Giuseppe Tominz

Giuseppe Tomin. Ritratto di Giovane Signora, 1847 (dettaglio). Tecnica: Olio su tela
Ritratto di Giovane Signora, 1847 (dettaglio). Tecnica: Olio su tela

Biografia

Giuseppe Tominz (Gorizia, 1790 – Gradiscutta, 1866), nato da una famiglia borghese di origini slovene, quando muore la madre nel 1802, si allontana dal nucleo familiare. Soggiorna in diverse località nei dintorni di Gorizia e comincia ad interessarsi alla pittura. Riceve i primi insegnamenti di disegno da un certo “Giovanni pittore” che compare come suo padrino di cresima in alcuni documenti.

L’arciduchessa Marianna d’Austria, a Gorizia nel 1809, nota il suo precoce talento, per cui, grazie alla sua intercessione viene inviato a studiare a Roma. Le spese del pensionato dovevano essere proprio sostenute dalla duchessa, ma la sua morte, sopraggiunta proprio nel 1809, glielo impedisce.
Il giovane Giuseppe Tominz, già partito per Roma, fortunatamente trova l’appoggio economico dal nobile goriziano Giovanni della Torre che lo mantiene per diverso tempo.

Tra Roma e Gorizia

Rimane a Roma fino al 1818, studiando e vivendo presso il pittore mantovano Domenico Conti Bazzani (1740-1817). Frequenta contemporaneamente la Scuola del Nudo dell’Accademia di San Luca, dove vince un secondo premio nel 1814.

Gli anni romani sono molto fertili per Giuseppe Tominz: entra in contatto con i rappresentanti del Neoclassicismo Antonio Canova (1757-1822), Vincenzo Camuccini (1771-1844) e Bertel Thorvaldsen (1770-1844).

Importantissima è anche la conoscenza dei Puristi e dei Nazareni come Peter von Cornelius (1783-1867). Queste suggestioni vanno a influenzare molto il linguaggio di Giuseppe Tominz, che si fa interprete di un disegno netto e di un accurato realismo.

Nel 1816 sposa Maria Ricci da cui avrà nel 1818 il figlio Augusto, anch’egli futuro pittore. Date le circostanze, decide di rientrare a Gorizia, dove comincia ad ottenere una serie di committenze pubbliche. Si specializza nel ritratto, genere per cui è soprattutto ricordato, riuscendo a riformarlo. Passa dalla visione classica e ideale ad una visione sincera e netta.

I fruttuosi anni triestini

Tra il 1819 e il 1823, viaggia tra Venezia, Vienna e Lubiana e continua a rispondere a diverse committenze pubbliche e private. Verso la fine degli anni Venti, si trasferisce a Trieste, dove diventa il ritrattista prediletto dalla borghesia mercantile della fiorente città.

Qui Giuseppe Tominz sviluppa al massimo le sue caratteristiche: si concentra sempre di più su un sincero realismo fisiognomico, sulla preziosità degli ornamenti e sulla rapidità d’esecuzione. A questo periodo risale una copiosa serie di ritratti, tutti estremamente freschi e acuti, anche di gruppo e ambientati in interni biedermeier.

Negli ultimi anni, l’autore perde man mano la sua originalità per dare vita ad una serie di ritratti molto simili tra di loro e spesso copiati da dagherrotipi. La sua produzione continua anche a spaziare in committenze sacre e in quadretti di genere, soprattutto di odalische, che con il tempo sono stati dimenticati.

Nel 1855 ritorna a Gorizia, per dipingere nel 1856 il soffitto del Teatro Sociale. Alla fine degli anni Cinquanta, viene colpito da una malattia agli occhi che gli impedisce di dipingere: si ritira con la famiglia a Gradiscutta, dove muore nel 1866, quasi dimenticato.
Gran parte delle opere dell’autore si trovano presso il Museo Revoltella di Treiste, presso i Museo Provinciali di Gorizia e nella Narodna Galerija di Lubiana.

Neoclassicismo e Purismo: gli esordi

Il lungo periodo romano della formazione permette a Giuseppe Tominz di avvicinarsi alla maniera neoclassica e alle istanze puriste. Sono di questo periodo La Lettrice del 1812 e lo Studio di Apostolo. Opere queste, in cui già l’autore riesce a delineare un paio di topoi che ricorreranno in tutta la sua produzione.

Si tratta della linea netta e l’intensa curiosità realistica nella resa dei dettagli più minuti. Alla fase romana appartengono una serie di Studi di mani, conservati nei Musei provinciali di Gorizia. Molto probabilmente dello stesso periodo è anche l’acquarello di tema biblico Soldati che giocano ai dadi la tunica di Gesù.

Giuseppe Tominz a Gorizia: tra ritratti e pittura sacra

Rientrato a Gorizia, gli viene commissionata una pala con San Carlo Borromeo per la cappella del Seminario vescovile nella Chiesa di San Carlo. Dal 1818, in ogni caso, Giuseppe Tominz inizia la sua fervente e proficua attività di ritrattista. Esegue due ritratti dell’Imperatore Francesco I, uno per il Tribunale di cambio di Trieste e uno, uguale, per il Giudizio provinciale di Gorizia.

Al 1819 risale il famoso Autoritratto col fratello (Gorizia, Musei Provinciali), rivelatore per quanto riguarda la sua originalità esecutiva.
In esso, l’impianto neoclassico si lega alle nuove istanze introdotte dall’artista: una forte attenzione alle espressioni reali dei personaggi e una crescente adesione alla realtà. Luce e ombra sono perfettamente dosati, il rigido accademismo sta per lasciare il passo all’interpretazione personale.

A questi anni, durante i  suoi spostamenti tra Vienna e Lubiana, risalgono il ritratto di Cecilia d’Auesperg e quello di Leopoldo Lichtenberg. Mentre al 1823 appartiene la Madonna col Bambino e Sant’Ilario, Taziano e Carlo Borromeo per il Duomo di Gorizia. Degli anni successivi sono il luminoso e originale Ritratto alla finestra e il ritratto di Giuseppe Bernardino Bison.

Realismo acuto dei ritratti triestini

Trasferitosi a Trieste alla fine degli anni Venti, Giuseppe Tominz, diviene il ritrattista più apprezzato della città. Dà vita a moltissimi ritratti tutti caratterizzati da un’intensa verosimiglianza con i personaggi reali.
La galleria di opere che Tominz ha prodotto a Trieste può essere quasi considerata un archivio per immagini dei cittadini e delle famiglie più in vista.

Vi si ritrovano precisi riscontri fisiognomici, ricchi dettagli degli arredi di interni biedermeier, sontuosi vestiti e ricercati gioielli descritti nella totale minuzia di particolari. Il segno è secco e netto, il colore anche. Ne sono esempio ritratti quali quello della Famiglia Brucker, I fidanzati John Greenham e Carolina Toppo, I coniugi Di Demetrio.

In questi anni Giuseppe Tominz si distingue anche per una ricca selezione di ritratti maschili, potenti e dalla forte valenza sociale.
Si tratta di rappresentanti triestini della borghesia mercantile, come Ciriaco Catraro, Il direttore delle poste di Preinitsch, e il Fratello Francesco, particolarmente intenso.

Non è da dimenticare il simpatico e acutissimo Autoritratto dipinto sulla porta del bagno della villa di Gradiscutta, molto importante per la valenza psicologica.
Altri ritratti che denotano il periodo triestino sono quello della Signorina della camelia, della Famiglia Parisi e di Fanny Hermann Weis.

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