Francesco Paolo Michetti

Francesco Paolo Michetti. La Processione del Corpus Domini a Chieti, 1877 (dettaglio). Tecnica: Olio su Tela, 100 x 200 cm
La Processione del Corpus Domini a Chieti, 1877 (dettaglio). Tecnica: Olio su Tela, 100 x 200 cm

Quotazioni Francesco Paolo Michetti

Sicuramente è il maestro abruzzese più noto dell’Ottocento. I disegni sono quotati tra i 400 e gli 800 euro. Le stime delle tecniche miste partono dai 1.000 in su. Se sul mercato comparissero dipinti molto grandi degli anni Settanta del periodo Goupil potrebbero superare agevolmente i 50.000 euro.

Non molto apprezzate dai collezionisti le tecniche miste in bianco e nero dell’ultimo periodo quotate tra i 1500 e i 3.000 euro. Possono apparire sul mercato le sculture in gesso o terracotta stimabili a partire dai 2.000 euro

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Biografia

Francesco Paolo Michetti (Tocco Casauria, 1851 – Francavilla al mare, 1929) perde prematuramente il padre e la sua famiglia comincia a soffrire per le ristrettezze economiche. Questa circostanza lo costringe a lavorare  nella bottega di un fabbro.

Ben presto però la madre si sposa per la seconda volta e l’intera famiglia si trasferisce a Chieti. Qui, comincia a dimostrare una notevole propensione nei confronti del disegno.

Chiede così una speciale borsa di studio al Consiglio provinciale di Chieti, per trasferirsi a Napoli e studiare arte. Finalmente, al secondo tentativo del 1868, il Consiglio accoglie la sua richiesta e Francesco Paolo Michetti riesce a trasferirsi.

Napoli

Nella città partenopea si iscrive al Real Istituto di Belle Arti e frequenta le lezioni di Domenico Morelli (1826-1901), chiave della sua formazione. Al di là dell’apprendimento accademico, inizia a frequentare lo studio di Filippo Palizzi (1818-1899) e in più si avvicina agli artisti della Scuola di Resina.

In particolare entra in contatto con Giuseppe a De Nittis (1846-1884) e Marco De Gregorio (1829-1876). Stringe amicizia anche con Edoardo Dalbono (1841-1915) nella sua fase realista, per cui queste prime frequentazioni non fanno altro che rafforzare  il suo indirizzo verista.

Il mercato dell’arte

Per un breve periodo, attorno alla fine degli anni Sessanta, Francesco Paolo Michetti abbandona l’Accademia e torna in Abruzzo. Contemporaneamente, grazie all’intercessione di De Nittis, riesce a stipulare un contratto con il mercante d’arte Reutlinger. 

Oltre a fornirgli uno stipendio mensile, il mercante gli permette di partecipare ai Salon di Parigi del 1872 e 1875. Queste occasioni gli consentono di farsi conoscere in ambiente francese: immediatamente arriva la proposta del mercante d’arte Adolphe Goupil.

Sono anche gli anni della conoscenza di Mariano Fortuny (1838-1874), nel suo ultimo soggiorno a Napoli poco prima della sua prematura morte avvenuta a  Roma nel 1874.

È da questo momento in poi, che Francesco Paolo Michetti inizia ad avere un grande successo. Tutto grazie all’adesione e alla reinterpretazione della pittura di Fortuny, con i suoi toni chiari e trasognati.

Il culmine del successo

La nuova poetica di Michetti, così particolare e accattivante, gli permette di partecipare alle più importanti esposizioni internazionali. Viene inoltre nominato professore onorario del Real Istituto di Belle Arti nel 1877.

Il grande successo di critica e di pubblico però non riesce mai ad allontanarlo dalla sua terra natale, l’Abruzzo. Gli è profondamente affezionato sia culturalmente che artisticamente, proprio come il suo amico Gabriele D’Annunzio, conosciuto nel 1880.

Lo ospiterà a lungo nel Convento Francescano di Santa Maria del Gesù a Francavilla a Mare, il cosiddetto “Conventino”. Edificio che Francesco Paolo Michetti compra nel 1883 e designa come luogo prediletto della sua vita privata e artistica.

Casa e studio, sarà il posto che ospiterà riunioni, incontri, cenacoli di artisti amici del pittore. Tra questi, il musicista Paolo Tosti, lo scultore Costantino Barbella, l’antropologo Antonio de Nino, con cui condivide lo studio delle espressioni folkloristiche e tradizionali del popolo abruzzese.

Gli ultimi anni

All’inizio del Novecento rende meno cospicua la sua produzione pittorica sostituendola quasi del tutto con l’attività fotografica.

La fotografia per l’artista era destinata a fornire una restituzione fedele della realtà in tutte le sue sfaccettature, forse non tutte visibili con l’imprecisione dell’occhio umano. In seguito la macchina fotografica assume proprio il ruolo di mezzo artistico.

Nel 1903 Francesco Paolo Michetti diventa membro dell’Accademia San Luca. Dieci anni dopo fa parte della commissione ordinatrice della Galleria Nazionale d’arte Moderna di Roma. Infine, carica più importante, nel 1909 viene nominato Senatore del Regno.

