Giuseppe Palizzi

Giuseppe Palizzi . Rientro dal pascolo a Fontainebleau - Palizzi Giuseppe
"Rientro dal Pascolo a Fontainebleau". Tecnica: Olio su Tela

Quotazioni Giuseppe Palizzi

I quadri del più grande dei fratelli Palizzi vanno dai 1.500  ai 5.000 euro di media. Gli acquerelli attorno ai 1.000 euro. I capolavori possono superare i 10.000 euro ma il suo mercato è in flessione negli ultimi anni a dispetto dell’importanza storica artistica. 
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Biografia

Giuseppe Palizzi (Lanciano, 1812 – Parigi, 1888) si forma in un primo momento seguendo gli studi giuridici. Successivamente si trasferisce a Napoli e si iscrive nel 1836 al Reale Istituto di Belle Arti.

Qui segue gli insegnamenti di Antoon Sminck van Pitloo (1790-1837) e di Gabriele Smargiassi (1798-1882). Allo stesso tempo frequenta lo studio di Salvatore Fergola (1799-1874) acquisendo parte del linguaggio paesaggistico della Scuola di Posillipo.

Parigi

Negli anni Quaranta vive un momento di contrasto con i rappresentanti della pittura ufficiale napoletana. Decide quindi di intraprendere un viaggio a Parigi sulla scia di Gonsalvo Carelli (1818-1900) e di Gabriele Smargiassi.

Nella capitale francese Giuseppe Palizzi prima frequenta lo studio di Constant Troyon (1810-1865) poi decide di trasferirsi a Passy, vicino alla foresta di Fontainebleau. Qui entra subito in contatto con i pittori della Scuola di Barbizon.

Da questo momento in poi il suo linguaggio acquisisce qualità e caratteristiche che lo portano a competere con i più grandi realisti francesi. Inizia dunque a partecipare ai Salon parigini sin dal 1845.

Nel 1854 ritorna per un breve periodo in Italia, influenzando potentemente la poetica del fratello Filippo (1818-1899). Rientra quasi subito in Francia per partecipare all’Esposizione Universale di Parigi.

Ottiene la Legion d’Onore nel 1859. L’anno seguente il re Francesco II gli dà la carica di socio corrispondente della Reale Accademia di Belle Arti di Napoli. Nel frattempo, continua a vivere in Francia e a dipingere, facendo qualche incursione in Italia, fino alla vecchiaia e alla morte sopraggiunta nel 1888 a Parigi.

Giuseppe Palizzi. Gli esordi

L’influenza della Scuola di Posillipo

Giuseppe Palizzi dà avvio alla sua carriera pittorica nel 1837, quando espone per la prima volta alla Biennale Borbonica. Vi presenta un paesaggio ispirato alla lezione classica e chiara della Scuola di Posillipo, Veduta della collina de’ Camaldoli e del lago di Agnano. Grazie a questa tela vince la medaglia d’argento di prima classe e  ottiene l’acquisto reale.

Il paesaggio storico

Già alla Biennale del 1839 la pittura di Giuseppe Palizzi mostra un notevole cambiamento. Viene in parte influenzata dal paesaggio istoriato di matrice romantica, tipico delle espressioni di Massimo D’Azeglio (1798-1866), ma anche di interpreti napoletani come Smargiassi o Fergola.

Giuseppe presenta un paesaggio che fa da cornice alla storia di Pia de’ Tolomei non tratta dalla Commedia, ma da una novella di Bartolomeo Sestini, poeta napoletano.
Il dipinto, intitolato La Maremma, verrà di lì a poco lodato da Domenico Morelli (1826-1901) per il suo carattere innovativo. Coniugava un paesaggio puntualmente reale ad una storia della letteratura dai toni malinconici, elementi che diverranno cifre caratteristiche della sua poetica.

Di nuovo, nel 1841 Giuseppe Palizzi partecipa alla Biennale Borbonica presentando altri due paesaggi storici, Sogno di Caino fratricida e Tasso che incontra il brigante Marco Sciarra, dipinto comprato dal re.

Realismo

L’importanza della Scuola di Barbizon

Quando Giuseppe decide nel 1844 di allontanarsi da Napoli e trasferirsi a Parigi, subito risente dell’influenza di Costant Troyon, di cui frequenta lo studio parigino. Ciò si può notare dall’immediato cambiamento del suo linguaggio pittorico, già emerso in parte a Napoli con l’insofferenza nei confronti dell’ambiente artistico della città.

Si allontana dal “chiarismo” e dall’uso del disegno della Scuola di Posillipo e, trasferendosi a Passy, si avvicina alle ricerche di Théodore Rousseau (1812-1867) e di Charles-François Daubigny (1817-1878).

Luce e ombra, toni intensi e racconto minuzioso e veritiero della natura diventano gli elementi essenziali del cambiamento di Giuseppe Palizzi, già evidente nell’Accampamento degli zingari del 1845.

Inoltre in questi anni mantiene un contatto epistolare con il fratello Filippo, generando una serie di scambi, rimandi e influenze riscontrabili in entrambi i paesaggisti.
Filippo accoglie le esperienze veriste luministiche del fratello e dei francesi, mentre Giuseppe riceve gli studi minuziosi degli animali di Filippo e li inserisce nei suoi paesaggi dal gusto innovativo.

Grazie a queste particolari combinazioni comincia ad ottenere grande successo di pubblico e di critica ai Salon parigini. A quello del 1848, presenta tre paesaggi ottenendo la medaglia d’oro. Al Salon del 1852 presenta Le printemps, il famoso dipinto poi acquisito dal Louvre.

L’influenza di Corot e Courbet

Alla fine degli anni Quaranta Giuseppe Palizzi comincia a risentire dell’influsso della pittura più sintetica e delicata di Camille Corot (1796-1875) e inizia a lavorare al tema dei carbonai, presentando all’Esposizione Universale di Parigi del 1855 Charbonnière dans la forȇt de Fontainebleau e poi i Carbonai nel 1867.

Risale agli anni Cinquanta anche una certa influenza di Gustave Courbet (1819-1877), soprattutto nell’accezione sociale del realismo, intesa come attenzione alle classi più povere e disagiate di lavoratori.
Questo emerge da dipinti come il Falegname o Donne con fascine che hanno sicuramente avuto un certo ascendente sugli interpreti italiani successivi del realismo sociale come Michele Cammarano (1835-1920) o Teofilo Patini (1840-1906).

Il verismo sintetico degli ultimi anni

Durante gli anni Sessanta e Settanta Giuseppe Palizzi, pur se risiedente a Parigi, manda costantemente le sue opere alle Promotrici napoletane e nel 1877. Questo a testimonianza del fatto che non interromperà mai i rapporti artistici con la sua città di formazione e di adozione.

Nei dipinti degli ultimi anni, Palizzi adotta un linguaggio più sinceramente legato ad una modalità pittorica sintetica e meno particolareggiata, accostandosi ancora di più alle esperienze di Corot.

Il colore appare disteso più brevemente e velocemente, mostrandosi piuttosto ricco e pieno in dipinti come Il taglialegna nella foresta di Fontainebleau del 1886.
Il successo di Giuseppe Palizzi è documentato dalla presenza delle sue opere nelle più importanti collezioni europee ed italiane sia private che pubbliche.

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