Raffaello Sernesi

Raffaello Sernesi. Case al Sole, 1862. Tecnica: Olio su Cartone
Case al Sole, 1862. Tecnica: Olio su Cartone

Biografia

Raffaello Sernesi (Firenze, 1838 – Bolzano, 1866) per un periodo, ancora molto giovane, lavora come incisore. Nel 1856 si iscrive all’Accademia di Belle Arti di Firenze, dove segue i corsi di Antonio Ciseri (1821-1891). A causa della morte del padre è costretto a rinunciare alla formazione accademica nel 1859.

È un fervente sostenitore dell’unità, ma proprio perché si deve prendere cura della famiglia, la madre gli impedisce di partire per la guerra d’indipendenza.

Rimasto a Firenze, Raffaello Sernesi non può far altro che nutrirsi letteralmente delle testimonianze artistiche tre e quattrocentesche. Copia le opere di Filippo Lippi, Sandro Botticelli e soprattutto gli affreschi di Masaccio della Cappella Brancacci al Carmine.

Il Caffè Michelangelo

Dal 1860 Raffaello Sernesi inizia a frequentare il Caffè Michelangelo e da questo momento in poi nasce il sodalizio artistico e affettivo con i Macchiaioli. Stringe amicizia con Telemaco Signorini (1835-1901), Cristiano Banti (1824-1904), Vincenzo Cabianca (1827-1902) e con Odoardo Borrani (1833-1905).

A quest’ultimo si lega particolarmente, tanto che trascorre con lui l’intera estate del 1860 a San Marcello Pistoiese per esercitarsi sui motivi montani dal vero. Dalla metà degli anni Sessanta inizia a frequentare insieme agli altri la casa di Diego Martelli a Castiglioncello.
Qui raggiunge la sua massima espressione artistica: se ne vedranno i risultati alle Promotrici fiorentine di quegli anni.

Nel 1865, per i cinquecento anni dalla nascita di Dante, Raffaello Sernesi partecipa alle celebrazioni fiorentine realizzando una medaglia.
L’opera ottiene diverse lodi e apprezzamenti dalla critica. Solamente l’anno successivo, ferito in battaglia ad una gamba, si rifiuta di farsela amputare. Pochi giorni dopo, muore di cancrena all’ospedale di Bolzano.

Raffaello Sernesi. Gli esordi

Dovendo abbandonare presto l’Accademia, Raffaello Sernesi non ha altra scelta che formarsi copiando gli antichi.
Cerca avidamente di trarre tutti gli insegnamenti possibili dai rappresentanti del Trecento, Quattrocento e Cinquecento fiorentini.

Allo stesso tempo comincia a dedicarsi alle prime prove autonome, cimentandosi nel ritratto. Si tratta di esperimenti che denotano un’intensa e già perspicace riflessione sul vero, basta far riferimento all’Autoritratto del 1858, dipinto dal notevole valore psicologico. Anche nel Ritratto della sorella Olimpia,

Raffaello Sernesi mostra una profonda capacità di saper cogliere i dettagli più nascosti della figura che ha davanti. Sono questi gli anni in cui comincia a dipingere i paesaggi della campagna fiorentina all’aria aperta.
Potrà finalmente confrontare la sua ricerca artistica verista con gli altri artisti della sua generazione, frequentando il Caffè Michelangelo dal 1860.

Pittura di macchia

La maremma toscana

Tra la fine degli anni Cinquanta e l’inizio degli anni Sessanta, Raffaello Sernesi comincia a ritrarre la campagna maremmana. Ne scaturiscono paesaggi luminosissimi, ampi, trattati per mezzo di macchie di colore quasi realmente bruciate dal sole.

I campi arati, le radure nei boschi, i ritmi della campagna sono resi con una linearità e una fermezza tutte indirizzate all’essenza del vero.
Piccole porzioni di paesaggi agresti si stagliano davanti ai nostri occhi in maniera così sincera e rigorosa che designano la loro piena adesione alla realtà.

Le case invase dalla luce nella loro fissità geometrica hanno origine dalla formazione quattrocentesca del giovane Raffaello Sernesi.
Tetti al sole della Galleria Nazionale o Case al sole in collezione privata, confermano questa modalità. La pennellata è fitta e densa, la gamma cromatica non molto variegata, ma calda, piena, lucente.

San Marcello Pistoiese

Entrato in contatto con gli amici del Caffè Michelangelo, all’inizio degli anni Sessanta comincia ad esporre alle Promotrici fiorentine.
A quella del 1861 presenta Settembre, dipinto oggi conservato a Palazzo Pitti. Opera azzardata, ardita, abbagliante e molto simile alle prove coeve di Telemaco Signorini, gli fa guadagnare il favore della critica.

Nello stesso anno passa l’estate a San Marcello Pistoiese insieme a Borrani. Si dedica a vedute della montagna e delle vallate, come Pascolo a San Marcello e Pastura in montagna, presentato alla Promotrice del 1862.

In Alti pascoli, un paesaggio lineare e concreto fa da sfondo a piccole figure di pastori e di animali che animano la solenne scena campestre.
Sempre nel 1862, ma questa volta alla Promotrice torinese, invia Paese con animali, molto simile ai dipinti appena citati.

Piagentina

È il periodo in cui Raffaello Sernesi fa un breve ma importante viaggio a Napoli. Vi incontra il suo amico fiorentino Stanislao Pointeau (1833-1907) che lo mette in contatto con i pittori della scuola napoletana.
Studia attentamente il verismo palizziano, di cui già era venuto a conoscenza a Firenze.

Al ritorno in Toscana, carico degli elementi appresi a Napoli ed Ischia, comincia a dipingere sul motivo, nelle campagne di Piagentina.
Le sessioni di pittura all’aperto accomunano Giuseppe Abbati (1836-1868), Silvestro Lega (1826-1895), Borrani e Signorini.

Castiglioncello

Insieme si recano nei campi e al limitare dei boschi per ritrarli dal vero, scegliendo tinte e gamme locali. Quando nell’estate del 1864 è ospite con Borrani da Martelli a Castiglioncello, la natura assume un valore quasi idilliaco nella sua perfetta semplicità.

Il grano, gli animali, le acque, le nuvole sono elementi essenziali che caratterizzano opere come Sull’aia o Passeggiata.
Alla Promotrice di Firenze dello stesso anno presenta Marina di Castiglioncello da Rosignano e Castiglioncello dalla punta della Bocca, maestosi risultati del soggiorno marinaro.

L’influenza di Filippo Palizzi (1818-1899) si nota soprattutto nelle due versioni di Grano maturo del 1865. Qui, la natura di Castiglioncello appare pura, ampia, invasa dalla calda luce solare.
Il grano coltivato circonda da entrambi i lati uno stradello sterrato attraversato da un cagnolino, un accento bianco in un mare di verde e giallo.

Chiaroscuri e ombre rimangono sempre legati alla lucentezza delle tinte, anche il nero sembra chiaro. Il tema è semplice, campestre, umile. Il paesaggio è quello che tutti i giorni ammirano, ormai avvezzi, gli occhi del contadino.

Ma il significato e l’intensità emotiva emanata dalla bellezza naturale fanno assomigliare quest’opera a quelle coeve della Scuola di Rivara in Piemonte.
Sembra quasi di stare lì, al posto del pittore Raffaello Sernesi, accecati dal sole e con lo sguardo diritto verso l’orizzonte e le nuvole.

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