Sebastiano Conca

Sebastiano Conca. Adorazione dei Magi. Tecnica: Olio su tela
Adorazione dei Magi. Tecnica: Olio su tela

Biografia

Sebastiano Conca (Gaeta, 1680 – 1764), originario di Gaeta, si forma a Napoli presso Francesco Solimena (1657-1747) a partire dagli anni Novanta del Seicento, giovanissimo. Inizialmente, secondo le fonti, affianca il maestro in alcune imprese pittoriche nel basso Lazio, per poi iniziare a dipingere individualmente una volta giunto a Roma nel 1707.

Ben presto, Sebastiano Conca incontra il favore e la protezione del Cardinale Pietro Ottoboni, di cui è al servizio insieme al più anziano Francesco Trevisani (1656-1746) e a Corrado Giaquinto (1703-1765). Insieme a loro, il pittore di Gaeta è il campione di un classicismo che mostra l’eredità marattesca, ma che si spinge verso una gestione più ariosa e delicata della tavolozza e un indirizzo compositivo rococò.

Nel 1714, entra a far parte della Congregazione dei Virtuosi del Pantheon e contemporaneamente riceve la prima committenza pubblica da parte del Cardinale Tommaso Maria Ferrari, per una pala d’altare nella Cappella del Rosario in San Clemente, in cui ritornerà successivamente, su incarico del Papa Clemente XI, per la decorazione della navata centrale.

Una figura fondamentale nella Roma del primo Settecento

Per molti anni, a partire dal 1710, Sebastiano Conca tiene una Scuola del Nudo frequentata da moltissimi allievi. Nel 1718 viene nominato Accademico di San Luca, di cui sarà principe tra gli anni Trenta e Quaranta.

La sua attività pittorica continua ad arricchirsi nel corso degli anni, nella gestione di numerose commissioni da parte delle più importanti famiglie romane, tra cui gli Spada, i De Carolis e gli Acquaviva, per i quali esegue maestose decorazioni, come il soffitto di Santa Cecilia in Trastevere, nel 1724, opera che rappresenta il culmine della snellezza cromatica di matrice rococò.

Negli anni Trenta e Quaranta, Sebastiano Conca riceve incarichi non solo sul territorio italiano, ma anche dalla Spagna, dal Portogallo, dalla Polonia. Una caratteristica particolare del pittore è il suo continuo rifiuto di spostarsi nelle corti europee. Ama lavorare nel suo studio romano e compirà un solo viaggio, nel corso della sua carriera, quello a Siena, per occuparsi di un affresco nella Chiesa dell’ospedale di Santa Maria della Scala.

Gli ultimi anni

Illusionismo prospettico e freschezza figurativa e coloristica caratterizzano le opere del pittore fino alla maturità. Con la morte di Ottoboni, negli anni Quaranta, inizia ad avere qualche difficoltà a portare avanti la sua idea di pittura, che non incontra i gusti di papa Benedetto XIV Lambertini e del suo braccio destro, il Cardinale Silvio Valenti Gonzaga, decisamente intenzionato a porre fine ai cantieri barocchi per far trionfare il classicismo nascente di artisti come Pompeo Batoni (1708-1787) e Placido Costanzi (1702-1759).

Diminuiscono quindi gli incarichi, ma non del tutto, visto che Sebastiano Conca continua a riscuotere un grande successo soprattutto nel Regno delle due Sicilie, ancora molto legato al classicismo barocco. È, però, da segnalare, negli ultimi anni della sua produzione, un generale allentamento della teatralità, in favore della predilezione di toni più armoniosi ed equilibrati, con accenni alla poetica neoclassica.

Costretto ad allontanarsi da Roma, nel 1752, viene chiamato a Napoli per servire la corte borbonica, su suggerimento dell’architetto Luigi Vanvitelli (1700-1773). Gli ultimi dieci anni della vita di Sebastiano Conca scorrono quindi in una felice ripresa delle consuetudini pittoriche giovanili, e in una rincuorante e costante ammirazione da parte dell’intera corte, che lo riempie di commissioni. Muore nella sua Gaeta nel 1764, ad ottantaquattro anni.

Sebastiano Conca: una pittura dai toni ariosi e leggeri nella Roma del cardinale Ottoboni

L’opera giovanile che fa ottenere a Sebastiano Conca l’immediata attenzione dell’ambiente culturale romano è l’Adorazione dei Magi del 1707, che rivela ancora tratti solimeniani, ma anche un cromatismo spedito e delicato, che precorre la leggiadria del rococò.

Per la Cappella del Rosario in San Clemente, esegue la Madonna del Rosario, seguita poi dal San Domenico che fa resuscitare un muratore nella Cappella di San Domenico, entrambe su commissione del Cardinale Ferrari.

Clemente XI, poi, sempre in San Clemente, lo incaricherà di raffigurare il Miracolo di San Clemente nella navata centrale e di eseguire i Profeti egli Apostoli in San Giovanni in Laterano. Al 1724 risale la decorazione maestosa del soffitto di Santa Cecilia in Trastevere con la Gloria di Santa Cecilia, commissionatagli dal Cardinale Acquaviva, dove mostra un colorismo fluido e una composizione a metà tra l’illusionismo barocco e la leggerezza della luminosità rococò.

La poetica illusionistica

La stessa brillantezza si riscontra nella tela che Sebastiano Conca realizza per il soffitto della Sala del Balcone in Palazzo De Carolis, con il Trionfo della Virtù. Tra gli anni Venti e Trenta, il pittore raggiunge il culmine della sua poetica illusionistica, in cui i personaggi sono avvolti in elaborati e ariosi panneggi e in cui la luce imperversa su tutta la composizione.

Ciò si nota nei dipinti torinesi, eseguiti grazie all’intercessione presso il re di Sardegna dell’architetto di Ottoboni Filippo Juvarra (1678-1736). Tra di essi vi sono la Sacra famiglia per la Chiesa di Santa Teresa e Il Trasporto dell’Arca Santa per il Palazzo Reale.

Tra le tele più significative di questo periodo, spicca Alessandro Magno nel Tempio di Gerusalemme, per il Castello Reale di Riofrio, in Spagna e oggi conservata al Prado di Madrid. La composizione piena e impreziosita dalla resa degli ori e delle stoffe, così come la gestualità scenica e il luminismo accentuato rappresentano il trionfo del rococò di Conca.

Nel Giudizio di Atalanta e Ippomene già si nota qualche concessione ad un classicismo più sobrio, seppure nella riproposizione di panneggi vorticosi e di uno spazio affollato da personaggi orchestrati magistralmente, in una prospettiva illusionistica e luminosa.

Le opere realizzate negli ultimi anni, sotto il pontificato Lambertini, nonostante l’avverso clima, sono l’Allegoria delle Scienze, affresco nella Biblioteca Corsiniana e il Cristo in casa di Marta e Maria per Santa Maria in Campo Marzio. Nel periodo napoletano, esegue alcune delle sue opere più riuscite, forse per l’atmosfera di benevolenza che trova a corte.

Tra di esse, vi sono l’affresco andato perduto con l’Incontro tra Salomone e la regina di Saba per la Chiesa di Santa Chiara a Napoli e la tela San Francesco Borgia adora il Santissimo Sacramento, per la Chiesa del Gesù Nuovo.

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