Telemaco Signorini

Telemaco Signorini. Giorno di sole al vecchio mercato. 1881-83 - Tecnica: olio su cartone
Giorno di sole al vecchio mercato. 1881-83. Tecnica: olio su cartone

Biografia

Telemaco Signorini (Firenze, 1835 – 1901) è figlio del pittore vedutista Giovanni Signorini (1808-1862), infatti sin dall’infanzia è indirizzato allo studio dell’arte e della letteratura.

Si forma sotto l’ala del padre, mentre all’Accademia di Belle Arti di Firenze segue i corsi di nudo. Ben presto inaugura la consuetudine di copiare i paesaggi dei pittori olandesi del Seicento, lavorando in lunghe sedute di pittura nelle varie gallerie fiorentine.

Contemporaneamente si interessa alla trattazione romantica del paesaggio dello svizzero Alexandre Calame (1810-1864). All’inizio degli anni Cinquanta si lega ad Odoardo Borrani (1833-1905) e frequenta insieme a lui il Caffè dell’Onore, conoscendovi anche Vincenzo Cabianca (1827-1891).

Il Caffè Michelangelo e i viaggi

Pochi anni dopo Telemaco Signorini si inserisce anche tra gli artisti che animano il Caffè Michelangelo. Qui entra subito in contatto con Vito D’Ancona (1825-1884) che lo introduce al naturalismo francese e al socialismo di Pierre-Joseph Proudhon.
Insieme viaggiano molto: si recano a Venezia, dove incontrano Giuseppe Abbati (1836-1868), Enrico Gamba (1831-1883) e Frederick Leighton (1830-1896).

In un secondo momento soggiornano a Milano, in Piemonte e a Genova, per poi tornare a Firenze carichi di influenze e suggestioni. Nel 1859 partecipa alla guerra di indipendenza, in particolare alla battaglia di San Martino e Solferino.

Da questa esperienza militare riporta una serie di disegni e bozzetti dal vero che gli saranno utili per le ricerche macchiaiole successive. È proprio al ritorno a Firenze che inizia a recarsi, insieme ai suoi amici del Caffè Michelangelo, a dipingere all’aria aperta.

La tecnica della pittura di macchia si approfondisce ancor di più quando nel 1861 va a Parigi per visitarne il Salon. Qui entra in contatto con la Scuola di Barbizon e torna in Italia ormai completamente concentrato su una pittura di paesaggio matura e perfettamente equilibrata.

L’attività critica

Nel 1867 Telemaco Signorini fonda insieme a Diego Martelli il “Gazzettino delle Arti del Disegno”. Contemporaneamente collabora anche con “Il Giornale Artistico” di Adriano Cecioni (1836-1886), scrivendo diversi articoli.

All’attività giornalistica si affianca quella di critico e di illustratore, tanto che nel 1871 pubblica Le 99 discussioni artistiche e realizza le illustrazioni de I primi passi di Martelli.

Soltanto l’anno precedente ricopre il ruolo di giudice all’Esposizione di Parma, riconoscendo tra l’altro, il ruolo fondamentale della Scuola di Rivara nel cambiamento del paesaggio.

Gli ultimi anni

Nella metà degli anni Settanta è di nuovo a Parigi. Grazie all’intervento di Giovanni Boldini (1842-1931) comincia a realizzare alcune tele per il mercante d’arte Adolphe Goupil. Il successo commerciale lo spinge a frequentare per un periodo anche la Scozia e l’Inghilterra, dove a Bath lavora per un altro mercante d’arte, Visart.

Negli ultimi anni torna definitivamente a Firenze, dipingendo strenuamente fino alla fine dei suoi giorni. Anche se in Francia negli anni Ottanta si era avvicinato alla maniera di Edgar Degas, nell’ultimo periodo ritorna alla più sincera pittura di macchia.

Si avvicina dal punto di vista affettivo a Giuseppe Pellizza (1868-1907), a Firenze per studiare in Accademia, e a Plinio Nomellini (1866-1943). Muore nella sua città natale nel 1901.

Telemaco Signorini: il paesaggio verista

Dipingere sul motivo

Dagli anni Cinquanta, dopo la formazione accademica, Signorini si lega personalmente e artisticamente a Borrani e Cabianca. Quest’ultimo giunge da Verona e, seppur inizialmente indirizzato verso la pittura induniana, a Firenze diviene uno dei primi sperimentatori della macchia.

Proprio in quegli anni infatti, Saverio Altamura (1822-1897), tornato dall’Esposizione di Parigi, aveva aggiornato i pittori fiorentini sul ton gris. I francesi di Barbizon facevano riflettere la natura in uno specchio nero, per evidenziare meglio il chiaroscuro.
La macchia come elemento di costruzione della scena viene applicata prima nei dipinti di matrice storico militare, poi soprattutto da Signorini e Cabianca, in ambito paesaggistico.

