Piero Dorazio

Biografia

Piero Dorazio (Roma, 1927 – Perugia, 2005) dopo gli studi classici presso il liceo Giulio Cesare di Roma, si interessa alla pittura ed inizia a frequentare lo studio di Aldo Bandinelli (1879-1977). In contemporanea, comincia ad approfondire, da autodidatta, diverse tecniche pittoriche e a studiare la storia dell’arte italiana ed europea.

Dopo la seconda guerra mondiale, si iscrive alla facoltà di Architettura alla Sapienza di Roma, ma non porta a termine gli studi, perché pienamente coinvolto nel fervente clima artistico romano del dopoguerra.

Tra schieramenti opposti, contrapposizioni tra figurativo e non figurativo, nel movimentato dibattito artistico della metà degli anni Quaranta, Piero Dorazio decide di sostenere un chiaro rinnovamento della pittura e, più in generale, della cultura italiana.

Appena terminata la guerra nel 1945, si unisce agli artisti Achille Perilli (1927), Renzo Vespignani (1924-2001) e Mino Guerrini (1927-1990), agli architetti Clemente Busiri Vici (1887-1965) e Carlo Aymonino (1926-2010), al giornalista Lucio Manisco (1928), con cui fonda il gruppo Ariete ed in seguito il Gruppo Arte Sociale.

Forma 1

Risale al 1947 la vera e propria svolta artistica di Piero Dorazio, che entra a far parte del gruppo Forma 1, insieme ad Antonio Sanfilippo (1923-1980), Carla Accardi (1924-2014), Giulio Turcato (1912-1995), Ugo Attardi (1923-2006), Mino Guerrini, Concetto Maugeri (1919-1951), Achille Perilli (1927).

È evidente, a questo punto, la sua piena adesione all’arte astratta, allontanandosi dichiaratamente dal Realismo propugnato da artisti come Renato Guttuso (1911-1987) e fortemente auspicato dal PCI.

Sempre nello stesso anno, partecipa come organizzatore alla I Mostra Nazionale d’Arte Astratta, che intende presentare tutte le tendenze astrattiste italiane, a partire da quelle nate negli anni Trenta tra Como e Milano.

Subito dopo, compie un fondamentale viaggio a Parigi. Nello studio di Gino Severini (1883-1966), ha il privilegio di conoscere i rappresentanti del Cubismo Georges Braque (1882-1963), Fernand Léger (1881-1955), ma anche gli astrattisti Hans Arp (1887-1966) e Alberto Magnelli (1888-1971), artista italiano legato al Neoplasticismo e al binomio astratto-concreto nel contesto europeo.

Tra pittura e critica a Roma

Al rientro a Roma, l’attività di Piero Dorazio non si limita soltanto alla pittura, ma anche alla critica. Numerosi suoi contributi sul Neoplasticismo e sul De Stijl compaiono sul “Giornale della Sera”. Nel 1948 partecipa alla Quadriennale di Roma e, due anni dopo, insieme a Perilli e Maugeri, apre a Piazza di Spagna la libreria L’âge d’or, che diviene un punto di riferimento per gli artisti e gli scrittori legati alla cultura Astrattista romana.

Insieme a Giulio Turcato e ad Enrico Prampolini (1894-1956) collabora alla fondazione dell’Art Club e continua con la promozione dell’Astrattismo italiano per tutti gli anni Cinquanta e Sessanta.

I soggiorni in America

Nel 1953, Piero Dorazio parte per l’America, chiamato a tenere un seminario all’Università di Harvard sull’Umanesimo e le arti. Visitata New York ne rimane fortemente affascinato, tanto da decidere di restarvi per almeno altri due anni.

Qui, entra in contatto con i rappresentanti dell’Espressionismo astratto. È un fondamentale rapporto che contribuisce a modificare il suo linguaggio: da un neoplasticismo fatto di figure geometriche o astratte che si intersecano in un gioco di linee e forme post cubiste, passa alla gestione di superfici uniformi che nascondono, in realtà, una fittissima trama di linee incrociate che spesso presentano un “filo mancante” che lascia trasparire il bianco della tela.

