Renato Birolli

Renato Birolli. Ragazze alla Finestra, 1948. Tecnica: Olio su tela
Ragazze alla Finestra, 1948. Tecnica: Olio su tela

Biografia

Renato Birolli (Verona, 1905 – Milano, 1959) compie gli studi artistici presso l’Accademia Cignaroli di Verona. Ragazzo indisciplinato e insofferente all’accademia, ne viene espulso nella metà degli anni Venti.

Nel 1927, quindi, si trasferisce a Milano, dove per mantenersi svolge diversi lavori, tra cui quello di correttore di bozze per il quotidiano milanese “L’Ambrosiano”.

È in questo contesto che Renato Birolli conosce Carlo Carrà (1881-1966) ed Edoardo Persico, che nel 1930 fonda la Galleria del Milione. Proprio nello stesso periodo, il giovane pittore inizia a comporre i primi lavori di matrice espressionista e primitivista, operando un radicale schiarimento della tavolozza.

Dipinge con un colore tenue su una tela preparata con bianco di zinco, modalità che influenzerà, di li a poco, i cosiddetti “Sei di Torino”, da cui, però, Renato Birolli risulta separato ed indipendente.
Insieme ad Aligi Sassu (1912-2000) e a Giacomo Manzù (1908-1991) si fa interprete di un espressionismo vigoroso e molto legato a quello di James Ensor (1860-1949).

Da Milano a Roma

Mette in atto una pittura grassa e allo stesso tempo primigenia, in cui trovano spazio maschere, ma anche figure della quotidianità, come documenta nei suoi “Taccuini” scritti a partire dal 1936. Espone a Roma nel 1932, nella mostra “10 pittori” alla Galleria d’Arte di Roma, avvicinandosi agli artisti della Scuola Romana.

Si separa piano piano da Edoardo Persico e, nel 1936, compie un fondamentale viaggio a Parigi, dove approfondisce la cultura espressionista, ma rielabora ed incamera anche i fondamenti della pittura cézanniana.

Un ulteriore passo verso Roma viene fatto dall’artista nel momento in cui inizia a scrivere per la rivista “Corrente”, nel 1938. Ai suoi primissimi esordi, il periodico, fondato da Ernesto Treccani (1920-2009) aveva avuto una vocazione fascista, per poi arricchirsi, al contrario, di contenuti spiccatamente antifascisti, grazie ai suoi preminenti collaboratori.

Tra di essi, emergono appunto Sassu, Manzù e Birolli stesso, ma anche i romani Mario Mafai (1902-1965) e Fausto Pirandello (1899-1975), tra cui si crea un importante legame anche dal punto di vista espositivo.

Renato Birolli. Un pittore antifascista

Alla Permanente di Milano, nel 1939, si tiene la mostra di Corrente cui partecipa anche Renato Birolli, ormai artista dichiaratamente antifascista, anzi iscritto al Partito Comunista. La rivista viene dunque chiusa dal Regime nel 1940, in corrispondenza dell’entrata in guerra del Paese.

Il suo espressionismo si fa sempre più incisivo, soprattutto dal punto di vista cromatico. Ma anche le tematiche affrontano la quotidianità in modo ruvido e diretto, come nella serie “Italia 44”, un insieme di disegni ispirato alla vita contadina durante la guerra.

Il Manifesto della Nuova Secessione Artistica

Alla fine della guerra, Renato Birolli inizia a frequentare Giuseppe Santomaso (1907-1990, Emilio Vedova (1919-2006), Leoncillo (1915-1968), Alberto Viani (1906-1989) ed altri. Questo gruppo di artisti, ispirati dalle tendenze informali europee, scrive, insieme al critico Giuseppe Marchiori, il Manifesto della Nuova Secessione Artistica, che prende come punto di riferimento di base la Guernica di Picasso e quindi l’ultima fase del Cubismo.

