Lino Selvatico

Lino Selvatico. Bozzetto (col cane) - Tecnica: Olio e Tempera su Tavola, 31 x 24 cm
Bozzetto (col cane). Tecnica: Olio e Tempera su Tavola

Biografia

Lino Selvatico (Padova, 1872 – Treviso, 1924) nasce in un ambiente molto fertile dal punto di vista culturale. Il padre Riccardo Selvatico è scrittore e commediografo, sindaco di Venezia e fondatore della Biennale. Il fratello minore Luigi (1873-1938) diventerà anch’egli pittore.

Ciononostante viene avviato dal padre agli studi giuridici e solo dopo la laurea conseguita all’Università di Padova, potrà dedicarsi pienamente alla pittura. Durante gli anni di studio, in ogni caso, prende lezioni private da Cesare Laurenti (1854-1937), acquafortista, decoratore e abile ed elegante pittore di figura.

Gli anni della formazione sono ricchi di spunti e molto vivaci. Non si interessa solo di pittura, ma anche di critica scrivendo su “La Nuova Canzone” e di teatro, seguendo le orme paterne.

Esordisce alla Biennale del 1899 con un ritratto maschile, anche se dedicherà gran parte della sua carriera a seducenti e raffinati ritratti femminili. La vena simbolista e decadente di fine secolo pervade gran parte delle sue figure muliebri, tutte immancabilmente assorte nei loro pensieri.

Il successo negli anni Dieci

Abilissimo nella resa delle atmosfere aristocratiche della Belle Époque, è più vicino allo stile evocativo di James Whistler (1834-1903) che a quello dinamico ed esplosivo di Giovanni Boldini (1842-1931).

Lino Selvatico raggiunge il culmine della sua affermazione artistica negli anni Dieci del Novecento. Tra il 1913 e il 1914 compie un viaggio a Parigi e allo scoppio della guerra si ritira a Mira sul Brenta. In questo periodo non si dedica soltanto ai consueti ritratti femminili, ma anche a delicati dipinti di quotidianità familiare.

Alla fine del conflitto, si stabilisce a Milano. La produzione pittorica si fa meno intensa e meno originale, anche se a livello di mercato ottiene sempre un notevole successo. Molto raffinata, seppur poco conosciuta è la sua attività di incisore a puntasecca. Nel 1924, dopo una caduta in motocicletta, Lino Selvatico muore all’ospedale di Treviso a soli 52 anni.

Lino Selvatico: gli eleganti e introspettivi ritratti femminili

Lino Selvatico esordisce alla Biennale di Venezia del 1899 con il Ritratto del professor Bordiga. La prima figura che espone è quella di suo zio, direttore dell’Accademia di Belle Arti di Venezia e futuro presidente della Biennale.

Saranno poche altre le figure maschili protagoniste di suoi ritratti: Il Conte Giuseppe Volpi (1900), L’avvocato Cesare Sarfatti e Il signor Guido Malagola (1909). Per il resto, si dedicherà con estrema passione e dedizione ad una lunga serie di ritratti femminili, tutti caratterizzati da una speciale eleganza.

I modelli sono Whistler, ma anche John Singer Sargent e John Lavery. Si ispira anche ad autori del Settecento inglese come Joshua Reynolds e Thomas Gainsborough. La sua grande avventura nell’elaborazione del ritratto femminile inizia del 1903, quando espone alla Biennale il ritratto dell’attrice Irma Gramatica e quello della Signora Coletti.

È sin da queste prime prove che Lino Selvatico dimostra di non fermarsi all’eleganza formale, ma di scendere nella profondità dell’introspezione emotiva dei personaggi. Le raffinate donne o fanciulle sono quasi sempre immerse nei loro pensieri: serenità, angoscia, malinconia o indifferenza emergono dai volti attentamente studiati.

La tavolozza scura e un clima decadente

L’eleganza delle pose rimanda a quel clima di richiami simbolici e decadenti, tipico dell’inizio del Novecento. Sono esempio di questi elementi Signora bionda, Ritratto della Contessa Mito Minotto Ceresa, Signorina Bice Selvatico, La danzatrice Rita Sacchetto, Ritratto di Vera Vergani. Uno dei ritratti in assoluto più apprezzati è quello esposto alla Biennale del 1909, La contessa Annina Morosini.

I toni sono quasi sempre scuri. Raramente emerge una tavolozza più luminosa e vivace e questo lo allontana in parte dalle forti accensioni cromatiche dei ritratti boldiniani o di Ettore Tito (1859-1941). Il motivo di questa scelta va ricercato anche nei modelli antichi a cui Lino Selvatico si accosta, un po’ come Whistler: Rembrandt e Van Dyck.

Dopo la prima guerra mondiale, la naturalezza di Selvatico verrà meno, cedendo ad un’artificiosità tutta intenzionata ad evidenziare l’estrazione aristocratica delle donne ritratte. Ne sono esempio Il divano azzurro, La cipria e La danzatrice Cia Fornaroli ne La danza del cigno.

Il mondo infantile

Negli anni in cui Lino Selvatico si ritira a Mira per sfuggire alla guerra, dedica gran parte del suo tempo alla realizzazione di dipinti dedicati alla vita familiare. Il mondo infantile, con i suoi semplici e puri gesti, lo attrae come accade per Whistler.

La dimensione intima e delicata emerge da Cuffietta bianca e da Cappuccetto grigio, ma anche dai numerosi ritratti che dedica a suo figlio Riccardo. Altri esempi sono Ritratto di bambina con ortensie, Il nostro bimbo, Sorelle. Anche in questo caso, emergono silenziose le sfumature psicologiche dei personaggi effigiati, siano essi bambini o seducenti fanciulle.

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