Mario Tozzi

Mario Tozzi. Maria ed Elisabetta. Tecnica: Olio su tela, 90 x 65 cm
Maria ed Elisabetta. Tecnica: Olio su tela

Biografia

Mario Tozzi (Fossombrone, 1895 – Parigi, 1978) nasce nelle Marche, ma passa la sua infanzia a Suna, in Piemonte, dove si era trasferita la sua famiglia. Inizialmente si iscrive a chimica, per poi sentire il bisogno di assecondare la sua propensione per l’arte, decidendo di trasferirsi a Bologna per frequentarne l’Accademia di Belle Arti, dove stringe amicizia con Osvaldo Licini (1894-1958).

L’esperienza accademica risulta fondamentale e ricca di riconoscimenti per il giovane Mario Tozzi, che, nel momento del diploma, ottiene il Gran Premio del Ministero dell’Istruzione. Allo scoppio della Prima guerra mondiale, si arruola e vive l’esperienza tragica della trincea, dove perde i suoi due fratelli.

Al termine del conflitto, conosce una giovane universitaria francese che segue a Parigi nel 1919, dove si sposa. Nella capitale francese, ha modo di incontrare il suo amico dell’Accademia Osvaldo Licini, che lo introduce al fervente ambiente artistico parigino degli anni Venti.

Il Gruppo dei Sette a Parigi

Mario Tozzi, a partire dal 1926, entra a far parte del Gruppo dei Sette, nel cuore della folta compagine degli “Italiens de Paris”. Insieme a Massimo Campigli (1895-1971), Filippo De Pisis (1896-1956), Alberto Savinio (1891-1952), René Paresce (1886-1937), Gino Severini (1883-1966) diffonde la poetica italiana in Francia.

Ed in quel momento poetica italiana significava ritorno all’ordine, o meglio, Novecento, pur se con qualche doverosa differenza di forma, dovuta ad una minore rigidità. È proprio Tozzi ad organizzare il gruppo degli italiani, seguendo in qualche modo l’intenzione metafisica di Savinio e del fratello Giorgio De Chirico (1881-1978), anch’egli a Parigi.

Le opere dell’autore sono ricche di riferimenti metafisici e surrealisti, ma sono soprattutto pervase da costanti riferimenti all’antico, in particolare al Quattrocento italiano, trattato con rigore e notevole chiarezza formale.

Unisce dunque il classicismo di Novecento alla Metafisica dechirichiana e ancora alle atmosfere irrisolte e simboliche di Félix Vallotton (1865-1925) e al primitivismo dell’amico Campigli. A Parigi, Mario Tozzi ottiene un immediato successo al Salon des Independants, in cui espone a partire dal 1928.

Il successo a Parigi

Nel frattempo, in Italia inizia ad esporre alla Biennale di Venezia del 1924, per poi tornarvi per molte altre edizioni, così come alla Quadriennale di Roma. Alla Galleria Bernheim di Parigi tiene una personale che suscita grande ammirazione niente meno che in Picasso.

Ormai affermatosi come uno degli artisti italiani più apprezzati in Francia, Mario Tozzi ottiene, nel 1932, la Legione d’Onore a Parigi. Purtroppo, l’attività pittorica ed espositiva dell’artista subisce un arresto alla fine degli anni Trenta, a causa di una brutta malattia che lo costringe a rientrare in Italia.

Riprende a dipingere pienamente soltanto negli anni Cinquanta, dopo vent’anni di interruzione. Nel 1958, tiene una personale alla Galleria L’Annunciata a Milano, dove rielabora i suoi cari temi degli anni Venti e Trenta, sempre nel rispetto di quel classicismo neo rinascimentale che lo aveva sempre caratterizzato.

Sono di questo periodo di rinascita i suoi cicli più conosciuti, quasi tutti dedicati alle donne, nella loro ponderata e imponente classicità. Continua a dipingere fino agli anni Settanta, quando rientra definitivamente a Parigi, dove muore nel 1978, a ottantatré anni.

Mario Tozzi: tra Classicismo e Metafisica a Parigi

Il linguaggio di Mario Tozzi, sin dal suo trasferimento a Parigi, risulta legato alle istanze del ritorno all’ordine di Novecento. Ma i suoi dipinti, seppur pervasi da un minuzioso studio e riproposizione dei modelli del Quattrocento e del Cinquecento, sono anche arricchiti da un alone di mistero dovuto all’influenza di Savinio e De Chirico.

Così, gli accostamenti tra oggetti e figure risultano spesso inconsueti e misteriosi, all’interno di una fascinazione per l’antico e per il primitivo. Alla Biennale di Venezia del 1924 presenta La toletta del mattino e Dopo il bagno, dipinto con cui inaugura una tematica che riaffronterà anche lontano negli anni.

Nelle composizioni di Mario Tozzi, la donna, elegante e statuaria, nelle sue proporzioni equilibrate e classiche, è quasi sempre la protagonista, come si nota dal Nudo presentato alla Biennale di Venezia del 1926 insieme ad un Paesaggio parigino.

All’interno della diffusione dell’arte italiana con i Sette di Parigi, il pittore propone la sua versione della Metafisica, attraverso l’inserimento di figure simili a manichini che sembrano provenire da ritagli di giornale, poi ricollocati in contesti completamente diversi.

Alla Biennale di Venezia del 1928 espone Mattuino, tela conservata alla GAM di Milano, e a quella del 1930 presenta invece Il contadino, Personaggio in cerca d’autore, I fidanzati, L’officina dei sogni, Miraggio e La tavolozza, tutti dipinti che riflettono un chiaro accostamento tra studio dell’antico e riferimenti surrealisti.

L’aspetto muliebre

Tra la fine degli anni Venti e l’inizio dei Trenta, Mario Tozzi vive il momento di massimo apprezzamento da parte della critica, anche in corrispondenza della partecipazione alla Quadriennale di Roma del 1931 con Il sole nella prigione, dipinto dai complessi riferimenti onirici.

Nel 1932 è di nuovo alla Biennale di Venezia con La porta chiusa, Natura morta, Il pittore, Il desiderio insoddisfatto, Venere e amore, Donna musica – Omaggio a Claudel e Oggetti disparati.

L’atmosfera densa di mistero, spesso popolata da manichini resi statue e quindi a metà tra l’inanimato e l’umano, continuano a popolare le opere di Mario Tozzi, fino all’inizio degli anni Quaranta. Alla II Quadriennale del 1935 espone In riva al mare, L’autunno, Frutta in riva al lago, Il dopolavoro, Pausa nell’atelier, Il villaggio dei nudisti, Natura morta.

A quella del 1939 espone invece opere nettamente e definitivamente più classiche e pulite come Maria ed Elisabetta, Mattino alla fattoria, Estate, Il cane e la sciancata. Lo stesso vale per le nove tele presentate all’ultima Quadriennale prima del ritiro ventennale di Mario Tozzi, tra cui La fanciulla in riva al lago, La Sabina, Cristalli contro luce e Natura morta.

Sono degli anni Sessanta e Settanta numerosi dipinti muliebri, realizzati in Italia, dopo la sua lunga malattia. Ne sono esempio il ciclo delle Bagnanti del 1967 e opere come Donna dal braccio alzato e La grande giocoliera.

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