Così, anche Birolli passa dall’Espressionismo di Corrente ad una pittura astratta, post cubista, caratterizzata da una scelta quasi monocromatica che si espliciterà poi nella formazione del “Fronte Nuovo delle Arti”.

Dal 1948, il Fronte si divide tra Realisti ed Astratto Concreti. Proprio questo secondo indirizzo prende la pittura di Renato Birolli, che intorno al 1950 entra nel cosiddetto “Gruppo degli otto”, così chiamato da Lionello Venturi.

Grazie ad Afro (1912-1976), il pittore veronese riesce ad esporre a New York nel 1951, ’55 e ’58. Le sue opere astratte e rarefatte, contraddistinte da un ritmo compositivo equilibrato fatto di piccoli elementi espressivi, riscontrano un grandissimo successo di critica. Nel pieno dell’affermazione pubblica, muore a soli cinquantaquattro anni, a Milano, nel 1959.

Renato Birolli: la fase espressionista

Renato Birolli abbandona la primissima formazione accademica veronese per inoltrarsi nel fervido mondo culturale ed artistico milanese della fine degli anni Venti. Si avvicina subito ad un Espressionismo di matrice europea, unendo al primitivismo di Tullio Garbari (1892-1931) il duro segno fauve di James Ensor.

Verso la fine degli anni Venti, la sua tavolozza si fa chiarissima, anticipando gli esiti di Chiarismo lombardo e quelli dei Sei di Torino, pur rimanendo fuori da entrambi i gruppi. È più interessato, al contrario, a condurre una ricerca molto personale, anche e soprattutto sulla tecnica pittorica, che rende la tela ruvida e quasi materica.

La natura e la figura risentono molto dell’influsso non solo di Ensor, ma anche del linguaggio sinuoso ed espressivo di Van Gogh. Ciò che gli interessa è anche il risvolto politico, soprattutto quando si dichiara apertamente antifascista nella rivista di fronda Corrente.

Nel 1930 partecipa alla Biennale di Venezia con due Paesaggi, mentre nel 1933 prende parte alla Sindacale fiorentina con Il taxi rosso e con Natura morta. La fase espressionista e figurativa, in cui le figure appaiono spesso tormentate nei loro corpi nudi e vibranti, dura fino alla metà degli anni Quaranta, in opere come La camera verde, Rosa che dorme con i girasoli, Riunione all’aperto.

A questo punto, anche grazie alla vicinanza alla Scuola romana, la tavolozza di Renato Birolli si accende notevolmente, animata non più da tonalità chiare, ma da un cromatismo più carico e forte.

Con Particolare di un gineceo, Ritratto di Enrica Cavallo e La donna dal velo nero partecipa al Premio Bergamo del 1941, mentre a quello del 1942 presenta Eldorado, Gallo morto e Composizione.

Il post-cubismo e la fase astratto-concreta

Nell’immediato dopoguerra termina la fase espressionista e figurativa di Renato Birolli. Come accennato, aderisce ad un post-cubismo che risponde alla necessità di un rinnovamento delle arti italiane e che prende anche spunto dall’impegno politico e tematico della Guernica picassiana.

Figure e nature morte cubiste pervadono la sua produzione degli ultimi anni Quaranta, come Figura, Donna con gabbia, Donne alla finestra, Ragazza col pane, Paesaggio francese. Quest’ultimo dipinto, del 1949, già mostra le tendenze che l’artista seguirà negli anni Cinquanta e fino alla sua morte.

Passa dal post cubismo ad una dimensione intima e di nuovo chiarissima, in cui oggetti o parvenze di essi si stagliano su sfondi bianchi. Un complesso e delicato sistema di segni rarefatti caratterizza immagini come Trinité su mer, Minatori che mangiano, Natura morta del 1952, Paesaggio delle Cinque Terre, fino ad arrivare a Ricerca del vero canto del 1958 e Bianco in contrasto del 1959.

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