Attilio Simonetti

Attilio Simonetti. Le Grazie | Acquarello su Carta, 37 x 48 cm
Le Grazie. Tecnica: Acquarello su Carta

Biografia

Attilio Simonetti (Roma, 1843 – 1925), unico vero allievo di Mariano Fortuny (1838-1874), studia alla Scuola di Giggi in via Margutta, dove lo conosce nel 1858.
Ben presto, il loro rapporto didattico si trasforma in una profonda amicizia, che conduce Simonetti ad acquisire i modi pittorici di Fortuny. Diviene uno dei più grandi pittori di genere della Roma del tempo, ottenendo un enorme successo di mercato.

Eredita dal maestro l’uso dell’acquarello e la predilezione per una tavolozza luminosa e variegata, portatrice di una fare pittorico veloce e smagliante. Un Settecento lussuoso e ricco viene portato in scena, con i suoi protagonisti in raffinati costumi, immersi in ambienti dell’epoca perfettamente ricostruiti dall’agile tocco simonettiano.

Attilio Simonetti esordisce al Salon di Parigi del 1867, ma grazie ai consigli di Fortuny, riesce veramente a conquistare il pubblico parigino solo nel 1875. È il momento in cui opta per una maggiore varietà cromatica e per una sfrenata ricchezza dei particolari.

Il contatto con Goupil e il rapido successo

Il successo arriva rapidissimo. Alla fine degli anni Sessanta, grazie all’intercessione del maestro, entra in contatto con il mercante Adolphe Goupil. Velocemente diviene uno dei pittori di genere più richiesti in Italia e all’estero. Le sue opere vengono riprodotte e diffuse da Goupil, conquistando il gusto dei collezionisti.

La grande tecnica e le tematiche accattivanti lo rendono famoso a Roma, Londra, Parigi e Madrid. I leggeri e seducenti acquarelli in costume settecentesco, quelli orientalisti, ma anche quelli di carattere folklorico, lo portano al culmine del successo. Nel 1876 è tra i fondatori della Società degli Acquarellisti, portando alla ribalta la tecnica che più lo identifica.

La passione antiquaria

Nel frattempo, tra i vari successi, comincia a collezionare oggetti d’arte antica, passione condivisa dall’amico Fortuny, scomparso prematuramente nel 1874. Nel suo atelier di palazzo Altemps si poteva ammirare una vastissima quantità di oggetti d’arte antica, maioliche, tappeti, stoffe orientali, armature del medioevo.

Una sfrenata passione antiquaria che spinge addirittura l’artista, negli anni Novanta, a lasciare la sua attività pittorica per dedicarsi completamente al collezionismo. Grande protagonista, insieme ad altri artisti come Vincenzo Capobianchi (1836-1928), del mercato antiquariale romano, muore nel pieno del successo commerciale nel 1925.

Raffinato pittore dal “gusto Goupil”

Attilio Simonetti esordisce al Salon di Parigi del 1867 con un paio di vedute di città. Nel 1870, si afferma con due acquarelli che danno avvio alla sua carriera di pittore di virtuosistiche scene di genere in costume. Si tratta di Un concerte e Un rencontre, opere ancora “acerbe” che comunque vengono ampiamente apprezzate.

I consigli di Fortuny arrivano a completare la maturazione artistica di Simonetti, per compiere il grande passo nel gusto del mercato parigino. Ha bisogno di rendere il colore ancora più gradevole e avvincente e le scene più minutamente descritte, quasi con precisione olandese, alla Meissonier.

Accattivanti scene in costume neo-settecentesco

La vivacità cromatica, la leggerezza dei temi, la ricchezza dei particolari di arredamenti, stoffe e costumi portano al successo Attilio Simonetti. Al Salon del 1875 presenta La première fable, Le sommeil interrompu e Un italien des invirons de Rome. La pittura alla moda diventa la sua cifra stilistica in brevissimo tempo, portandolo a divenire uno degli artisti più richiesti dal mercato del “gusto Goupil”.

Nel 1877, all’Esposizione Nazionale di Belle Arti di Napoli, presenta Dopo il ballo, Un tamburo e Un araldo. Tutti dipinti che ottengono un grandissimo successo e che vengono riprodotti da Goupil tramite incisioni.

L’eleganza e la raffinatezza del primo dipinto, conservato al Museo di Capodimonte, lo legano sicuramente al fare pittorico di Fortuny, ma gli altri due lo rendono famosissimo. Vengono infatti acquistati dal principe Umberto e apprezzati da Baldassarre Odescalchi, anche se non approvati dalla critica più ortodossa.

Attilio Simonetti, interprete dell’ “impero del bianco”

Francesco Netti, nei suoi commenti sull’Esposizione del ’77, nel lodare Francesco Paolo Michetti (1851-1929), conierà l’espressione “impero del bianco”. Ecco, in questa definizione, esplicativa dell’uso di una tavolozza chiara, luminosa e dell’appiattimento della prospettiva in favore di una pittura “mosaicata”, rientra anche Attilio Simonetti.
Una pittura brillante, latrice di un nuovo modo di intendere il colore, privato della sua drammaticità e dotato invece di un intenso brio.

All’Esposizione Nazionale di Belle Arti di Roma del 1883, l’artista presenta altre tre opere famosissime. Con La filatrice, Gioie materne e Un governatore conquista il pubblico e i collezionisti. Il raffinato ambiente settecentesco della camera del neonato in Gioie materne rende chiara la poetica di Attilio Simonetti.

Le pareti affrescate con colori tenui, la lussuosa culla di legno dorato, la gioia della madre e l’intera atmosfera civettuola e aneddotica compaiono in gran parte dei dipinti dell’autore. Tra di essi si ricordano Scena galante, L’ubriaco, L’ora del tè, Il giocattolo nuovo, A Villa Borghese, Le grazie e Divertimento a corte.

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