Saverio Altamura

Saverio Altamura. Episodio della Divina Commedia. Olio su tela, 62 x 81 cm. Firma in basso a sinistra
Episodio della Divina Commedia. Tecnica: Olio su tela, firma in basso a sinistra

Biografia

Saverio Altamura (Foggia, 1826 – Napoli, 1897) inizia la sua carriera artistica a Napoli. Nel 1848 prende parte ai moti rivoluzionari, ma dopo i fatti seguiti al colpo di stato a Napoli del 15 maggio, è costretto a fuggire e a rifugiarsi in Toscana.

Qui Saverio Altamura è uno dei primi artisti a farsi promotore delle istanze veriste napoletane. Dalla metà degli anni Cinquanta fa parte della Scuola di Staggia i cui componenti si prefiggono di ritrarre dal vero le campagne senesi.

Nel 1855 si reca insieme a Serafino De Tivoli (Livorno, 1825-Firenze, 1892) e Domenico Morelli (Napoli, 1826-1901) all’Esposizione universale di Parigi e riporta le novità apprese a Firenze. È proprio da questo momento che prende forma la pittura di macchia.
Partecipa a molte Promotrici fiorentine e dopo l’Unità d’Italia riallaccia i rapporti con le esposizioni artistiche napoletane. Muore a Napoli nel 1897.

Formazione

A Napoli insieme a Domenico Morelli segue i corsi serali presso l’Accademia di Belle Arti. Nel 1847 vince il pensionato a Roma, dove continua la sua formazione nel solco della pittura di storia.

Influenze artistiche: Scuola di Posillipo e di Barbizon

A Napoli Saverio Altamura conosce approfonditamente le opere dei fratelli Giuseppe (Lanciano, 1812-Parigi, 1888) e Filippo Palizzi (Vasto, 1818-Napoli, 1899). Entrambi  rappresentanti del verismo napoletano ed eredi del linguaggio della Scuola di Posillipo e delle istanze della Scuola di Barbizon.
Sempre in questa città entra nel clima rivoluzionario e prende parte ai moti del 1848.

A questi anni risale il dipinto Morte di un crociato che reca in basso il motto «Dio lo vuole» non soltanto usato dai crociati, ma anche adottato dai sostenitori dell’Italia libera e unita.
La tela doveva essere acquistata dal conte d’Aquila, fratello di Ferdinando II Borbone, soltanto se Altamura avesse cancellato il motto. Ovviamente l’artista si rifiuta di adempiere alla richiesta ed è costretto a fuggire a Firenze.

Il linguaggio verista

Qui comincia a frequentare il Caffè Michelangelo dove diffonde il linguaggio meticolosamente realista dei fratelli Palizzi. In questa fase di formazione Altamura aderisce ancora a temi di matrice storica, seppur modificati nel distacco dai dettami accademici e con un linguaggio verista tutto nuovo, utilizzato anche da Morelli.

Alla Promotrice fiorentina del 1851 espone Episodio della schiavitù degli Ebrei, Pia de’ Tolomei e Il limbo, dipinti che oggi non sono reperibili e che rappresentano la fase giovanile in cui Altamura ancora si concentra sulla pittura di storia e di letteratura.

Nel 1852 infatti realizza il Corsaro di Byron e Profilo di donna, dipinto che mostra la propensione di Altamura verso vocazioni di tipo romantico molto legate anche alla poetica di inglesi come Frederic Leighton (Scarborough, 1830-Londra, 1896). L’anno successivo esegue un altro quadro ispirato al mondo letterario La figlia di Jefte e Tom e Evangelina, soggetto tratto dalla Capanna dello zio Tom.

La Scuola di Staggia

Dal 1854 dipinge en plein air nelle campagne senesi attorno a Staggia insieme a Serafino De Tivoli, Alessandro La volpe (1820-1887), i fratelli Carlo (1822-1891) e Andrea Markò (1826-1890) e Lorenzo Gelati (1824-1895).

La Scuola di Staggia è il primo cenacolo di artisti toscani che ritraggono la campagna e i boschi dal vero e all’aperto. Questa loro esperienza verrà messa a confronto con quella della Scuola di Barbizon, quando Altamura partirà per Parigi nel 1855, insieme a Serafino De Tivoli e Domenico Morelli.

Visitare l’Esposizione Universale significa per loro capire il linguaggio dei barbizonniers e l’uso del famoso ton gris. Per dipingere un paesaggio si aiutavano con uno specchio nero che potesse mettere il risalto il chiaroscuro ed eliminare i contorni.

Ecco che Altamura, tornando al Caffè Michelangelo, racconterà queste novità ai pittori toscani che, unendo diverse suggestioni e linguaggi, daranno vita alla pittura di macchia.

Saverio Altamura. Opere

Nel frattempo Altamura, seppur con un linguaggio verista che fa emergere gli accordi tonali, continua a lavorare a quadri di storia, infatti nel 1859 il banchiere napoletano Vonwiller gli commissiona Le esequie del Buondelmonte e de Le nozze di Buondelmonte con la Donati.

Il linguaggio preraffaellita

Sempre presente in Altamura è il giovanile interesse per la poetica e il linguaggio preraffaellita. Si innamora della pittrice inglese Jane Behnam Hay (1829-1904) allieva di John Ruskin (1819-1900) e Leighton.

Con quest’ultimo entra in contatto dalla fine degli anni Cinquanta, incontro che lascia il segno nella produzione di Altamura. All’Esposizione Nazionale del 1861 presenta I funerali di Buondelmonte, Tasso a Sorrento e il Ritratto di Carlo Troya.

Dopo l’Unità d’Italia torna più volte a Napoli ed espone alle Promotrici. Presenta prevalentemente soggetti storici  e letterari in particolare negli anni Settanta. Ne è un esempio è Le roi s’amuse del 1879, soggetto tratto da Victor Hugo.

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