Muore di broncopolmonite Francavilla al Mare nel 1929, ancora nel pieno delle ricerche artistiche non solo pittoriche e fotografiche, ma anche cinematografiche.

Gli esordi nel segno del realismo

Come già spiegato, l’approdo a Napoli di Michetti rappresenta la spinta fondamentale per la sua spiccata propensione artistica. Frequentando non solo Morelli in Accademia, ma anche i rappresentanti della Scuola di Resina, i suoi esordi sono nel segno della pittura realista.

Si tratta di quel realismo semplice, sintetico e schietto di Marco De Gregorio, il cui eco si trova nelle prime composizioni risalenti alla prima metà degli anni Settanta come Greggi, La famiglia, Rosina e Costantino, Fanciullo nel sole.

Dipinti confluiti nella collezione di Paolo Rotondo e poi al Museo di San Martino di Napoli e tutti indirizzati verso un chiaro verismo di ascendenza non solo resiniana ma anche palizziana.

Francesco Paolo Michetti partecipa al Salon del 1872 grazie all’intervento di De Nittis e vi espone il Ritorno dall’erbaggio, Sonno dell’innocenza, mentre al Salon del 1875 presenta La raccolta delle olive in Abruzzo.

Francesco Paolo Michetti e Mariano Fortuny

Nel 1874 Michetti entra in contatto con Mariano Fortuny a Napoli. È questo uno snodo fondamentale della carriera dell’artista perché può essere considerato uno dei migliori interpreti dell’eredità ricevuta dal pittore spagnolo.

Non solo la predilezione di una tavolozza chiara e abbagliante, ma anche l’accostamento di colori che non creassero una quantità eccessiva di ombre.

Ma soprattutto una pittura sostanzialmente priva di profondità, in uno spazio bidimensionale che quasi ignorava gli esempi prospettici precedenti, riferendosi invece ad modelli provenienti dalla pittura giapponese, in cui ovviamente era assente il nostro retaggio rinascimentale della prospettiva.

Il Corpus Domini: la pittura di luce

Questi richiami provengono in gran parte dal grande bagaglio culturale trasmesso da Fortuny ai suoi epigoni, non a caso era un grande studioso di Hokusai e dell’arte giapponese in generale, oltre che attento collezionista.

La dimostrazione di questa eredità si trova nel dipinto La processione del Corpus Domini a Chieti, presentato all’Esposizione di Napoli del 1877 . Viene accolto tra enormi acclamazioni, ma anche tra grandi critiche, soprattutto da parte dei veristi più radicali come Adriano Cecioni (1836-1886).

La novità, definita da Francesco Netti (1832-1894) “impero del bianco” per l’utilizzo rivoluzionario dei colori chiari e freddi, ne accompagnava un’altra, sempre ereditata da Fortuny.

Quella dei tocchi virtuosi della pennellata, della tematica legata ad una tradizione popolare in cui sfilano bambini nudi e vengono lanciate cascate di fiori abbaglianti. Il quadro viene corteggiato ampiamente da Goupil, ma nel 1891, all’Esposizione di Berlino viene acquistato dall’imperatore Guglielmo II.

Gli anni Ottanta

Ottenuto un enorme successo da La processione del Corpus Domini, Michetti comincia a partecipare alle mostre più importanti d’Europa.

Nel 1878 all’Esposizione internazionale di Parigi con Primavera e Amore e alla Mostra internazionale di Belle Arti di Roma del 1883 con Il voto, dipinto comprato dal governo per la Galleria Nazionale di Roma.

L’opera definisce l’ufficiale affermazione dell’artista in ambiente italiano e la tematica scelta rappresenta un’importante svolta nella pittura di Francesco Paolo Michetti. È lo studio quasi antropologico delle usanze e delle tradizioni popolari abruzzesi che lo tengono saldamente ancorato alla sua terra.

Addirittura, desideroso di partire per il Giappone e sostituire Fontanesi nella cattedra di pittura a Tokyo, alla fine, anche per volere del re rimane nella sua Francavilla al Mare.

Il folklore abruzzese

Insieme all’amico antropologo De Nino studia le processioni, le feste popolari, i sacrifici, le superstizioni della terra abruzzese e ne fa il segno distintivo della sua poetica, condivisa tra l’altro con Gabriele D’Annunzio.

Nelle ricerche che accomunano i due autori, compare quella de La figlia di Jorio tema affrontato prima da Michetti, con una serie di bozzetti che hanno poi portato alla composizione finale del 1895, poi da D’annunzio nel 1904.

Il segno di Francesco Paolo Michetti guarda attentamente la realtà, i piccoli gesti e atteggiamenti umani, per poi di fatto trascenderli e creare una composizione quasi onirica. Gli ultimi dipinti del Novecento, una serie di quindici Paesaggi abruzzesi a tempera, vengono presentati da Michetti nel 1910 alla Biennale di Venezia.

Da questo momento in poi quasi tutta la sua attenzione sarà rivolta alla fotografia, forse anche per la tiepida accoglienza ricevuta dai due dipinti Le serpi e Gli stolti presentati a Parigi nel 1900.

 

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