella di Grossi.

Durante gli anni Cinquanta, si dedica prevalentemente ad opere di tematiche storico-letterarie di ascendenza romantica nel ricordo della lezione bezzuoliana. Elisabetta regina d’Inghilterra nell’atto di consegnare al cardinale arcivescovo il giovane duca di York del 1855 ne è una prova.

È del 1858 un altro quadro a soggetto storico, Maria Stuarda al campo di Croockstone, una ricostruzione di un episodio della vita di Mary Stuart. Questo sarà l’ultimo dipinto romantico di Fattori.

Giovanni Fattori : le opere macchiaiole

Il 1859 è l’anno della svolta. Nino Costa (1826-Pisa, 1903), che aveva notato le piccole tavole a soggetto militare di Fattori, lo incoraggia a partecipare al concorso indetto da Bettino Ricasoli.
Era richiesta la rappresentazione di tematiche storiche e militari italiane dall’antichità ai tempi recenti.

Fattori è indeciso, ma Costa lo invita ad adattare la verità usata nei dipinti di storia a soggetti contemporanei, e così facendo vince il concorso con Il campo italiano dopo la battaglia di Magenta, concluso nel 1862.

Nel 1859 dipinge anche Soldati francesi in cui, con poche e sintetiche macchie di colore blu, rosso e bianco, rappresenta la silhouettes di soldati, in un prato dorato.
A metà degli anni Sessanta Giovanni Fattori torna a Livorno per stare vicino alla moglie, malata di tisi.

Qui dipinge Le macchiaiole e nel 1866 La Rotonda di Palmieri, ora a Palazzo Pitti.
Si tratta di una tavoletta di legno di piccole dimensioni che incarna perfettamente la lezione macchiaiola maturata nella tranquillità di Livorno.

Diverse donne siedono sulla rotonda dei Bagni Palmieri, di fronte ad una striscia azzurra di mare. I loro vestiti, la porzione di spiaggia, la rotonda sono pure macchie di colore che richiamano quell’abbozzo, quel non finito tipico della freschezza e della rapidità macchiaiola, anche se il dipinto è preceduto da diversi studi preparatori.

Nel 1870 a Parma, vince un premio per il dipinto Principe Amedeo ferito a Custoza. Quest’opera per la sua precisione ritmata in pieni e vuoti, quasi a rasentare una chiarezza geometrica, anticipa In vedetta del 1782.

L’essenzialità coloristica di Fattori

La tela, realizzata durante un soggiorno a Roma, presenta la scelta di una limitata varietà di colori.
Giovanni Fattori impiega diverse tonalità di bianco, quasi cercando l’ombra nella luce e riuscendo a far risaltare il bianco dei cavalli sul bianco del muro nella calma pomeridiana, in cui tre soldati di vedetta sono le uniche macchie scure.
In una dimensione statica ed equilibrata che sembra quasi richiamare Piero Della Francesca. In Vedetta rimane uno dei quadri più famosi di Fattori.

Dopo un breve viaggio a Parigi del 1875 Fattori Giovanni si dedica all’incisione e all’acquaforte, ma anche a paesaggi della campagna toscana. All’esposizione della Società Promotrice nel 1880, si presenta con Maremma toscana, dalla aumentata precisione grafica e dai contorni delineati, ritornati da poco nelle sue composizioni.

Allo stesso anno risale Lo staffato, in cui un cavaliere viene disarcionato dal cavallo, con un realismo intenso e drammatico. Questa opera è in linea con le espressioni del verismo sociale degli anni Ottanta.

La sua attività continua anche durante la vecchiaia, quando però decide di ritirarsi e di stare sempre più solo, ogni tanto ospite del principe Corsini nella tenuta della Marcigliana.
Nel frattempo a Livorno, dove vive con la seconda moglie, insegna a diversi allievi e non smette mai di partecipare alle Promotrici e alle Esposizioni Nazionali.

Al 1903 partecipa alla Biennale di Venezia con Cavallo morto un dipinto solenne e malinconico, introspettivo, dove non viene meno il riferimento al vero.

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