Jules van Biesbroeck

Biografia

Jules van Biesbroeck (Portici, 1873 – Bruxelles, 1965) figlio di un pittore belga di Gent, nasce in Italia, a Portici, durante il grand tour dei genitori. Suo nonno era un importante orafo di Gent, quindi suo padre non era versato solamente nella pittura, ma anche nella glittica. Il piccolo Jules passa i primi due anni di vita proprio nel piccolo centro vicino Napoli, per poi ritornare con la famiglia in Belgio.

Da Portici a Gent

Sotto la prima supervisione paterna, dimostra precoci doti artistiche, non solo pittoriche ma anche scultoree. In seguito, frequenta l’Accademia di Belle Arti di Gent e, dopo il diploma, esordisce alla Triennale della città belga nel 1888, a soli quindici anni.

L’anno successivo espone a Parigi, al Salon des Champs-Elysées incontrando i primi, deboli, successi di critica grazie ad un enorme dipinto di matrice accademica. In una lettera a Vittorio Pica, Jules van Biesbroeck racconta che, in quell’occasione, giovanissimo, fu lodato dall’ormai anziano pittore classicista William Adolphe Bouguereau (1825-1905), che esclamò «come deve essere felice il buon David in cielo!».

Ottenuta la menzione d’onore, nonostante abbia dovuto coprire gli scandalosi nudi presenti nel dipinto, per il giovane artista si stava prospettando una favolosa e imminente carriera pittorica.
In realtà, però, dopo questa prima fase prettamente accademica, per tutti gli anni Novanta, l’artista continua a dipingere senza troppo successo. Alcune sue opere, di indirizzo espressamente secessionista, vengono quasi ignorate, eccezion fatta per qualche saggio della fine degli anni Novanta.

Tra pittura e scultura

Dopo questa serie di insuccessi, Jules van Biesbroeck, intorno ai venticinque anni, decide di intraprendere la strada della scultura. È un passaggio così veloce ed intenso che già nel 1900 viene consacrato con il Grand Prix all’Esposizione Universale di Parigi.

Il successo come scultore giunge quindi rapidissimo: nel 1903 viene invitato ad esporre alla Biennale di Venezia, dove ritorna per molte altre edizioni fino agli anni Venti. Ciononostante, continua anche a dedicarsi alla pittura, portando avanti quel tratto allungato e raffinato e quel cromatismo evocativo ed evanescente di matrice simbolista.

In campo scultoreo, si distingue stilisticamente per un modellato sicuro e la naturalezza delle pose, accompagnate, però, da un’intensa notazione interiore ed emotiva. Di idee socialiste, oscilla sapientemente dalla questione umanitaria, trattata con sentita drammaticità, a composizioni di natura maggiormente simbolica.

Si ritrovano, in lui, tracce di Auguste Rodin (1840-1917), soprattutto quando si concentra sulla sintesi dei piani, con l’aggiunta di raffinatezza plastica e espressività del modellato di matrice rinascimentale.

Tra l’Italia e l’Algeria

Tra gli anni Venti e Trenta, Jules van Biesbroeck soggiorna molto spesso in Italia. In particolare, risiede in Liguria, nella villa da lui chiamata Ons nest, il «nostro nido», a Bordighera. Confinante con la villa di Pompeo Mariani (1857-1927), esegue lì molte delle sue opere, tra cui anche una grande tela Deposizione per l’altare maggiore della Chiesa di Terrasanta.
Importantissima tappa della sua fase italiana è la mostra personale alla Galleria Pesaro del 1924, dove viene introdotto in catalogo da Vittorio Pica.

In questo periodo viaggia molto, soprattutto in nord Africa. In Algeria, viene attratto dalla chiarissima luce che introduce nelle sue tele di matrice orientalista, eseguite durante tutto il periodo di permanenza ad Algeri, protrattosi fino al 1938. Anno in cui rientra a Gent, sessantacinquenne, vi rimane per tutto il resto della vecchiaia e vi muore nel 1965, a novantadue anni.

Jules van Biesbroeck, dalla pittura alla scultura: tra temi umanitari ed evocazioni simboliste

Come accennato, la prima parte di carriera di Jules van Biesbroeck è tutta concentrata sulla pittura di stampo accademico. Le lancement d’Argo, grande tela con cui ottiene il primo successo a Parigi nel 1889, lo racchiude in una visione che per molti anni gli impedisce di raggiungere altri successi. Eccezion fatta per Le Christ glorifié par les enfants che lo fa arrivare secondo al Prix de Rome del 1894, viene pressoché ignorato per diversi anni, fino alla totale rivincita ottenuta grazie all’approdo alla scultura.

Interessato alle teorie socialiste e dunque alla questione lavorativa, nel 1900 esegue la scultura Il popolo lo piange, monumento funerario per il socialista Jean Volders. Viene presentato all’Universale di Parigi, dove è premiato con la medaglia d’onore.

Così viene descritto da Vittorio Pica: «Rappresentava una coppia di popolani, un operaio nerboruto e la sua giovane compagna che allattava un fantolino, i quali, stretti angosciosamente l’una all’altro, deponevano una ghirlanda di fiori su di una tomba.

Nella naturalezza della posa e nell’espressione compunta dei due volti, vi era una così efficace semplicità emotiva, vi erano una tale vigoria e insieme eleganza di plastica, che, dopo avere contemplate tante artificiose e pretensiose creature di marmo e di bronzo, gli occhi ne provavano un senso profondo di sollievo e di letizia e vi si attardavano su con vera compiacenza estetica».

Se in pittura, Jules van Biesbroeck si esprime attraverso un intenso ed evocativo simbolismo che risponde a pieno alla situazione culturale del decadentismo fin de siécle, in scultura appare molto più solido e corposo, seppur concentrato comunque sulla trasmissione di intensi valori introspettivi.

Natura, dramma e simbolo

Nel 1903, espone alla Biennale di Venezia i bassorilievi Adamo ed Eva trovano il corpo di Abele, di forte impianto simbolista, nella sua dimensione dolorosa, e Ai nostri morti, che viene poi acquistato dalla Galleria d’Arte Moderna di Venezia, proprio su consiglio di Pica.

Questa doppia tendenza che si manifesta nel modellato e nella pittura, si riscontra anche nelle opere presentate alla Biennale del 1905. Le sculture sono, ancora una volta, concentrate sul pensiero socialista ed umanitario, Operaia in veste da lavoro e Operaia di fabbrica, mentre i dipinti Leda e La donna dal pavone, rispondono alla tendenza simbolista.

La scultura I piantabandiera compare alla Biennale del 1907 Donna e amore e L’operaio estenuato a quella del 1909. Un naturalismo drammatico emerge da queste opere, insieme ad un sentimento spirituale che pone Jules van Biesbroeck decisamente al centro di due indirizzi, quello allegorico e quello verista.

Un saggio e Forza, Bellezza e Saggezza compaiono all’Esposizione Internazionale di Roma del 1911, Contadino fiammingo alla Secessione romana del 1913. Partecipa alla Biennale fino al 1926, con opere scultoree e pittoriche, tra cui Discendendo dal letto, Le Parche e L’anima delle Fiandre.

Al 1924 risale la famosa personale alla Galleria Pesaro, in cui compaiono trentotto opere, tra cui Busto di mia madre, La toilette, Operaia di opificio in tenuta di città, Il cieco, Pane, La sirena, Notturno, La veneziana, Operaio stanco e Nudo femminile.

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