Umberto Prencipe

Umberto Prencipe. L’Ora del Vespro. Tecnica: Olio su tela
L’Ora del Vespro. Tecnica: Olio su tela

Biografia

Umberto Prencipe (Napoli, 1879 – Roma, 1962) nato a Napoli, passa gran parte della sua infanzia cambiando spessissimo città, poiché suo padre Gaetano, direttore di carceri, viene trasferito di frequente. Vive quindi a Capraia, Campobasso, Volterra, Roma, Lucca, abitando negli istituti penali, caratteristica che lo rende un ragazzo molto introverso e pensieroso.

Nel 1895, con la famiglia, si trasferisce definitivamente a Roma, dove decide di assecondare la sua propensione verso lo studio della pittura, iscrivendosi all’Accademia di Belle Arti di Roma, in cui allievo di Dario Querci (1831-1918) e Giuseppe Cellini (1855-1940).

Già in questi anni, Umberto Prencipe inizia a maturare un interesse quasi esclusivo per il paesaggio, che forse riesce a riflettere più di ogni altro genere il suo carattere introspettivo e solitario. A partire dagli ultimi anni dell’Ottocento, frequenta lo studio del pittore russo Claudio Stepanoff (1854-1910), molto importante per la sua formazione.

All’inizio del Novecento apre un suo studio in via Cassia, che nel 1903, viene spostato nell’iconica via Margutta, vicinissima a villa Borghese, luogo rappresentato nel suo dipinto d’esordio alla mostra degli Amatori e Cultori di Belle Arti del 1904.

L’importanza del paesaggio umbro

Proprio in questo periodo, il pittore compie un soggiorno in Umbria con Stepanoff, sostando ad Orvieto e Narni, luoghi che rimangono impressi nel suo cuore e che saranno da ispirazione per diversi paesaggi coevi, caratterizzati da un aspetto profondamente lirico e simbolico, in accordo con gli stati d’animo dell’autore.

A questo punto, Umberto Prencipe comincia a suscitare interesse nei collezionisti, nelle gallerie e negli artisti di ambito romano, tra cui Giacomo Balla (1871-1958) e Umberto Boccioni (1882-1916).

Nel 1905, rapito dal paesaggio umbro, ritorna nuovamente ad Orvieto, rimandovi per un lungo periodo, in cui medita sull’esecuzione di alcuni paesaggi nutriti di un intenso e poetico simbolismo, di cui si noteranno i risultati alla mostra degli Amatori e Cultori del 1907.

Il suo, è un paesaggio ricco di riferimenti personali, di natura prevalentemente melanconica, che si traduce nella predilezione di toni crepuscolari e notturni, spesso accompagnati da vapori e nebbie. Nel frattempo, si specializza anche nell’uso dell’acquaforte, che accompagna alla pittura soprattutto negli anni Dieci.

Nel 1912, Umberto Prencipe partecipa per la prima volta alla Biennale di Venezia, mentre l’anno successivo e nel 1914 espone alla Secessione romana. Conquistata ormai la critica con i suoi paesaggi-stati d’animo, il pittore ottiene numerosi premi e riconoscimenti anche a livello internazionale, come testimonia un articolo monografico scritto da Federico Hermanin su una rivista d’arte tedesca.

Il trasferimento in Toscana

Nel 1913, il pittore si trasferisce a Lucca per occupare la cattedra di Incisione presso l’Istituto d’arte. Questo lungo soggiorno in Toscana rappresenta per Umberto Prencipe una tappa fondamentale: visita spessissimo la Versilia e le Alpi Apuane e, soprattutto, entra in contatto con gli artisti post macchiaioli, tra cui Moses Levy (1885-1968), che lo introduce ad una pennellata di matrice cézanniana.

A questo punto, il paesaggio dell’artista si fa più aperto e costruttivo, meno crepuscolare e indirizzato verso una serenità prima assente. Terminati gli anni di insegnamento, ritorna di nuovo per cinque anni ad Orvieto, in un periodo che coincide con la nascita del ritorno all’ordine.