Il legame con Barnett Newman (1905-1970) è ben visibile attraverso la simile interpretazione degli “zip”, queste sottilissime linee verticali che permettono di far sentire lo spettatore “situato” nell’opera, accolto da un cromatismo puro ed uniforme che riesce a percepire fenomenologicamente.

Dopo la personale alla Rose Fried Gallery di New York del 1954, rientra a Roma nel 1955 e, due anni dopo, tiene una personale alla Galleria La Tartaruga. Il 1960 è invece l’anno della personale alla Biennale di Venezia, che lo consacra come uno dei maggiori rappresentanti dell’Astrattismo italiano del dopoguerra.

Dal 1960 a 1968 rientra negli Stati Uniti, chiamato a dirigere il Dipartimento di Belle Arti dell’Università della Pannsylvania.

Nel 1974, Piero Dorazio si ritira a Todi, più precisamente nell’eremo camaldolese di Canonica, dove instaura la sua dimora e il suo studio. Tra personali ed antologiche in tutto il mondo, tra cui la retrospettiva alla Galleria Nazionale di Roma del 1883 e quella alla Biennale di Venezia del 1988, conclude i suoi ultimi decenni nel pieno del successo. Muore a Perugia nel 2005, a settantotto anni.

Piero Dorazio: dal Neoplasticismo all’Astrattismo puro

Rappresentante dell’Astrattismo italiano del dopoguerra, Piero Dorazio si esprime prima nella sua adesione a Forma 1 e poi nella piena indipendenza artistica che gli ha permesso di dare alla propria pittura un indirizzo prima filo europeo, poi filo americano.

Nell’immediato dopoguerra, le sue tele si situano tra l’esperienza post cubista e quella del Neoplasticismo. Ne sono esempio opere quali Tutta Praga del 1947, Petit poème socialiste del 1948 e Gli aquiloni, che, oltre a situarlo nel contesto europeo del De Stijl, gli consentono di presentare al pubblico ed alla critica una pittura studiata e tecnicamente impeccabile.

Le ampie tele dei primi anni Cinquanta, come Grande sintesi e L’Age d’or ancora lo tengono legato al linguaggio dell’astrattismo geometrico, ma la tela Cambiando idea del 1957, eseguita dopo il soggiorno biennale a New York, lo avvicina al vortice gestuale di Willelm De Kooning (1904-1997).

In seguito, la sua adesione all’Espressionismo Astratto statunitense si radicalizza ancora di più a partire da Georgicon, tela del 1958, fatta di piccoli filamenti di colore che creano una nebulosa e che sono un colto richiamo al Divisionismo, che condurrà poi alle trame incrociate e ritmiche di Crack bleu del 1959 e delle tele dei primi Sessanta, Primo viaggio I, Few roses e Minus one.

In quest’ultima opera, si ravvisa l’influenza di Newman nell’inserimento di un’interruzione bianca nell’infinito campo espanso del colore ambientale. Il significato simbolico di questo filo sottratto, permette a Piero Dorazio di far leggere allo spettatore il procedimento tecnico e pittorico della tela, ma anche di dare uno spiraglio reale all’alterità dell’esperienza artistica.

Linee e forme geometriche, giochi cromatici e omaggi incondizionati all’Astrattismo europeo dei primi del Novecento caratterizzano gli anni Sessanta e Settanta, fino alla gestione di superfici che rielaborano ancora la tecnica divisionista, in opere come A peaceful solution del 1977 e Madrigale umbro del 1978.

Queste sperimentazioni si spingono poi, negli anni Ottanta e Novanta, in vere e proprie opere di Op-Art, come Ginn Rull della Galleria Nazionale di Roma o Au tour du bourd du monde, del 1992, chiaro omaggio ad Anémic Cinéma di Duchamp, a conferma della vocazione dell’artista ad una ricerca sistematica e scientifica di “quegli elementi chiave della percezione visiva che generano il modo di vedere e di intendere le immagini”.

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