Già dal 1854 i due, insieme a Borrani si recano nella campagna di San Gimignano per trarre motivi dal vero.
Ma si tratta ancora di prove. Infatti alla Promotrice fiorentina dello stesso anno il pittore fiorentino presenta un soggetto letterario, I puritani al castello di Tillietudlem, tratto da Walter Scott.

È ancora sensibile dunque alla tematica storico letteraria, anche se sono gli anni in cui comincia a frequentare il Caffè Michelangelo. Il contatto con Vito D’Ancona lo porta a fare il fondamentale viaggio formativo a Venezia.

Qui realizza una serie di studi dal vero di interni di Venezia che rappresentano le iniziali sperimentazioni dell’artista, sia nel taglio che nell’uso della macchia. Interno di San Marco a Venezia  viene esposto alla Promotrice del 1857, momento che precede un altro viaggio cruciale, quello in Liguria.

A La Spezia con Cabianca

In compagnia di Cabianca si sposta a La Spezia, alla ricerca di una luce particolare che possa in qualche modo aiutare le loro esigenze cromatiche. L’intensa luminosità ligure li avrebbe forse coadiuvati nella loro sperimentazione dei contrasti tra luce e ombra, dunque nell’uso della macchia costruttiva.

Il merciaio della Spezia è l’opera che maggiormente segna questa fase. Viene presentata alla Promotrice del 1859, come risultato di un intenso studio sulla luce e sulle ombre che essa produce. Piccole macchie per le figure che popolano la scena, la prima non di guerra ad essere trattata con questo tocco sperimentale.

La pittura di macchia

Telemaco Signorini continua su questa strada, incanalato sempre nel forte contrasto quasi stridente tra luce e ombra. Il linguaggio matura piano piano verso una dimensione chiaroscurale più equilibrata già al ritorno dalla battaglia di Solferino.

La cacciata degli austriaci dalla borgata di Solferino è il frutto di questa maturazione, raggiunta attraverso una serie di bozzetti realizzati proprio durante la guerra.

Tornato a Firenze, l’artista fiorentino mette a punto un sistema in cui è la luce che costruisce scientificamente il dipinto. Si reca insieme a Borrani, Cristiano Banti (1824-1904), Cabianca e Stanislao Pointeau (1833-1907) a dipingere dal vero nella campagna di Montelupo e di La Spezia.

Ne scaturiscono prove come Pescivendole a Lerici, in cui la luce colpisce violentemente il gruppo di pescivendole, creando un magico gioco di contrasti. Alla Promotrice del 1860 espone Primavera, Campagna presso Forte dei Marmi a Seravezza.

Presenta anche due dipinti militari, Artiglieria toscana a Montechiari e Alt dei granatieri toscani a Calcinato. Nel maggio espone alla Promotrice torinese Il quartiere degli israeliti a Venezia. Subito dopo prosegue verso nord soggiornando a Parigi, dove ha modo di approfondire la maniera dei barbizonniers.

La Scuola di Piagentina

Tornato in Italia, alla fine degli anni Sessanta, partecipa alla sperimentazione sul vero che si opera a Piagentina. A Castiglioncello, nella tenuta di Martelli, i pittori approfondiscono i rapidi effetti atmosferici sulla natura.

A Piagentina invece, si studiano prevalentemente le azioni quotidiane e domestiche, la dimensione affettiva della vita agreste. Silvestro Lega (1826-1895) risiede nella tenuta di Spirito Batelli, Signorini si trasferisce nelle vicinanze nel 1861.

Si aggiungono poco dopo Abbati, Borrani e Sernesi. È di questi anni il particolare dipinto di Signorini La sala delle agitate nel manicomio di San Bonifacio.
La tela è oscura, angosciante, ma vera fino in fondo. Non a caso è stata additata come la prima opera profondamente sociale e naturalista del pittore. Questa strada continua nell’impegno critico del “Gazzettino delle Arti” insieme a Martelli.

Le ultime sperimentazioni

Dagli anni Settanta in poi, tra i viaggi in Francia, in Inghilterra e in Scozia, modifica ulteriormente il suo linguaggio. Lo arricchisce di suggestioni boldiniane e denittisiane a Parigi, soprattutto visibili nelle vedute urbane.

Quando torna in Italia, infatti, si dedica a vedute di Settignano e Riomaggiore, ma anche a quelle, famosissime, delle strade fiorentine. La luce è sempre la protagonista, declinata nelle diverse atmosfere e nei variegati climi dei luoghi che visita.

I toni però diventano più caldi e dorati, basta osservare Bagno penale di Portoferraio realizzato all’isola d’Elba. Di intento umanitario simile, una delle opere dell’ultima fase di Signorini, La toilette del mattino del 1898.

Nel dipinto viene descritto il risveglio e la sistemazione mattutina delle ragazze di un bordello fiorentino. La tela è modernissima, fotografica, raffinata e potentemente contingente. Verrà esposta soltanto dopo la sua morte, avvenuta a Firenze nel 1901.

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