Il nuovo formalismo chiaro e solenne investe anche i suoi paesaggi silenziosi e ormai definiti da una pennellata costruttiva che, però, spesso si combina anche a visioni molto luminose tratte dalla sua recente attrazione per la pittura di Giacinto Gigante (1806-1876) che riscopre durante i suoi soggiorni napoletani.

Nel 1932 ottiene la cattedra di incisione all’Accademia di Belle Arti di Napoli, dove rimane fino al 1936, quando riesce a farsi trasferire all’Accademia di Roma, dove insegna fino al 1949. Nel 1937 viene nominato Accademico di San Luca e, due anni dopo, virtuoso del Pantheon.

Negli anni Quaranta e Cinquanta, ormai lontano dal dibattito artistico del tempo, Umberto prencipe continua a realizzare i suoi paesaggi raccolti, adesso dedicati tutti a Roma e ai suoi angoli crepuscolari e silenziosi arricchiti da un tonalismo poetico e sobrio, che mostra nelle sue ultime personali. Muore a Roma nel 1962, ad ottantatré anni.

Umberto Prencipe: un paesaggio lirico e crepuscolare tra Roma e l’Umbria

L’esordio di Umberto Prencipe avviene alla mostra degli Amatori e Cultori di Belle Arti di Roma del 1904, in cui espone il paesaggio Ore solenni, ispirato dal Parco dei Daini in Villa Borghese. L’anno successivo, dopo il soggiorno in Umbria, presenta invece Clausura, paesaggio pensato a Narni che già presenta delle evidenti connessioni con il simbolismo.

Una pittura altamente evocativa, dunque, che trova le sue radici nel naturalismo, ma che si concede ad un lirismo ricco di riferimenti agli stati d’animo dell’autore, così come si rileva dal trittico Empirismo presentato alla Mostra di Milano per il Traforo del Sempione del 1906.

Il paesaggio Malinconia compare invece all’Esposizione di Firenze del 1907 che esprime a pieno il carattere silenzioso e solitario della pittura di Umberto Prencipe. Forte è la connessione con la cittadina di Orvieto, dove il pittore soggiorna per lunghi periodi in tutto l’arco della sua vita: alla Biennale del 1912, la prima a cui partecipa, espone proprio Orvieto e Nella pace orvietana, due acqueforti rappresentative della sua produzione.

Con L’orto della malinconia partecipa alla Secessione romana del 1913, mentre a quella dell’anno successivo presenta Sul mare del canto, Giardino grigio, Il castello dalle cento finestre (esposto anche alla Biennale dello stesso anno) e Borgo di mare.

Gli anni Venti e Trenta: un paesaggio dalla costruzione tonale “silenziosa”

In concomitanza con la nascita delle istanze di ritorno all’ordine, Umberto Prencipe elabora un paesaggio costruito attraverso una pennellata più costruttiva, sicuramente dovuta al soggiorno lucchese e al contatto con gli artisti espressionisti.

Alla Fiorentina Primaverile del 1922 espone nove opere, tra dipinti e stampe: Mattino romano, Primavera orvietana, La Versilia, Mercato di notte, Tristezza maremmana, Piazza Napoleone, Paesaggio etrusco, Vespro orvietano e Borgo toscano.

La sua natura silenziosa, ma forse ora più serena e luminosa, continua ad essere la sua cifra caratteristica, come si nota dai paesaggi della Biennale del 1924 Campagna lucchese e Una via ad Orvieto. Nel 1927 tiene una personale presso la Galleria Pesaro di Milano, in cui compaiono cinquantuno opere, tra cui Quiete, Lora del vespro, Vecchie case orvietane e Inverno in Versilia.

Dagli anni Trenta, un tenue tonalismo, forse ricevuto dai contatti con la Scuola Romana, unito ad una luminosità tutta raccolta dal suo soggiorno partenopeo, caratterizzano dipinti quali Napoli, Piazza mercato e Ove abitò Leopardi e molte opere degli anni Quaranta e Cinquanta che hanno come soggetto angoli di Villa Lancellotti.

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